Il romanzo Scopami di Virginie Despentes edito dalla Fandango libri è certamente una delle letture più atipiche che ho affrontato quest’anno. La storia scandalosa sconvolse il panorama estero negli anni ’90 e che mi è stata gentilmente regalata dai Bookrider per il mio ventinovesimo compleanno.
Scopami è l’opera prima dell’autrice francese che è stata pubblicata in Italia per la prima volta nel 1999 e di cui sono stati riacquistati i diritti nel 2020. In occasione di questa recensione, a seguito della lettura, ho recuperato anche il lungometraggio curato dalla stessa autrice nel 2000 insieme alla regista Coralie Trinh Thi; non scenderò nel dettaglio nel parlarvene poiché su internet è dilagante il sano perbenismo e politicamente corretto che, in realtà, viene anche criticato dalla scrittrice.
Mi limiterò a dire che non è un porno, anche se ci sono pornoattrici come protagoniste e ci sono molte scene spinte e dettagli di cui non giudichiamo la qualità video – le luci non sono padroneggiate con cognizione di causa e la pellicola era di bassa lega – perché le scene secondo me non fanno alzare la bandiera ma al massimo raggomitolano le pudenda come un armadillo; non si può definire thriller perché la tensione non è alta, nemmeno giallo come dice Wikipedia, perché il mistero da risolvere non c’è.
È un film mal riuscito.
Scopami di Virginie Despentes è un romanzo provocatorio che vuole urlare al mondo la sua lotta contro la società dell’epoca e portare fuori fino ai limiti la rabbia, la violenza e il desiderio di rivalsa.
Ci troviamo nella periferia desolata parigina dove si incontrano due figure al margine, Nadine e Manu. La prima è una prostituta mentre la seconda è una pornoattrice. Vivono entrambe una vita a metà dove quasi sembrano spettatrici esterne della loro storia fino a quando, dopo l’ultimo abuso-sopruso, decidono per la prima volta di risvegliarsi dalla loro esistenza grigia. Qui inizia una escalation fatta di esagerazione, violenza, alcol e mancanza di amor proprio. Non esattamente un embrasse-moi.
Non è la violenza sessuale a smuovere un mondo di rabbia in Manu ma l’omicidio. Nella scena dello stupro descritta dalla Despentes la protagonista sembra quasi provare indifferenza per l’accaduto:
Dopo un trattamento simile per me respirare è un piacere. Siamo ancora vive, c’è andata di culo. Non è niente in confronto a quello che sono capaci di fare, qualche colpo di cazzo non ha mai ammazzato nessuno…
Dietro il personaggio di Manu si cela una persona frantumata, anestetizzata alla vita e ormai certa di dover convivere solamente con una esistenza simile. Successivamente si vedrà in lei il personaggio che più oltrepassa i limiti dando libero sfogo alla rabbia che ha dentro. Forse osando anche molto.
Il personaggio di Nadine segue un po’come la corrente quello di Manu. Non brama altrettanto la sua vendetta. Quando arrivano in Bretagna chiede a Manu se per caso può restare con lei. Cambia atteggiamento solo perché ora c’è un’altra persona che prende le decisioni per entrambe e la segue come un cucciolo fedele e spaurito.
Nella seconda parte è ben evidente il rapporto di sudditanza – dipendenza che c’è tra Nadine nei confronti di Manu.
Avvinghiate, aggrappate l’una all’altra. Invincibili.
Il loro essere legate è più psicologico che fisico poiché le due giovani quasi non hanno contatti. Quando si incontrano vedono l’una nello sguardo dell’altra il non avere nulla da perdere.
Mi hanno ricordato in parte Thelma e Louise anche se la coppia celebre non uccide per vendicarsi ma per legittima difesa. Nadine e Manu arrivano ad uccidere solo per il gusto di farlo, per puro divertimento.
È evidente la scissione interiore delle due protagoniste francesi e lo si nota anche nella frattura presente nei dialoghi. Così spezzati, senza ritmo e cadenzati solo da espressioni colorite per dare quel gusto pulp. A volte introdotte senza un reale equilibrio, un po’a sproposito, senza una reale scelta stilistica ed espressiva, ma perché si vuol dare quella vena di eccessivo, portato oltre i limiti per mettere a disagio. Probabilmente qui si riconosce la scrittura acerba di una narratrice al suo primo romanzo, che aveva però la spinta giusta per raccontare questa storia.
In qualche modo mi ha fatto ripensare anche alla vite al margine della Berlino di Christiane F. per l’impronta autobiografica della stessa Virginie.
Scopami di Virginie Despentes è una di quelle letture che si affronta per conoscere i propri limiti letterari e fino a dove si spinge la comfort zone del lettore.