Vecchie conoscenze – Antonio Manzini : recensione

Leggere Vecchie conoscenze di Antonio Manzini fa l’effetto del ritorno in un luogo conosciuto. Il sottile piacere del noto, della comfort zone.

Non solo perché, per me, si parla di un ritorno al giallo, ma per il piacere che si cela nel nuovo incontro con Rocco Schiavone (no, non scelgo i rappresentanti dell’ordine solo in base al fatto che i nomi mi ricordino nomi noti del mio paese d’origine).

La scrittura di Manzini è totalmente immersiva. Leggi Vecchie conoscenze con i torridi raggi del sole sotto l’ombrellone e ti ritrovi in una Aosta assediata dalla morte e dalla neve.

La storia scorre veloce, tra la ricerca dell’assassino di turno, con i suoi moventi, i suoi passi falsi, la sua ira e le vicende personali di Rocco.

In Vecchie Conoscenze, la trama generale delle vicende del noto vicequestore romano posto in esilio nella questura di Aosta si muove, come non era avvenuto nel libro precedente Ah l’amore l’ amore, con profonda delusione dei fan accaniti della serie.

Questo volume si conclude con un cliffhanger pazzesco che, state tranquilli, non ho alcuna intenzione di rovinarvi. Assisteremo alla ricomparsa di Sebastiano e a quella, meno gradita, di Enzo Baiocchi.

Dove vorrà condurci Manzini? Vecchie conoscenze ha comunque il sapore di qualcosa che si avvia alla conclusione, alla resa dei conti finale.

Rocco Schiavone, come mi disse la mia amica Georgia quando mi presentò il primo libro della serie, o lo si ama o lo si odia. E tra le prime pagine di Pista nera io ho avuto paura di odiarlo.

Il vicequestore Schiavone non è certamente il commissario Ricciardi. È un uomo burbero, complicato, diretto e schietto. Un po’ donnaiolo, sicuramente alcune delle sue conquiste avranno brevemente pensato di curarlo da tutti i suoi tormenti interiori. Ma Rocco non sente alcuna necessità di cambiamento, resta abbarbicato alle cose che conosce meglio, il suo odio per Aosta, una città di cui non si sente parte, che non conosce e dove non ha amici. E più di tutto una città fredda, per uomo che non si vuole adeguare al passaggio dalla più climaticamente mite Roma.

Rocco passa le sue serate in compagnia del fantasma della moglie Marina, continuando con lei una parvenza di quotidianità, di giochi di parole che lei continua a proporgli.

Marina, anche dal suo status di defunta, continua a spingere Rocco nella direzione migliore, non solo per le indagini, ma anche per lui. Marina è il vento di cambiamento, per quando Rocco comincerà ad ascoltarlo.

Ma il cambiamento è proprio ciò che lo spaventa. Da sempre rifugiato in un passato non agiato, ma circondato dall’amore e dal cameratismo fraterno dei suoi storici amici, Sebastiano, Brizio e Furio.

Rocco, in un certo senso, intrappolato in quell’infanzia nei vicoli di Trastevere a sopravvivere nella criminalità facendone in qualche modo parte. Il riflesso del suo animo allo specchio è un po’quello di un ragazzino con la divisa. Un ragazzino che cammina su di un filo sottile tra legge ed illegalità, tra i vecchi legami e il suo ruolo professionale.

E la scelta, tra l’una o l’altra, tra legalità ed illegalità, tra amicizia e giustizia della legge, tra vecchio e nuovo sta arrivando piano piano alla sua porta; dopo tanti anni, in cui aveva creduto di cavarsela così bene, di non dover scegliere, viene a cercarlo ad Aosta; l’ha trovato anche se lui ha cambiato indirizzo.

In questo episodio Manzini prepara il terreno per quella che sarà una svolta cruciale nella vita del vicequestore. Ma questo apparterrà ad un’altra storia, per ora l’unica domanda a cui Rocco Schiavone deve rispondere è: chi ha ucciso Sofia Martinet?

Oriana D'Apote

Oriana D'Apote classe ’93 un pendolo che oscilla tra la Puglia e l’Abruzzo. La mia prima natura è quella di ascoltatrice di storie, con l'animo inquieto sempre alla ricerca di qualcosa, il dettaglio, la poesia. Sogno di acquistare centinaia di fiabe illustrate, leggo storie crude. Vivo come il protagonista di un noir a colori dove alla fine prenderò il cattivo, risolverò il caso.

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