Per un qualsiasi laureato in Lettere, Umana Commedia può sembrare una bestemmia: riscrivere la Divina Commedia… Pasolini tentò, nell’ultimo periodo, di trasporla in prosa; non riuscì nell’impresa, anzi, rinunciò.
Ammetto quindi di aver iniziato il libro con scetticismo. Leggendo, però, ho trovato un’opera inedita che cita sì la Commedia ma crea comunque un testo nuovo. Può essere un aggiornamento, dove Mario Ferrari viaggia in compagnia dello stesso Dante Alighieri e scoprono il mondo che Dante non conobbe.
I personaggi incontrati non sono esplicitati, ma in diversi casi è possibile riconoscerli. Talvolta è molto facile (Noi ritrovammo il camminar più vero: / Sei tu colui che scrisse la Ginestra? / E fummo a Recanati nel maniero), ma sono parecchi gli esempi in cui siamo in difficoltà nel trovare le persone citate. In questo modo, tra l’altro, il testo mantiene sempre attiva una parte del cervello che gioca a trovare figure correlate, ed è davvero un modo divertente per affrontare certe sezioni di Umana Commedia.
Avrete notato dalla citazione tra parentesi che si tratta di endecasillabi, rima alternata e concatenata, e supera per lunghezza la somma opera dantesca: 15.726 versi contro 14.233. Riportiamo anche una parte della prefazione dell’autore prima di parlarne con lui:
Questo libro nasce da una piccola scommessa. Un sabato pomeriggio di provincia. Un figlio leggeva svogliatamente la Divina Commedia, mentre il padre, impiegato, prendeva il caffè. Il dialogo avvenne più o meno in questo modo.
«Papà, ma davvero la Divina Commedia è un capolavoro assoluto?»
«Certo figliolo» rispose il padre, con tono distratto. «Secondo te sarebbe mai possibile scriverne il seguito? Scrivere altri 14.233 endecasillabi a rima alternata e concatenata?» Il padre quasi senza accorgersene rispose: «Ma certo figliolo, tutti potrebbero scrivere la Divina Commedia, la sua essenza è nell’aria, nella terra, nel sole, e soprattutto è presente nella natura della nostra bella lingua italiana. Basterebbe soltanto volerlo. Perché in Italia tutto rima con tutto.» Quella notte stessa, il padre non riuscì a dormire. L’immagine di Dante con l’alloro e quel suo volto severo gli appariva familiare, amato e umano. Si rigirava nel letto mentre la musica delle parole gli cresceva dentro, nell’anima.
Il fascino di Umana Commedia è già nell’introduzione; è però una storia vera, questa scintilla? O siamo più vicini alla bellissima invenzione onirica del Trattatello con la Madre di Dante che immagina la futura poesia che verrà dal figlio?
Buona la seconda. Esattamente pensavo a questo genere di invenzione. Ho pensato a un artificio retorico, una voce fuori campo che potesse sdrammatizzare la voce narrante e in qualche modo alleggerire l’ingresso al testo. Ci tengo a dire che non ho suddiviso volutamente la Commedia in canti: in questo modo la faccenda si è ulteriormente e terribilmente complicata, per questioni di tempi e di durata di ogni singola descrizione. Ma tutto è stato in qualche modo meditato, per quanto ho potuto, naturalmente…
Hai scelto di ridurre i nomi al minimo, la maggior parte sono del passato. Il motivo è legato a ipotetiche beghe legali o c’è anche altro?
Ho cercato di riprodurre personaggi reali, ma che potessero essere paradigmatici. Ogni personaggio si intreccia con gli altri, e tutti compongono una sorta di paradigma armonico (non dimentichiamo che il ritmo è fondamentale in questo genere di componimenti). Non potendo mettere tutto lo scibile, ho cercato di selezionare in termini di rappresentatività.
Nella mia Commedia ci sono personaggi del passato ma anche personaggi di un recente passato e alcuni del presente. Ma il criterio di assunzione è stato quello del valore ideale per ciò che ciascuno ha rappresentato sulla terra. Il gioco dei nomi l’ho trovato affascinante, e misterioso, lascio che il personaggio descritto si riveli da sé, attraverso le proprie qualità (quasi una tecnica pittorica di attribuzione), e credete, sono centinaia i personaggi inseriti… Inoltre anche la famosa privacy… è salvata: in effetti leggendo la Divina Commedia, si può ben vedere che la legge sulla privacy non esisteva ancora. Non mi interessava il gioco della torre: piuttosto mi interessava far emergere una certa artigianale idea di Commedia, scrivendola, proprio come fu per Dante stesso.
Ho apprezzato molto il nuovo Purgatorio, dove c’è comunque un passaggio dall’Inferno. Sapere di Ciacco, “salvato dall’ennesima istruttoria, […] posto a cinque vite di cicoria” mi ha messo di buonumore, perché già alle superiori ero assai dispiaciuto per il goloso, probabilmente perché vedevo già il mio posto eterno. Quali sono state le difficoltà nell’aggiornare nell’Umana Commedia certi personaggi che comparivano anche nella Divina Commedia?
Ottima osservazione: non ti preoccupare, con me saresti stato messo almeno in Purgatorio. Il mondo cambia e anche nella Chiesa certe sensibilità sono in movimento (l’ostia che si può toccare, era un gravissimo sacrilegio ai tempi di Dante, per esempio, ora un fatto comune); tutto cambia e viene a fluire con lo spirito dei tempi, volevo descrivere questo fatto, e mettendo suicidi in Paradiso (salvati in base al proprio vissuto); e persino i soggetti dei quadri più famosi, quasi ritornati carne, li ho messi assunti in cielo in Paradiso, e gli artisti che li hanno generati all’Inferno (questo mi è piaciuto molto). Ho cercato in definitiva di non copiare dal Sommo, ma di creare un mio mondo.
Uno sguardo alla composizione: quali sono stati i tempi di scrittura di Umana Commedia? C’è qualche parte che ti ha fatto “dannare” particolarmente per rientrare tra rime e endecasillabi?
Posso parlare di circa sette anni di scrittura. I versi fluivano senza troppi intoppi, anzi forse dove ho riscritto, in qualche modo, poi sono ritornato sui miei passi, come sapete in Poesia, la regola di Hemingway (99% traspirazione e 1% ispirazione) sono convinto che non può esistere, altrimenti si cadrebbe nel manierismo o nell’affettazione: io credo che dai miei versi si avverta ancora il caldo profumo dell’ispirazione di notti insonni, almeno lo spero. Ho scritto tutto a mano con una stilografica, e senza troppe cancellature. Quaderni e quaderni di terzine… Sempre a notte alta, o verso l’alba. Perché di giorno lavoro come manager in una azienda. (carmina non dant panem!:J)
Un’ultima domanda, anche se scontata (soprattutto in quest’anno dantesco immagino te l’abbiano chiesto in tanti): cosa rappresenta per te Dante?
Uno che non si è mai laureato, un consulente aziendale di Signorie e Potentati, un rancoroso cristiano che ha impallinato con nomi e cognomi tutti i nemici e gli amici pure, pieno di complessi di colpa e di rimpianti, soprattutto un viaggiatore dissipatore del proprio talento (non ha mai lasciato una riga scritta di suo pugno) un ambasciatore in perenne fuga, un prigioniero di potenti, un innamorato della lingua volgare, della poesia, della politica quale missione, innamorato dell’amore ideale, della virtù cristiana, praticata. Nessuno ha mai pensato di farlo Santo? Ci sono tutte le caratteristiche: la Divina Commedia è un autentico miracolo di cristianità.
Ma Dante è anche un uomo che non ha paura di amare e di comunicarlo: forse è stato quello il suo più grande merito: testimoniare l’Amore. Dante è un genio della poesia. Un armonioso genio sgorgante di rime, di filosofia, di teologia. Insomma Dante è un miracolo da venerare. Nessuno potrà mai farne a meno, fino a quando esisterà la lingua italiana; nessuno, per sempre. Ma di cosa ci stupiamo? Insomma Dante è prima di tutto, vivaddio, uno di noi: un italiano vero!