Top ten: le 10 migliori novelle di Luigi Pirandello

Le prime righe di questa Top su Luigi Pirandello sono autobiografiche e, siccome non sono nessuno, potrebbero annoiarvi. Vi lascio il segno nel punto in cui potrete iniziare la parte meno sbrodolosa.

Il primo tuffo nella letteratura ufficiale l’ho fatto a 7 anni con Buzzati. Il vero balzo in avanti è arrivato però l’estate tra il terzo e quarto superiore, quando tra i libri per le vacanze mi è stato assegnato anche Il fu Mattia Pascal.

Pirandello è saltato subito in cima alla lista degli autori preferiti, rimanendo lì per tantissimi anni (non è più in cima, ma si difende degnamente). Grazie alla sua lunghissima e varia bibliografia ho iniziato ad apprezzare la critica letteraria, e per quattro anni non ho perso neanche uno dei convegni di Agrigento capitanati da quell’amore di Enzo Lauretta. Ma ora basta, c’è gente che ha cliccato per una Top ten e non posso abusare oltre della pazienza altrui. Anche se il Centro Studi Pirandelliani, qualora mi stesse leggendo, potrebbe farmi sapere dove trovare i primi tre numeri della loro rivista.

Questo Luigi Pirandello che sta finendo la sigaretta è il segnale, da qui inizia il vero articolo!

Le novelle scritte dal girgentino sono 244, lontane dall’idea iniziale delle Novelle per un anno, e racchiudono il suo pensiero frammentandolo in tante storie, così come sono frammentate le personalità dei protagonisti pirandelliani. Sceglierne solo 10 è difficile, quindi ci saranno sicuramente riferimenti ad altre narrazioni brevi; tenterò almeno di dare un input a chi vuole approcciarsi alle novelle al di fuori della sempre antologizzata Giara, anche perché i professori hanno davvero poco tempo per far conoscere testi al di fuori dai libri scolastici.

10. L’abito nuovo

Un uomo tentenna sull’accettare o meno l’eredità ricevuta in seguito alla morte della disdicevole donna da cui ha avuto una figlia svariati anni prima. La novella è ricca di non-detti, dove non apprendiamo le vicende, se non dai particolari: la biancheria firmata, l’avvocato che rinuncia a ricevere un anello della signora, addirittura il finale non arriva a esplicitarsi se non col protagonista che accenna a parlare in francese.

L’abito nuovo è stata poi scelta come canovaccio da ampliare per l’omonimo testo teatrale con la regia di Eduardo De Filippo, nelle “Cantate dei giorni pari”. È purtroppo l’unica collaborazione tra i due autori, e Pirandello non riuscì a vedere l’opera perché morì pochi mesi prima del debutto.

In entrambe le versioni il protagonista è diviso sul pagare lo scorno morale delle sue scelte, ma ognuno ha il suo prezzo.

9. Il treno ha fischiato

Il ragionier Belluca è un impiegato che lavora a tempo pieno, a lavoro come a casa. Quando non è occupato a far di conto, deve destreggiarsi nell’accudire la moglie, la suocera e la sorella della suocera, tutt’e tre cieche. Un bel giorno sente fischiare un treno e la sua mente riesce a evadere da un mondo troppo stretto per la sanità mentale di un individuo. Il vicino di casa, narratore, è il primo a capire che Belluca non è pazzo, anzi. Il finale è un ottimo compimento dell’ironia pirandelliana. Una delle novelle migliori, tra le classiche.

8. Il vitalizio

Il vecchio Marabito percepisce un vitalizio per la cessione di un podere a un ricco usuraio della zona, Don Michelangelo Scinè. La transazione economica viene effettuata solamente in vista di una dipartita non lontana, viste le condizioni del vegliardo. Eppure, eppure… Marabito stesso non punta a una lunga vita, è anche infastidito del dover “gravare” con l’incombenza monetaria, ma il fato decide di rendere giustizia al punto che a morire saranno il Don e il suo notaio, mentre le terre verranno gestite da una nipote acquisita del vecchio. La novella è stata adattata per il teatro da Andrea Camilleri (lontano parente, Pirandello era cugino della nonna) con Riccardo Garrone protagonista.

7. La signora Frola e il signor Ponza suo genero

Questa è una novella dove bisogna procedere con ordine, come recita il testo stesso. In ogni caso non ha bisogno di presentazioni, perché lo stesso anno (1917) si trasforma nello spettacolo teatrale Così è (se vi pare), una delle vette di Pirandello in tutta la sua produzione. C’è il paese che s’impiccia, c’è la contraddittorietà dei singoli, la ricerca della verità. Da amare in entrambe le versioni.

6. Quand’ero matto

Fausto Bandini è protagonista e narratore di questa storia in quattro capitoli, dove esamina il rapporto tra l’essere matto e l’essere “savio”, perché lui ha fatto parte di entrambe le categorie. Anche in questa novella è evidente il rapporto tra individuo e società, dove la seconda appioppa la bolla della pazzia sui comportamenti che escono dalla convenzione, pur essendo spesso sacrosanti (ma cosa può il parere di una persona considerata fuori di testa?).

Tra le pagine più sottovalutate del premio Nobel.

5. Sgombero

Sgombero è una delle novelle più forti che io abbia letto nella lunghissima produzione di Pirandello. L’ho riletta dopo 13 anni per fare questa “classifica” e mi sono venuti gli occhi lucidi. Eh, signora mia, lo fa, lo fa. La protagonista del monologo ha dovuto sopportare molte cose, ma finalmente è sola di fronte al cadavere del padre. Leggetelo, non ci sono parole da aggiungere.

4. Marsina stretta

Irritarsi, ribellarsi. Questa è la chiave per entrare nei moti di forza risolutivi. Almeno è quel che accade al professor Gori quando, dopo aver subìto il supplizio della vestizione (la marsina stretta del titolo), capisce che non può rendere vani i propri sforzi. Il personaggio riesce a far celebrare un matrimonio nonostante le avversità del caso. La novella può vantare un riduzione cinematografica sceneggiata, diretta e interpretata da Aldo Fabrizi che è praticamente perfetto.

3. Trilogia dei personaggi

Mi è stato impossibile scegliere una sola narrazione da preferire all’altra, ma tutte e tre hanno lo stesso nucleo: Personaggi (1906), La tragedia d’un personaggio (1911), Colloquii coi personaggi (1915). Il refrain è ben chiaro fin dai titoli. Questi racconti iniziano nello studio di Pirandello, immaginato durante il suo lavoro di attesa dei personaggi. L’autore è fortemente a suo agio nella metanarrazione, e non è un caso che le date citate siano precedenti al 1921, anno di rappresentazione per i Sei personaggi in cerca d’autore.

2. La morte addosso

Eh sì, sul podio ci sono le idee migliori, e infatti hanno dato vita a opere teatrali che rimangono impresse nella mente degli spettatori. Quando si è prossimi alla morte, l’interesse verso la vita accresce. Il piacere dei dettagli si espande fino a concentrarsi su quel dannato epitelioma. Il protagonista sa di avere i giorni contati, e poeticamente li rimanda ai fili d’erba di un cespuglio che dovrà scegliere un avventore notturno. La speranza si ripone nella grandezza del cespuglio, la speranza di qualche giorno in più.

Su youtube lo trovate nella versione di Gassmann, forse la più bella.

Potreste essere pigri quanto me, quindi facciamo che ve lo lascio QUI.

1. La patente

Maschera, umorismo, rovesciamenti: Rosario Chiarchiaro è l’incarnazione di questo e tanto altro. Un uomo è visto come iettatore dall’intero paese, ed è un giudice a dover fare luce sulla questione. La differenza è che il soggetto non cerca giustizia con denunce a chi lo ha identificato come portasfortuna, bensì vuole una patente, un riconoscimento fisico della funzione di menagramo. Un capolavoro? Certo, e il valore accresce nell’iconica interpretazione di Totò. Cosa si può volere di più? È la storia breve più efficace, impossibile da dimenticare, impossibile da replicare.

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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