Terra Madre – Cronache amare e storie d’amore : recensione

Terra madre – Cronache amare e storie d’amore è una raccolta di racconti che nasce a conclusione dei corsi di Storytelling ed Editoria di un Master in Creative Writing.

Come ne sono venuta a conoscenza? Per caso, come quasi tutto nella mia vita.

Chiunque mi conosca un po’, però, sa che non amo particolarmente le raccolte di racconti. Sia che siano di più autori, sia che appartengano ad un singolo.

La cosa che ha agevolato la mia lettura è che tutti i racconti sono ambientati in Puglia.

Ho letto Terra madre a novembre durante la preparazione del FLA Festival di Libri e Altrecose che si tiene a Pescara. Nessuno mette in dubbio che organizzare un festival sia stressante. Ma credo che il potersi rifugiare nella lettura di un posto che considero casa, attraverso un processo di estraneazione molto caro ad ogni lettore, sia stato la fortuna della sopravvivenza di un bel po’ di persone, abruzzesi e non, scrittori e non solo.

Quindi a questa raccolta va sicuramente un grande grazie, da parte mia e da parte di chi non lo sa ma ha avuta salva la vita.   

Alla fine mi sono anche dovuta ricredere sulle raccolte. Perché leggerla è stato molto interessante, a tratti divertente. I giovani autori hanno tutti stili diversi, e si approcciano alla narrazione in modi differenti, c’è chi cerca un taglio giornalistico, chi si getta nel fantasy, chi ci parla, quasi come in un documentario, chi sceglie il romance e chi ci fa rivivere il mito.

Man mano che si procede nella lettura si può ricevere una sorpresa inaspettata, il brivido dell’ignoto, il sogno di ogni amante della scoperta.

Se dovessi scegliere il racconto più divertente di Terra Madre, direi che è il secondo, Lo tsunami di Agata, per ovvi motivi. E no, l’ovvio motivo non è perché conosco l’autrice.

È che conosco il posto, molto bene devo dire, probabilmente, di tutta la raccolta è quello ambientato più in alto, più a nord. Questo dà, per me, a tutto il volume una bella spinta di inclusività che spesso manca nei rapporti di sempre rinnovato astio tra il nord e il sud della regione.

Confesso, ho la risata facile. Ma quando i personaggi sono davvero indovinati, e si muovono ed integrano bene all’interno di un panorama che conosci, non puoi non concederti di essere felice, anche se stai organizzando un festival.

Se invece avete voglia di piangere, cominciate con ordine, dal primo, Come il profumo del pane al mattino e potrete versare un sacco di dolciamare lacrime. Sulla bellezza della vita che si rinnova, sulla sua ciclicità e sul ripetersi delle azioni che portano a necessari lieti fini.

Piangere in pausa pranzo può essere molto catartico, provare per credere.

Terzo racconto in Terra Madre è Un trullo e tre cuori; ho amato la scelta di Alberobello come ambientazione per la storia. E la leggenda dei trulli siamesi, che poi già la parola, siamesi, che bella, non gemelli, non fratelli, non appiccicati, conviventi, divisi, ma siamesi, c’è già della poesia. Eppure, per la sua virata drastica verso il romance, non sono riuscita ad apprezzarlo a pieno. E lo dico dopo aver letto nove romanzi di Julia Quinn, non sono pronta per il romance.

Pe mie cu vivu – la leggenda della pietra forata, invece, ve lo consiglio proprio come testo informativo. Perché contiene la spinta necessaria alla curiosità, non che io abbia bisogno di una spinta particolarmente forte, però devo dire che dopo aver avuto una coinquilina salentina, la parola dolmen non mi era del tutto sconosciuta.

Eppure è un ottimo spunto per iniziare ad interessarsi di più ad una terra dove la tradizione pagana e quella cristiana si incontrano e si mescolano, quasi stratificandosi, dando origine a culti tra il popolare e il cristiano. Tra ciò che è inculcato dalla dottrina e ciò che è tramandato dalle generazioni. Nella chiesa di San Vito un perfetto equilibrio di sacro e profano. Tra la celebrazione della Pasqua e gli auguri di una sana e futura fertilità.

 L’Arco della Masciara: io lo avevo già anticipato, che qui sarebbe scattato il collegamento con Marco Peano. Questi sono due libri che ho letto nello stesso periodo ed è sempre una grande gioia quando grazie alla lettura riesci a scoprire qualcosa di nuovo. Ed io ho scoperto la masca, la masciara che dal Piemonte alla Puglia, un po’ come a dire da Trieste in giù, è la figura popolare della “strega” che unisce l’Italia.

Stupor mundi, forse quello che genera meno stupore. Ma, da grande amante della storia dico, chi è che non vorrebbe incontrare Federico II di Svevia per aiutarlo a ricongiungersi alla sua amata circondati da un bagno di luce?

Io lo farei di certo, Federico guidami dove più ti piace!

Con Rapsodia del declino cominciano i racconti un po’ più articolati all’interno di Terra Madre; a livello di sperimentazione narrativa/temporale. Questo, ad esempio, è un vero e proprio fantasy del sud Italia. Tra la Campania e la Puglia, complesso, con scelte lessicali specifiche poiché strettamente interconnesse al mondo musicale. Oso dire un po’ sprecato come racconto. Certamente un’idea che avrebbe avuto bisogno di più spazio per essere sviscerata, ma avvincente per gli amanti del genere.

Il sottotitolo di questa raccolta, lo ricordo, è Cronache amare e storie d’amore (amare, pure quelle), quante storie d’amore finite male ci sono in questa raccolta? Almeno Federico è riuscito a rivedere la sua Bianca.

Sto scherzando, che cos’è la letteratura senza un po’ di tristezza? Forse il secondo libro perduto della Poetica di Aristotele? Citazione alta.

Avrete indovinato che Il faro dei poeti è un’altra storia d’amore che non finisce troppo bene, ma è l’unico ambientato su di un’isola! Per la precisione su una delle isole Tremiti, San Domino. Come può non esserci bellezza in uno scenario come questo, resta sicuramente da scoprire.

Se non siete mai stati alle isole Tremiti dovreste recuperare. Io ci ho messo ventisei anni, ma me ne sono innamorata. E riesco proprio a vederli, i protagonisti, Ripalta ed Eupremio e il loro amore che nasce mentre disegnano seduti sotto al faro e se poteste essere lì anche voi, che la storia finisca  bene o male, non avrebbe più importanza.

La pietra di Giano è uno di quei racconti di cui anticipavo prima parlando di Rapsodia del declino.

Già il nome è un mistero, da uno che si chiama Giano, come il mio doppio cactus, io mi aspetto di tutto. Ed infatti il racconto è come un grande rompicapo, una Mascella di Caino con la quale sarebbe stato divertente giocare se un numero maggiore di pagine lo avesse permesso. Mi resta una grande ed insoddisfatta curiosità perché io non sono riuscita a risolvere il mistero della cassetta di sicurezza.

Gli ultimi racconti di Terra madre sono: Il Quarto Carro, L’ultima onda e L’orizzonte.

Il Quarto Carro e L’orizzonte sono quelli che ho trovato più lontani dal mio sentire. Soprattutto L’orizzonte che mi ha ricordato un po’ le prime fiabe, come un moderno Gianbattista Basile. Mentre per Il Quarto Carro pecco sicuramente di non essere a conoscenza del mistero che l’ha ispirato.

L’ultima onda invece si inserisce perfettamente in quella che è una tradizione di racconti mitologici e come posso da “laureata” (cit.) al classico non apprezzarlo?

È, manco a dirlo, un’altra storia d’amore finita male, o forse no, dipende dai punti di vista. Forse si tratta di una libertà riscoperta, un’individualità nell’amore, un lasciare una presa che fa troppo male trattenere. Forse un insegnamento di grande maturità e grande coraggio.

Con il tempo si abituò all’idea che bisogna cercarsi non lì dove c’è più luce, dove è più facile trovarsi, ma nel buio, dove ci si è davvero persi. Il destino non esiste per incatenarci, ma per mostrarci dove inizia la libertà.

Mi piace concludere parlando di un racconto ambientato in un luogo che conosco, come il Gargano, proprio come di uno con il quale ho cominciato, Lesina.

E anche se mi sento stanca come se la Puglia me la fossi fatta a piedi, non mi pento di avervene parlato. Forse è uno dei libri più strettamente territoriali di cui abbiamo trattato, ma a volte fa bene un po’ di sano patriottismo!

Quello che colpisce e incuriosisce è il modo in cui i giovani scrittori riescano a guardare con occhi sempre nuovi la tradizione o il quotidiano e a farlo proprio, ognuno con i propri mezzi.

Quasi dimenticavo di dirvi che ogni racconto ha una colonna sonora. E potrete ascoltarla con il QR Code, io vi lascio il link, perché, ahimé, non ho fatto un master in Film Scoring.

La curiosità più grande resta quella di vedere cosa riserverà il futuro per questi scrittori e cosa loro riserveranno a noi.

Spero che voi lettori abbiate gradito quanto me la passeggiata verso casa.

Oriana D'Apote

Oriana D'Apote classe ’93 un pendolo che oscilla tra la Puglia e l’Abruzzo. La mia prima natura è quella di ascoltatrice di storie, con l'animo inquieto sempre alla ricerca di qualcosa, il dettaglio, la poesia. Sogno di acquistare centinaia di fiabe illustrate, leggo storie crude. Vivo come il protagonista di un noir a colori dove alla fine prenderò il cattivo, risolverò il caso.

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