Sputi – Paolo Dal Canto, Federico Quiliconi

Gli Sputi di Paolo Dal Canto sono cento racconti efficaci e sferzanti che toccano svariati temi, azzarderei un “tutti”. Amore, morte, feste sacre e non, sacramenti, il corpo umano in toto, rapporti di parentela, affetti più o meno lontani; ogni cosa è degna o indegna abbastanza da esser “sputata”, laddove l’autore è ben conscio delle grandi differenze d’uso della saliva.

Da un lato può insozzare ma è utile anche per pulire, disinfettare ferite o addirittura lubrificare. In un certo qual modo ci fa digerire temi che talvolta sono definiti intoccabili, eppure la libertà dell’autore dovrebbe essere sempre sacrosanta.

Paolo Dal Canto è libero, e non manca occasione di dimostrarlo in tutte le duecento pagine del libro.

Ogni racconto è impreziosito con un’illustrazione di Federico Quiliconi, che riesce a rendere alla perfezione la storia in chiave visiva esplicita o simbolica; durante la lettura sembra quasi che racconti e disegni siano nati insieme, tanta è la vicinanza stilistica e la bellezza dell’insieme.

Le storie sono brevi, una pagina, meno, a volte un rigo. Nella nota finale scopriamo che il tutto nasce da Hemingway, che accettò la sfida di scrivere un racconto di sei parole. Lo scrittore americano arrivò a “Vendesi scarpine per neonato mai indossate”. Del Canto raccoglie l’immaginario guanto di sfida con la storia nell’immagine seguente:

Nelle narrazioni un po’più lunghe c’è una forte componente sonora, dove figurano assonanze, rime e molti riferimenti interni legati alla ripetizione del suono. Non è un caso che nelle presentazioni e letture ci sia l’accompagnamento, con la chitarra di Stefano Taglietti. È tutt’una grande performance che unisce più arti, ogni elemento entra nell’opera principale creando perfetti connubi.

Per farvi entrare meglio nella dimensione di Paolo Dal Canto vi lascio ad un estratto di Sputi, edito dalle Edizioni Mondo Nuovo. Il racconto è Anima:

“Mi sono comprato un’anima, le vendono un tanto al chilo, il prezzo dipende dal tipo, io l’ho presa da addomesticare, l’ho fatto per risparmiare, ma non è stato un buon affare, no, che non fa altro che correre, giocare e saltare. Mi tira pazzo.

CAZZO CAZZO CAZZO!!! MA PORC…!

E mi scappa una bestemmia!

Ecco!

Lo sapevo.

Nemmeno il tempo d’averla comprata che subito si è sporcata.”

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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