È passato più di un anno dall’ultima volta che ho scritto su Antonio Tabucchi, e mentre rileggo per curiosità i ringraziamenti della tesi mi viene quasi da sorridere. Ero così stanca e stufa che credevo di non toccare più un intero settore della mia libreria per anni e invece… Antonio, il tuo compleanno è passato solo da pochi giorni e io mi sono rimessa alla prova, di nuovo scrivendo questa recensione: vediamo se Sostiene Pereira è ancora emozionante dopo la settima o ottava lettura. È incredibile come rimanga uno dei romanzi più belli della letteratura contemporanea.
Tabucchi incontrava di notte i suoi spettri che chiedevano voce. Io Pereira l’ho conosciuto nel 2011 in un settembre romano davvero indimenticabile; lo scrittore pisano gli diede udienza nello stesso mese ma nel 1992, come racconta nel volume Autobiografie altrui. Poetiche a posteriori (Feltrinelli Editore).
«Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava.»
Era uno degli ultimi giorni d’estate, quando l’aria fresca ti accarezza le spalle dolcemente. Mi era stato prestato perché avevo bisogno di ispirazione, consigli e spinta per intraprendere un nuovo capitolo della mia vita. un libro perfetto!
Con il titolo Sostiene Pereira, una Testimonianza lo scrittore non si prende la responsabilità di quello che verrà raccontato, poiché lui fornisce solo un resoconto di una storia già accaduta. La coscienza civile viene assunta dal nostro protagonista che dà una svolta alla sua vita.
L’anziano giornalista vive nella sua Rua da Saudade, pranza ogni giorno al Caffè Orchidea con la sua omelette alle erbe e la limonata fresca, traduce racconti di autori francesi da inserire a puntate nella pagina letteraria del Lisboa su cui ritiene di avere la completa e totale libertà, inanella confessioni con il suo amico Padre Antonio e soliloqui con la foto della moglie defunta. Il dagherrotipo della moglie rappresenta la finestra sul passato da cui non vuole rifuggire.
La sua è una mancata elaborazione del lutto. La saudade la fa da padrona.
Il bellissimo volume della Tunué (2014) curato dallo scrittore Magliani e il disegnatore Marco D’Aponte rende in maniera perfetta e fedele le conversazioni tra il nostalgico giornalista e il Dottor Cardoso, medico della clinica talassoterapica di Parede. La trasposizione rispetta fedelmente la profondità della lingua tabucchiana, spesso con graditissimi calchi. I disegni, poi, grazie all’uso acquerellato dei colori, rievocano non solo la Lisbona della realtà e quella delle lenti dello scrittore pisano, ma anche quella che avevo costruito nella mia mente durante la lettura. È possibile immergersi nelle vie percorse da Pereira nelle diverse tavole e respirare l’aria oceanica che ti scompiglia i capelli.
Lo scorso anno sono stata a Lisbona ed è proprio così com’è descritta da Tabucchi e rappresentata nelle tavole di D’Aponte: assolata, senza tempo, intensa e dolce, come il Fado che puoi ascoltare dagli artisti di strada. Purtroppo l’odore di omelette fritte alle erbe non si sente, ma se siete amanti del baccalà fritto è il posto che fa per voi (N.d.A. ho scritto anche una recensione sull’argomento, se vi va andate a recuperare “A Lisbona con Antonio Tabucchi“).
L’evento scatenante che porta a farlo dubitare è la conoscenza del giovane Monteiro Rossi, fresco di studi filosofici, che aveva pubblicato uno scritto sulla morte, argomento su cui aveva riflettuto più volte. Pereira, da cattolico non fedelissimo, credeva nella resurrezione dell’anima ma non della carne.
Si rispecchia nel ragazzo, come può un padre con un figlio. È significativo per lui, di primo impatto, il modo in cui cade ad entrambi il ciuffo sulla fronte, e non fa mancare occasione per raccontarlo di seguito alla moglie.
Allo stesso tempo sono così simili ma diversi; Pereira ignora volontariamente le sorti politiche del suo Paese, a differenza del giovane che si definisce un compagno che vuole reagire alla dittatura salazariana; si evidenziano vicendevolmente nelle descrizioni il disinteresse di Pereira nel continuare a vivere il presente della sua vita e al contrario Rossi che ama viverla.
«La smetta di frequentare il passato, cerchi di frequentare il futuro.»
Pereira non vede di buon occhio la fidanzata di lui, Marta, attiva nei movimenti di protesta tanto da spingere il fidanzato a parteciparvi maggiormente. Sarà poi la prima a scomparire cambiando identità. Nell’omonimo film (1995) è Nicoletta Braschi, ragion per cui non verrà più nominata in questa recensione.
Pereira richiama molto l’eroe Novecentesco come Zeno Cosini, ma a differenza del suo collega di carta prende coscienza dello strappo creato nel suo cielo (pirandellianamente parlando) e decide di agire attivamente. La sua non rimane una vita a metà tra due binari. Si dimostra essere un eroe postmoderno che ribalta la sua condizione di inettitudine e dà una svolta alla sua vita.
Raccoglie gli insegnamenti presi dalla letteratura, forse il suo vero credo religioso, e li usa come consigli da seguire. Il messaggio “Viva la Francia” n’è un esempio: prima di allora non avrebbe mai potuto scrivere qualcosa che potesse andare contro il regime.
Inizia a seguire “le regioni del cuore” come ha sempre fatto Monteiro Rossi.
Nella conclusione del romanzo, con il suo ultimo articolo di denuncia, si sente la forza del suo cambiamento.
Prima di partire decide di lasciare il suo bastone, che ormai non gli serve più, perché è un uomo nuovo, giovane nello spirito e nella voglia di scoprire cosa il mondo deve ancora riservargli. Passeggia fieramente, dritto nella postura col petto in fuori e pancia in dentro per Rua Augusta. Ora è il signor François Baudin, ma è solo un nome. Un tempo pensava e basta. Ora lui è Pereira, e sostiene!
Ha una nuova luce negli occhi, che fa emozionare. Smetti di provare tenerezza per quel vecchio in sovrappeso perché adesso è l’eroe che vuoi essere in qualche modo.
Devo dire che Mastroianni è Pereira fatto persona, che ti rapisce il cuore, e Morricone è da pelle d’oca come sempre.
Non posso che allegarvi il finale del film di Faenza che merita una visione.
Qui si conclude anche la mia recensione. Ho deciso di scriverla seguendo le ragioni del cuore, come mi ha insegnato il mio grande amore letterario.