Senzapaura. La locanda delle fiabe dimenticate – Ferrandino, Sannino

Potremmo dire che Senzapaura è il fumetto del riscatto popolare autoctono. Mi spiego.

In questo romanzo grafico c’è una sovrapposizione tra mondo reale e irreale, dove i personaggi delle storie che ascoltavamo da bambini vivono tra noi. Detta così sembra già sentita, perché Once upon a time è una serie tv decisamente nota. Anche il mondo disegnato può vantare quella grandissima opera che risponde al nome di Fables. Entrambi i prodotti hanno in comune, oltre al pitch, il parco personaggi: tutti stranieri e noti grazie ai fratelli Grimm o Andersen (per tacer degli altri).

In Senzapaura troviamo invece i protagonisti dei racconti popolari italiani, quelli che sentivamo narrare dai nostri nonni. È assurdo notare quanto facciano parte della nostra cultura eppure siano così poco esposti. L’epiteto “Giovannino Senzapaura” non è inedito, ma ho conosciuto la storia solo leggendo il fumetto. Lo stesso vale per Crik e Crok – sapevo unicamente che agivano in coppia, come me e il mio compagno di banco delle elementari.

Rita è una ragazza che da bambina scopre il luogo dove dimorano queste leggende e si batte per proteggere la loro identità. Vive quest’avventura al fianco di Giovannino, ormai cresciuto, e sono una coppia perfetta. Nella loro missione dovranno recuperare le piume dell’orco. È proprio in questa sede che troviamo le tavole che più mi hanno rapito nella lettura.

Spero che volume non sia one shot, perché sono già affezionato ai protagonisti e lo stile di Ferrandino e Sannino è convincente. Forse un respiro più ampio, qualche pagina in più, avrebbe giovato allo scorrere della storia con maggior omogeneità. Molto intelligente la scelta di raccontare il background dei singoli personaggi in tavole uniche, dove si esalta la bellezza delle storie passate in un quadro completo.

Con questo fumetto assolutamente da recuperare, abbiamo scoperto anche la casa editrice Douglas, da tenere d’occhio, e vi lasciamo qui il LINK col catalogo.

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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