Sant’Agata atto settimo – Michela Gecele : recensione

Sant’Agata atto settimo di Michela Gecele è l’ultimo romanzo della saga di Ada – torte e delitti; di cui il primo volume è I fiumi sotto la città.

È una saga in corso, per ora composta da cinque volumi tutti editi da Edizioni Forme libere.

Ada Hartmann è nata a Berlino, trasferitasi a Catania per insegnare sociologia degli spazi urbani all’università; un po’ come Jessica Fletcher diventa investigatrice suo mal grado, spinta dalla curiosità, dallo spirito di osservazione e dal suo senso di giustizia.

E perché no, come in quest’ultimo caso, da un po’ di sana competizione con il bel commissario catanese.

Ada è una moderna Miss Marple, ed anche più giovane, direi; il suo modo di indagare, in cui lascia che i nodi vengano al pettine, che l’universo la guidi alla soluzione e che tutto si ricomponga, è molto particolare.

Dalle atmosfere sacre della festa catanese di Sant’Agata a quelle pulite e funzionali di una grande metropoli come Berlino, seguiamo le indagini della protagonista tra ipotesi e consigli de I Ching, passando per molte caffetterie e fette di torta.

In questa nuova avventura la professoressa Hartmann si troverà a dover dissipare una tela particolarmente intricata. Delitti che sporcano di sangue le strade percorse da Sant’Agata in processione.

Mafia? Riciclaggio? Vendetta? Rivalità tra corporazioni di devoti? C’è davvero molto su cui fare luce e il tempo stringe. Soprattutto per la protagonista che, a malincuore, deve allontanarsi da Catania e dalle indagini per seguire un festival cinematografico a Berlino.

Ma alle volte allontanarsi dall’azione è proprio quello che ci vuole per vedere meglio.

Ho amato che i capitoli fossero divisi in base ai giorni, la narrazione comincia il 3 di febbraio per finire il 16. Soprattutto nella prima parte del racconto è utile e pratico per dividere i giorni di festa. Se non si è avvezzi alle feste patronali o, come nel mio caso, non si è mai assistito a quella di Sant’Agata, la bussola temporale è indispensabile per seguire lo scorrere dei giorni.

Come avrete capito, la parte della festa è la mia preferita, c’è un’atmosfera carica di attesa, devozione e misticismo. La città si muove, respira, come un unico essere. Durante le festività religiose, il sacro e il profano si mescolano in un connubio indivisibile, e così i portatori dei ceri diventano protagonisti indispensabili esattamente come i venditori di dolci e di castagne agli angoli delle strade.

Queste atmosfere, che non mi sono estranee, hanno contribuito al mio coinvolgimento nelle vicende del libro, tanto che l’effetto straniante di preoccupazione generale che la morte punta a creare sulla festa mi è arrivato chiaramente.

Sant’Agata atto settimo è un libro giallo, quindi sto cercando di non farvi spoiler! In ogni caso, di Ada, in questa avventura, mi piace il senso di appartenenza che prova nella città italiana che l’ha adottata, senza però dover perdere il suo senso di identità berlinese.

È un investigatrice particolare, entra raramente in questura, eppure le sue informazioni sono sempre giuste, merito di un grande intuito e dello zucchero di molte torte, acquistate, ma anche preparate. Non si dice forse “la ricetta del delitto perfetto”? Ada mescola con cura tutte le informazioni in suo possesso, ingrediente dopo ingrediente, informazione dopo informazione.

Qualche volta per vedere il risultato bisogna aspettare, un dolce può avere tempi di preparazione lunghi, e così anche la risoluzione di un caso, soprattutto questo caso!

Ma Ada sa essere paziente, sa che i risultati arrivano a chi sa aspettare, a chi sa toccare le corde giuste al momento giusto.

Nell’intreccio del romanzo viene anche portato avanti un interesse amoroso, che deve essere nato nei libri precedenti, tra la professoressa e Aldo, un commissario catanese, tra le loro paure e il loro continuo stuzzicarsi; la curiosità su questo rapporto è sicuramente uno dei motivi che può legare il lettore alla saga.

Tornerà la tranquillità sulla festa di Sant’Agata? E come andrà a finire tra Ada e il commissario? Ma per santi e peccatori “Una sola cosa importa e rimane: l’amore”.

Oriana D'Apote

Oriana D'Apote classe ’93 un pendolo che oscilla tra la Puglia e l’Abruzzo. La mia prima natura è quella di ascoltatrice di storie, con l'animo inquieto sempre alla ricerca di qualcosa, il dettaglio, la poesia. Sogno di acquistare centinaia di fiabe illustrate, leggo storie crude. Vivo come il protagonista di un noir a colori dove alla fine prenderò il cattivo, risolverò il caso.

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