#Rinomina – Daniele Catalucci : recensione

I dialoghi di #Rinomina di Daniele Catalucci sono vividi come fossero reali. Il libro racchiude trentasei scambi di battute che spesso traggono in inganno, perché solo alla fine si svelano i personaggi dei singoli racconti.

Non abbiamo didascalie a cui aggrapparci, solo la forza delle parole pronunciate, quasi come delle trascrizioni in presa diretta. È divertente giocare a indovinare età, sesso e quanti più dettagli possibili degli interlocutori, un gioco complesso ma che dà tante soddisfazioni.

Devo ammetterlo: ho accettato la raccolta per via dell’autore; Daniele Catalucci è un musicista, un bassista, ed io ho sempre avuto un debole per questo strumento e per gli scrittori che comprendono la musica. Usano attenzioni diverse per l’uso della parola, i suoni che si assecondano sono più scorrevoli e funzionano di più.

Anni fa pensavo fosse una mia fissa, però noto che non è una regola eppure funziona. Divoriamo questi dialoghi perché tutto suona naturale, anche quando può esserci un segmento più arzigogolato, un vero piacere.

Aggiungo che il basso in Spamalot, il musical dei Monty Python trasposto in Italia da Elio e Rocco Tanica, è suonato proprio da Daniele.

Come vediamo dalla copertina e dal titolo, chiocciola e cancelletto sono rilevanti per il volume. I personaggi proseguono i loro discorsi con questi due simboli di riconoscimento, alternarsi di voci col contrassegno grafico più vicino al mondo del web. I testi giocano anche con le situazioni quotidiane, come ad esempio gli errori del t9 che ormai diventano naturali, perché tutti conosciamo la scarsa propensione alla parola giusta da parte del noto correttore automatico che un tempo ti mostrava agli occhi degli altri come un individuo scarsamente alfabetizzato che dovrebbe comunicare solo in forma orale.

Maestre, bambini, invalidi civili, tassisti, registi, nonne e musicisti Vivono le proprie vite mentre un carismatico bassista spia e trascrive pezzi di vita.

Menzione d’onore per l’ultimo racconto, Tre e mezzo, dialogo dell’autore con sé stesso. È una riflessione dello scrittore che, come nel solco degli altri testi, mostra la facilità con cui i dialoghi mantengono uno stato liquido e si finisca spesso di parlare d’altro pur rimanendo sullo stesso punto. Ciò accade sempre, anche quando è fondamentalmente una sola persona a palleggiarsi la parola. Liberi di perdervi nei meccanismi dello scambio comunicativo, perché è davvero sfizioso ricercarne i meccanismi, specie se scritti in modo così scorrevole e studiato.

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

Lascia un commento