Sbagliare l’uscita dell’autostrada può comportare l’incontro con personaggi a dir poco stravaganti. La fretta e la pioggia portano sempre cattivo consiglio, infatti cerco sempre di non guidare durante un temporale di notte, perché sicuramente rischio di vivere una esperienza ai limiti di quella di Mary Crane.
Se dovete rubare una somma considerevole di denaro, vi consiglio di salire sulla vostra auto e pernottare per una sera al Bates Motel gestito dal protagonista di Psycho, scritto da Robert Bloch. È un modo sicuro per far perdere le proprie tracce!
Questa recensione nasce perché volevo mettermi nuovamente alla prova e capire se anche in questa occasione avrei preferivo il film al libro originale. Ebbene sì, con Le streghe di Eastwick mi è andata davvero male.
Ci sono molti lettori fanatici che ritengono sia un affronto leggere il libro dopo aver visto il film e che il secondo non potrà mai essere migliore dell’originale. In questo caso mi trovo a non riuscire a prendere una decisione perché meritano entrambi, in egual misura.
Loris Tazzi, nella postfazione all’edizione de IlSaggiatore ci racconta di come spesso le trasposizioni cinematografiche possano distruggere il romanzo-matrice; la pellicola di Hitchcock è magnifica e su questo non si può discutere, però il romanzo ne ha risentito moltissimo cadendo nel dimenticatoio. Sempre Tazzi racconta di come molti storici del cinema ritenessero il romanzo di Bloch come un breve racconto pubblicato su una rivista anonima e di come questo abbia avuto successo poiché Hitchcock ha saputo cogliere il potenziale. Bloch è stato un noto autore di racconti horror, Lovecraft il suo mentore, e la sua produzione ricalca anche gli stilemi tipici di Poe. L’edizione del IlSaggiatore contiene all’interno anche un estratto dell’intervista tra il maestro della suspense e il noto Truffaut, quindi da avere assolutamente!
Tornando a bomba, Psycho (1959), con la sua narrazione molto cinematografica, introduce tematiche torbide che diventeranno caratteristiche spesso essenziali nel genere, come il travestitismo, necrofilia, matricidio e voyeurismo, sconvolgendo il vasto pubblico. Senza considerare il complesso di Edipo che spinge il protagonista nelle sue azioni! In questo caso il protagonista, Norman Bates, ha un rapporto di possessione, odio e dipendenza da madre Norma ma vorrebbe tanto uscirne fuori.
«La psicologia non è disgustosa, mamma!»
«La psicologia, certo! Te ne intendi molto di psicologia, tu! Non dimenticherò mai tutte le oscenità che mi hai detto quella volta, mai!
Un figlio che si rivolge in quel modo alla madre!»
«Stavo soltanto cercando di spiegarti qualcosa. Lo chiamano “complesso di Edipo”, pensavo che, se fossimo riusciti ad affrontare il problema in maniera sensata, se avessimo cercato di capire, forse tra noi le cose sarebbero cambiate in meglio.»
«Cambiare, piccolo mio? Non cambierà mai niente. Puoi leggere tutti i libri di questo mondo, resterai sempre lo stesso.»
A Norman Bates non piacciono i cambiamenti, sono come una minaccia. Ha bisogno della sua routine e dei suoi luoghi familiari. Fino alla fine del romanzo non sei del tutto sicuro che i dialoghi nella famiglia Bates siano reali o il frutto della schizofrenia del protagonista. Penso sia anche per quello che Hitchcock cercò in tutti i modi di togliere dal commercio le copie del libro prima dell’uscita del film nelle sale, o semplicemente è una bellissima storiella che viene raccontata nel film Hitchcock (2013) con Anthony Hopkins.
A differenza del film, nel libro è possibile cogliere meglio il conflitto interiore che spacca in ben tre personalità la figura di Norman Bates:
– l’io bambino che non riesce a fare a meno di sua madre e per cui ha un rapporto di dipendenza;
– l’io adulto consapevole di quello che ha fatto e dei grossi traumi che cela sottopelle per colpa di sua madre – si sente insicuro nel rapportarsi con le donne provando quel senso di frustrante impotenza e da lì la perversione da occhio lungo;
– la personalità della madre Norma Bates che si è fusa con la sua e che lo punisce quando pone lo sguardo su un’altra donna al di fuori di lei – da lì la nota scena della doccia che conosciamo bene tutti.
Il protagonista non riesce a distinguere ciò che commette lui da ciò che presumibilmente ha commesso sua madre; qui nasce il suo senso di protezione (occultando i cadaveri delle vittime). Qual è la realtà di Norman Bates?
Una rete intricata e ben costruita, affascinante anche per chi ha già visto il film; ed è imperdibile per chi, stranamente, non conosce ancora l’opera di Robert Bloch.