Prendila come viene di Aurélie Valognes, edito da Sperling & Kupfer, in libreria dal venti luglio di quest’anno.
Devo dire che tra me e la copertina è stato amore a prima vista. Datemi una copertina al sapore d’estate e io ne resterò sicuramente colpita, si vedano gli esempi quali: Sunday summer stories, Un’estate fa e Nonostante tutto.
In ogni caso bisogna dire che la Sperling & Kupfer sta facendo un ottimo lavoro con le copertine per i libri di Aurélie Valognes perché anche quella di Non c’è rosa senza spine, altro suo romanzo edito dalla stessa casa editrice, è davvero bella.
Di Prendila come viene mi ha fatto ben sperare anche il titolo, e ho pensato subito alla perfetta storia estiva. In questo periodo ne sto leggendo molte, familiari e ambientate in Francia, a quanto pare. Ma va bene così, mi piace quando si crea un fil rouge che non ero intenzionata a tendere.
Mi pare quasi inutile dire che la lettura si è rivelata molto di più. Non conoscevo Aurélie e le sue storie, ma cominciare con questa è stata un fortunata coincidenza. Il racconto comincia nell’estate del 1968 a Granville, sulla costa della Normandia.
All’apparenza è la storia di Jean, un bambino di sei anni che vede stravolta la realtà che conosce per trasferirsi dalla nonna Lucette.
Durante la prima parte della narrazione il racconto ha sì i toni tristi delle vicende di Jean, la cui madre lo ha lasciato alle cure della nonna, con la vana promessa di venirlo a riprendere. E del padre che non vede mai. Eppure la sua infanzia trascorre serena, con sua nonna Lucette, in una routine consolidata fatta di scale, saliscendi continui, bagni freddi, domeniche al cimitero, messe e catechismo. È un bambino felice, circondato dall’amore dei cugini, degli zii, ricette di famiglia, pomeriggi al mare.
Il romanzo, in questo suo cominciare, conserva tutti i sapori di un libro estivo, un libro dell’estate, sui ricordi legati alla vita che si semplifica durante le vacanze, il sole di Normandia, la semplicità dei pasti, la vita dell’anziana Lucette che deve adeguarsi di nuovo ad avere un bambino in casa. E che bambino, poi; Jean è un sognatore, sempre con testa per aria e le ginocchia a terra, a seguito di uno dei suoi capitomboli. Ma più di tutto, Jean è un gran chiacchierone, gli piace fare un sacco di domande, cosa che metterà a dura prova la pazienza della nonna!
Procedendo con la lettura, ci viene offerto un quadro più ampio, se all’inizio tutto si gioca sui sentimenti del bambino ˗ che sebbene si stia ambientando felicemente a Granville, soffre per la separazione dalla madre, che da quando lo ha lasciato per andare a Parigi è scomparsa dalla sua vita ˗ nella seconda parte del romanzo, forse contemporaneamente alla crescita di Jean, al suo lasciare l’infanzia, possiamo vedere come la figura di Marie, la madre fuggitiva non è il demone che credevamo.
Non tutto può essere o bianco o nero, ci sono delle sfumature che un bambino non può vedere, ci sono colori intermedi che un uomo non può vedere. Ci sono toni medi che solo un pioniere può vedere.
Marie voleva di più, forse, tra le prime cose voleva la libertà di scegliere per sé stessa. La libertà di non dover sottostare ai modelli della società, di moglie e di madre, oppure di donna egoista.
La libertà, soprattutto quella del corpo, è quella che Marie attende di più, libertà di scegliere. La madre di Jean morirà nel gennaio del 1974 a trentatré anni di setticemia, dopo un aborto clandestino. E quella libertà tanto sognata la Francia la conquista un anno dopo nel gennaio del 1975, per dare una possibilità a tutte quelle donne che fino al quel momento non avevano potuto scegliere.
Ho dovuto farvi questo spoiler, per farvi capire in che modo Aurélie Valognes, in Prendila come viene, riesce a capovolgere sempre le situazioni, a mostrarci tutto lo spettro dei colori e spostarcisi tranquillamente su e giù seguendo gli alti e i bassi della vita.
“Così va il mondo, Jean. Quelli che più amiamo vanno e vengono, arrivano e ripartono e ogni volta ti strappano via un pezzo di cuore. Ma mica vorrai rinunciare ad amare, per la paura di dover soffrire un po’, vero? Tanta felicità non vale forse una piccola stretta al cuore?”
“Ma a me fa tanto male andare via. Separarmi di nuovo! […]”
“Non si possono scegliere gli imprevisti della vita, bambino mio. Prendila come viene, spesso è la scelta migliore.”
“È la fede, nonna?”
“No, è la vita.”
Dietro il racconto delle peripezie di un bambino, tra le sue gioie e i suoi dolori, c’è quella di sua madre, altrettanto instabile, altrettanto triste, senza poter neppure contare sulle rassicuranti cure della nonna.
No, Jean è al sicuro, Marie lo ha visto bene e, ancora una volta, andando via gli affida il futuro. Un futuro che cambi e che sia migliore, non solo per sé stesso, ma per tutti i Jean e le Marie che verranno.
Perché anche loro, alla sera, tra il profumo di biscotti e quello di cedro, possano sentirsi finalmente a casa, come con la mamma. Come Jean.