Siete stanchi di scrittori francesi con contaminazioni iberiche e di scrittori iberici con contaminazioni francesi, di trame su ricerche identitarie in famiglie problematiche?
Io no.
Ho scelto di leggere Portugal di Cyril Pedrosa perché mi sono innamorata dei colori, del sole che batteva su quel balconcino ingombro di piante, al Barrio Alto, vicino al centro di Lisbona; proprio come mi è successo per Nonostante tutto.
Storie che si affacciano sul mare, sulle campagne, dove il sole alto illumina tutti i colori facendoli brillare come ricordi.
Ricordi di passeggiate, corse al fiume, pic-nic, gite in famiglia concluse tra acquazzoni e litigi. E una volta che questo filone tematico si è dischiuso ai miei occhi con Un’estate fa, non ho più avuto intenzione di fermarmi. All’urlo di: “Il mondo è miooo…” ah, no, no, com’era, Pedrosa ha partecipato all’animazione dei lungometraggi de Il gobbo di Notre Dame e di Hercules, quindi sarebbe meglio: “Ora tocca a me, ce la devo fare!”, continuo a gettarmi in queste letture una tavola dopo l’altra.
Ci sono molti punti in comune tra gli episodi della famiglia Faldérault in Un’estate fa e quelli della famiglia Mucha(t) [che ha questa t con la tendenza a scomparire e riapparire come la s in Bookrider] in Portugal.
Ma “tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.”, Ci insegna Tolstoj (noi Tolstoj sul sito non ce l’abbiamo, ancora, però se state cominciando ad approcciarvi alla letteratura russa Aniello Di Maio ci parla di Dostoevskij qui). Ed è assolutamente vero.
Quello del nostro protagonista, Simon, è un viaggio all’interno, della sua anima e di tre generazioni della sua famiglia.
Alla ricerca di una verità assoluta, una risposta a tutte le domande, quelle concrete: perché nonno Abel non è mai più tornato in Portogallo? E quelle più astratte, alla ricerca della prima crepa sulla quale è cresciuta una famiglia che continua a sgretolarsi.
Le famiglie sono sempre complicate, anche prendendo in considerazione un solo ramo.
Il nonno paterno di Simon, Abel Mucha (a cui l’impiegato comunale aggiungerà erroneamente una t) emigra dal Portogallo e si trasferisce in Francia, dove con la fatica e il lavoro riesce a dare ai suoi figli migliori prospettive di vita.
Simon non conoscerà mai suo nonno, ma vivrà sempre nel suo ricordo, proprio perché questo influenza anche da morto il comportamento dei figli.
Attraverso i racconti, i litigi, le recriminazioni dei suoi zii, i battibecchi tra i fratelli, si accende la voglia di ricostruire un passato a cui non aveva mai dato peso. E per farlo arriverà fin nel cuore della sua storia, dove tutto ha avuto inizio a Marinha da Costa.
Nei capitoli di Portugal impariamo a conoscere anche Simon, che nella sua eterna indecisione ci ricorda suo padre Jean. Simon conduce una vita da mediano, in finto equilibrio, un po’ perso, abbandonato dalle sue passioni. Abitare in Portogallo gli restituirà una parte della felicità che credeva di aver perduto.
Quando si parla dell’interiorità del protagonista, delle sue emozioni, la storia ha un andamento che mi piace molto, i giorni felici hanno il sapore della conquista e possono essere seguiti da ricadute, proprio come negli alti e bassi della vita, rende la narrazione veritiera e ci si può riconoscere nelle sensazioni del personaggio.
Paesaggisticamente parlando, se la Borgogna vi piacerà, il Portogallo vi catturerà con il suo calore, il sapore d’estate.

I cugini portoghesi vi faranno sorridere, hanno per Simon quelle premure che si rivolgono nel Sud Italia al parente emigrato più a nord. Lo riempiono di attenzioni, di frutta, di verdura, gli affibbiano un microonde, perché non si sa mai, e a nulla serve protestare.
A Marinha da Costa si conoscono tutti, sono tutti parenti, cugini, lontani cugini, le notizie arrivano prima di te e quando passi per la strada tutti ti chiedono se sei il nipote di Teresa, quello francese. È divertente, è un’umanità che accomuna e rinfranca, ti fa pensare che alla fine è vero che ogni mondo è paese.
In questa atmosfera familiare, che Abel aveva lasciato, arriva Simon, con le sue domande, alle quali, alla fine chissà se troverà delle risposte, e poi, è davvero così importante riuscire a trovarle?
Chissà perché Abel non è mai tornato, e chissà perché a Simon ha fatto così bene ritornare, ognuno di noi cammina sul filo sottile delle sue fratture, per alcuni è bene allargarle, per altri ricucirle.
La ricerca della propria identità è un percorso difficile, farlo in una famiglia numerosa può esserlo ancora di più. Portugal è assolutamente consigliato se volete ridere, se volete piangere, se volete rivedere un po’ di voi stessi, se avete bisogno di un’ispirazione, come quella di Simon, e se la storia proprio non dovesse piacervi, almeno vi resteranno le tavole di Cyril Pedrosa da ammirare, di quello non potrete mai stancarvi.
Sarà comunque la scoperta di una nuova storia, o un nuovo artista, ma dovunque questo vi porti, l’importante è che restiate sempre voi stessi.
