Nosferatu – Paolo D’Onofrio : recensione

Come dicevo per Un Chien Andalou, il corto di Buñuel e Nosferatu sono i miei film muti preferiti (pari merito). Il conte Orlok è, anzi, il miglior Dracula messo in scena. Se ho la passione per i vampiri, è colpa di questo film – e ne ho visti parecchi, al punto da farci una top/flop.

La pellicola era così vicina alla storia di Bram Stoker che non basto il “liberamente tratto da”. Florence Balcombe, la vedova dell’autore, era in ristrettezze economiche e non aspettava altro. Per non pagare diritti e multa annessa, la Prana Film dichiara bancarotta con un solo lungometraggio all’attivo.

moglie bram stoker

Come potete ben vedere, Florence è a capo chino per il mancato incasso, ma sorride perché ha ottenuto la distruzione di tutte le copie. Per fortuna le leggi internazionali avevano, tra le caratteristiche più evidenti, la scarsa cooperazione; quindi Nosferatu è sopravvissuto. La cosa divertente è che il film è così bello che avrebbe incassato parecchio, e se la Balcombe non si fosse impuntata ci sarebbe stato del guadagno; lo ebbe comunque grazie alla Universal.

Federico Guglielmo Murnau

Murnau è un regista con gli attributi, come vediamo dalla foto in cui è seduto sul suo scroto angolare da quattro posti. Sì, nello scatto sta giudicando. Forse te, che in questo momento stai pensando che la vedova di Stoker aveva ragione al 100%.

Oltre la regia e la storia, grande merito del successo di Nosferatu deriva dall’enorme bravura del protagonista Max Schreck. Veniva sul set già truccato e rimaneva nel personaggio del conte Orlok durante tutta la permanenza negli ambienti delle riprese. Le leggende sul suo essere realmente un vampiro sono talmente tante che alla fin fine sappiamo pochissimo di lui. Potete ad esempio guardare l’opera più famosa sull’argomento, L’ombra del vampiro.

La trasposizione fumettistica di Paolo D’Onofrio è molto rispettosa, e restituisce le atmosfere ombrose dell’originale. È anche un’occasione per godere del film come se si tenesse uno storyboard tra le mani, ma col gusto della narrazione.

Mi sono accorto, insegnando, che le nuove generazioni sbuffano (non tutti i ragazzi, ovviamente) appena scoprono di dover vedere un film muto o in bianco e nero. Questa può essere l’occasione per godere di un capolavoro seppur in altra forma; spero che la NPE commissioni un Gabinetto del dottor Caligari, ché ce n’è bisogno.

Ho portato il volume di Paolo D’Onofrio in classe e nel giro di una settimana la maggior parte degli studenti ha recuperato il film di Murnau. Una vittoria su tutti i fronti.

Se anche voi siete in quella parte di popolazione che ancora non sa di amare Nosferatu, lo trovate QUI (che ora i diritti sono scaduti). La mia ossessione per Werner Herzog spinge per consigliarvi il suo remake, dove ci sono Klaus Kinski, Bruno Ganz e quel genio di Roland Topor (amico di Jodorowsky, attore per Nichetti, autore de L’inquilino del terzo piano, e questa è la superficie).

Il volume è in partnership con Nocturno, l’unica rivista di cinema che consulto ormai da non so più quanto tempo, ma basterebbe vedere l’uscita del numero su Jess Franco. Horror e una pellicola che rischiava di diventare un film perduto, accoppiata perfetta per la redazione. Chi non si abbona è un Renfield!

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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