Non tutti gli alberi di Gianmarco Parodi è un romanzo bellissimo, catartico, come una grossa e ruvida carezza.
La storia di Alice che, in compagnia di Giuseppe, da Sanremo si inerpica tenacemente verso la Francia, verso Abrigue, nello stesso modo in cui scalerebbe i sentieri per le vette intorno a San Bartolomeo.
Zaino in spalla, che man mano si riempie di segnali raccolti lungo il cammino. Alice cerca suo padre, partito per la Francia, e perso nei suoi amati boschi.
Non tutti gli alberi è una storia piena di sofferenza. Un dolore sottile, di quelli che ti portano a chiederti quanti ragazzini di undici anni , oggi, ora, nel mondo stiano soffrendo.
Dolori, ingiuste, separazioni, affrontando da soli viaggi e prove che, forse, la vita poteva aspettare ancora un po’ a somministrare.
Ti viene quasi da pensare, sorridendo, che in fondo Harry Potter è stato molto fortunato a ricevere una lettera che lo ha condotto fuori da un buio sottoscala.
Ma per molti quella lettera magica non arriva e resta tutto il buio di una notte da riscaldare.
Alice è una bambina che ama suo padre, e ne è ricambiata. Hanno un rapporto meraviglioso, simbiotico, talmente esclusivo da intralciare lo sviluppo di un legame affettivo migliore tra la bambina e sua madre.
E forse questa figura paterna perfetta, forse troppo, rispetto alla madre è l’unico neo del romanzo. In fondo siamo tutti esseri umani e non esiste il nero e il bianco, il buono e il cattivo. Ma bisogna sempre tenere a mente che il racconto è filtrato dagli occhi adoranti di una bambina verso un buon padre e dunque in quest’ottica tutto viene ridimensionato.
Ad unire maggiormente padre e figlia è la loro natura un po’ ispida e selvatica, l’amore per la natura, gli alberi e i boschi. Persi nelle loro passeggiate, nei sentieri montani, che spesso escludono la madre, o a trascorrere molte ore fianco a fianco nell’ortogiardino.
Inutile dire che la concezione di ortogiardino con la parola specifica che lo rappresenta mi è entrata nel cuore ed ora lo vorrei anche io, sebbene io abbia un pollice tutt’altro che verde.
Il rapporto tra i due genitori è invece molto teso, come spesso può capitare a due spiriti molto diversi che stanno insieme da molto tempo. La tensione tra i due raggiunge il suo punto di rottura proprio quando Marco, padre di Alice, decide di partire come taglialegna.
Alice vive da subito molto male l’assenza del genitore preferito e incolpa quello rimasto. Fino a quando quest’assenza temporanea diventa definitiva con l’arrivo di una telefonata che annuncia la morte accidentale del padre.
Inizia così la fase del lutto, e della negazione. È una narrazione molto intensa e coinvolgente. È un viaggio, questo di Alice, attraverso il dolore e la negazione, la ricerca del genitore fin nei boschi di Abrigue che tocca l’altro.
Lasciata la bolla felice della sua esistenza, la protagonista si avvicina all’altro, in un certo senso al diverso, diventa più attenta al dolore degli altri. Ed è cosi che incontra Giuseppe, compagno di banco prima e di viaggio poi. Orfano, con tante paure, poche risposte ma la certezza di non voler più lasciare casa della nonna.
Giuseppe ed Alice sono due solitudini che si incontrano e si scontrano, diffidenti, testardi, restii a confidarsi, ma per questo profondamente legati, pronti a sostenersi nel momento della necessità. Durante il loro viaggio, che non è poi così lungo, ma sicuramente difficoltoso e rocambolesco in un mondo che non è fatto a misura di bambino, incontrano tante umanità diverse, impareranno a fidarsi, oltre la paura dell’ignoto, e scopriranno che tout le monde vuole andare in Francia, ma che per alcuni il confine diventa insuperabile.
La storia di un viaggio di ricerca si fonde con le storie dei viaggi di speranza dei profughi che cercano tra povertà e pericoli di attraversare il confine italofrancese, intimo spaccato di grande dolore e umanità.
Non tutti gli alberi è una storia dietro le cui fronde scure si nasconde tanta speranza, non solo nell’accettazione e nel superamento del dolore e del lutto, ma del ritorno. Di una presenza costante dell’estinto accanto a noi sulla terra, in un’altra forma.
[…] la terra ci riprende tutti ma ci restituisce anche tutti un giorno, basta non smettere di cercarci.
Forse, ad esempio, Non tutti diventeremo alberi, speriamo sempre di riuscire a riconoscerci.