Il bello del compiere delitti non è relegato al singolo atto nefando, ma è anche in tutte le sfumature che vi ruotano intorno. Lupin punzecchia Zenigata da vicino, travestendosi senza farsi riconoscere. Light e Elle continuano a sfruculiarsi a vicenda per buona parte di Death note.
Patrizio Bati ci provoca pubblicando un libro.
La storia di Noi felici pochi è in prima persona e descrive un tipo di società esistente, ben in vista, ma da un’angolatura reale e inedita per la letteratura contemporanea italiana, quindi fresca artisticamente. La narrazione si articola in frequenti rewind/fast forward in montaggio alternato in modo sapiente e ragionato, al punto da sembrare più naturale di quelli effettuati in postproduzione nel cinema: non si ha mai l’impressione di una forzatura, e si viene catapultati da un evento all’altro folgorati dal turbine di accadimenti della storia protagonista e dei frammenti del passato dei personaggi.
Nelle scene di violenza descritte in questo libro, tutte le persone di cui si parla sono state realmente aggredite e malmenate.
La frase con cui ci viene presentato il romanzo campeggia ormai in tutte le recensioni del suddetto, e noi non siamo da meno. Dopo una dichiarazione del genere, ogni cosa letta prende una piega completamente diversa. Si aggiunge al titolo citazionista, ma che contiene una doppia lettura: il lettore da monocolo avrà probabilmente comprato il volume esclamando un «Qual gaudio! Il supremo Bardo! Se la memoria non mi trae in inganno dovrebbe essere il monologo di San Crispino dall’Enrico V, atto IV!»; i lettori che sono soliti leggere ritti sulle gambe, talvolta a braccio teso (ah, dannata presbiopia…), avranno colto un secondo livello, una chiave meno conosciuta della cultura italiana, ovvero il ritornello della canzone “Noi pochi” di Gabriele Marconi.
I lettori nel mezzo non devono sentirsi in difetto, perché l’autore ha avuto la premura di spiegare tra parentesi quadre ogni elemento divisivo per cultura o generazione. Di questo lo ringrazio molto, perché io non ci riuscirei mai. Anzi, oggi le citazioni vengono usate appositamente per dividere e riconoscere chi ci è vicino e chi non lo è.
La storia è semplice: un gruppo di amici della Roma bene sono abituati a una vita di violenza ad uso ricreativo. Un incidente in auto farà vacillare i sodalizi e scoprirà diversi altarini e voltafaccia della banda. Questo ovviamente per farla breve, ma in Noi felici pochi c’è molto di più e mi auguro lo scopriate al più presto.
Il romanzo è forte, laido, sporco, cattivo, ovvero bellissimo.
Lo stile è preciso, non c’è mai una parola di meno o di troppo, e bastano dunque pochi tratteggi per entrare nella dimensione del racconto. Il linguaggio è salace ma mai gratuito.
Resta da capire solo un ultimo dettaglio legato a Noi felici pochi: chi è Patrizio Bati?
Lettori con più memoria della mia hanno trovato in questo nome una trasposizione del Patrick Bateman di “American Psycho”. Io sono un pessimo indagatore e posso dire tuttalpiù che, complice un mio personalissimo gusto per le stranezze, ha un profilo facebook bellissimo.
È certo però che dietro questa firma si cela un formidabile scrittore, esordiente o no.
E ne voglio ancora.