Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia è un ottimo lavoro fin dal titolo. Zerocalcare è un abile scrittore citazionista, e il rimando è ovvio: quel Niente di nuovo sul fronte occidentale, la storia di un soldato tedesco durante la prima guerra mondiale. Come lui, anche il fumettista è sempre in trincea. Nelle 200 pagine del volume ne troviamo quattro già apparse su rivista (Internazionale e L’Espresso) più un inedito.
Lontano dagli occhi lontano dal cuore parla della situazione carceraria durante il lockdown. Ricordate le rivolte? Proprio quelle. La capacità di Zerocalcare è quella di empatizzare e far empatizzare, ed è per questo che è difficile fermare la lettura quando si ha in mano un suo fumetto.
Una metà della mia famiglia indossa la divisa, conosco la storia da un punto di vista, mentre qui leggo le parole di chi è dall’altra parte della barricata. È sorprendente vedere quante ragioni ci siano da tutte le parti, e quanta mala organizzazione ci sia in un impianto statale del genere (come solito nell’ambito pubblico, allargando la visuale). Pochi secondini, ma sono ancor meno medici e psicologi. Per questo mancano tanti presupposti per vivere dignitosamente. Purtroppo il titolo della raccolta risulta oltremodo veritiero: niente di nuovo sul fronte di Rebibbia. Per tacer dei vertici della penitenziaria, e per proseguire vi conviene leggere la storia.
Romanzo sanitario è l’altro lato di Rebibbia quarantine, dove anziché le vite quotidiane esploriamo la parte sanitaria e amministrativa dell’ormai noto periodo in cui non abbiamo capito nulla per un paio d’anni, proprio come accadeva prima ma con una scusa quasi planetaria.
Il presidio sanitario pubblico di Villa Tiburtina era una ASL importante sul territorio. Dopo diversi tagli alla sanità, è rimasto inutilizzato, una struttura immobile anche se necessaria. E adesso gli abitanti del quartiere devono viaggiare (sì, ogni spostamento a Roma è un viaggio) pure per controlli di base. Giustamente i privati hanno fiutato l’opportunità e sono accorsi come avvoltoi o, come da metafora di Zerocalcare, sono spuntati come funghi. Ancora una volta niente di nuovo sul fronte di Rebibbia.
Con La dittatura immaginaria usciamo da Rebibbia per immergerci nella realtà linguistica e iconica della “cancel culture”. Il problema di questa storia è solo uno: è troppo corta. Sarebbe stato davvero interessante poter leggere una disamina più completa sull’argomento, anche perché Zero sa trattarlo alla perfezione. Ogni tanto la mia impressione era di leggere però qualcosa dove, per ragioni di spazio, sono stati scelti solo alcuni versanti su cui battere. Potrebbe diventare uno dei primi saggi a fumetti, di quelli da avere per forza.
La comodità delle raccolte è che possiamo anche saltare qualcosa. Non gridatemi all’eresia. Non ho letto Kobane calling e volumi affini, quindi preferisco recuperare Etichette dopo il mio prossimo recuperone.
Veniamo quindi all’ultimo racconto, Il castello di cartone, l’inedito del volume.
Sul web ho trovato commenti negativi per l’autoreferenzialità. Su Zerocalcare. Come se queste persone non sapessero che il protagonista delle storie è lui. Forse è perché parla del suo cartone animato? Ebbene, è solo un pretesto per descrivere le sensazioni che viviamo ogni volta che ci troviamo in un progetto. Ritroviamo qui tutti quei mostri che dobbiamo affrontare, ma con esempi tangibili – per cui ci sono le fasi che l’autore ha incontrato con l’ignoto mondo della grande produzione video.
La storia sarebbe fruibile anche senza, difatti, ma consiglio vivamente la visione di Strappare lungo i bordi, recente alfiere dell’animazione italiana, sperando serva a spronare il campo dei cartoni animati nazionali.