Se dovessi provare a racchiudere Neravorio di Marika Campeti in un’unica parola probabilmente questa sarebbe intenso. E non si avvicinerebbe in ogni caso alle sensazioni che smuove.
Quando ho cominciato la lettura di Neravorio mi aspettavo un giallo, un mistero. Quello che ho trovato, in più, è stata una dolorosa pagina di storia italiana.
Marika Campeti ci racconta una storia di fantasmi, che si dipana sotto gli occhi di Davide che nel 2019 scoprirà quanto il passato, che crediamo lontano, sia invece recente e come i suoi effetti si ripercuotono ancora oggi.
In Neravorio si muovono tanti personaggi ed è difficile parlarvene senza rovinarvi un po’ il piacere della lettura, in ogni caso proverò a dirvi solo quello che anche durante la lettura è facilmente intuibile.
Abbiamo due famiglie, quella di Davide, che comprende suo fratello Mauro, sua madre Cinzia e suo padre Giovanni. E quella di Adele, con sua figlia Maria.
Le storie si svolgono e si intrecciano su più piani temporali. E il passato che si ripercuote sul futuro ci mette davanti alla consapevolezza che nulla resta indietro.
La storia di Adele comincia nel 1944 durante gli episodi di violenze di massa conosciuti come “le marocchinate”. Adele, che è il mio personaggio preferito, una donna dall’immensa forza d’animo e con un sentimento d’amore, se possibile, ancora più grande nel cuore. Per me, all’interno della storia è come un moderno Omero, cieca, ma veggente, vittima ma anche salvatrice. Figura salvifica al centro di questa intricata ragnatela.
Come conseguenza delle violenze subite, Adele perde la vista e resta incinta, ma decide di crescere e di amare la sua bambina Maria.
La storia di Maria si allaccia a quella di Cinzia e di Giovanni nel 1974, dopo il suo trasferimento a Terracina. Lei, la diversa, con la pelle sempre troppo scura. E cosa succede quando una ragazza fuori posto incontra una comunità di giovani artisti hippie, che sognano di cambiare il mondo?
Nascerà forse l’amore tra i membri innovativi e senza pregiudizi di questa comunità?
Neravorio non è un libro prettamente felice. Ma è un libro che fa riflettere, non solo sull’imprevedibilità della vita, sulle sofferenze della guerra ma anche sul destino delle donne.
Le donne con i loro dolori sono le grandi protagoniste di Neravorio. Adele, Maria e Cinzia, tutte legate dall’amore e dalla maternità, tutte con esperienze diverse. Eppure, in modi diversi, tutte spaventate. Sole davanti alla giustizia, sole davanti alla società.
Ma torniamo a parlare di date: all’interno del libro, oltre a quella di Adele, troveremo un’altra violenza, avvenuta nel 1974, impunita, e non denunciata; se pensiamo che in Italia lo stupro viene riconosciuto reato contro la persona solo nel 1996! Prima di questa data veniva considerato come delitto contro la moralità pubblica e il buon costume, come se le conseguenze di una violenza fossero solo di stampo moralistico.
Di fatti, per mettere a tacere le altrui moralità difronte ad una donna abusata, si poteva provvedere con un comodo matrimonio riparatore.
L’atmosfera di preoccupazione verso quelle che potrebbero essere le reazioni della società, e della moralità degli altri, permeano le pagine del libro ancora nel 1974; anche se già nel 1965 troviamo grandi esempi di un’inversione di rotta come quello di Franca Viola, che rifiuta il matrimonio riparatore, rifiutandosi quindi di sposare il proprio stupratore, perché è di questo che stiamo parlando.
Quello che infatti accomuna Cinzia e Maria, in un punto della narrazione, è proprio questo, donne sole che la società è pronta a giudicare per i loro gesti, presunti o subiti. E ancora una volta, anche se sono passati quasi dieci anni dal coraggioso gesto di Franca Viola, nessun pensiero ti mette più al sicuro di un matrimonio.
Neravorio ci mette davanti a storie di famiglie ordinarie, storie sofferte. Personalmente mi ha portato a riflettere su quanto sia importante perseguire, ogni giorno, il cambiamento. Non solo in previsione del futuro, ma anche affinché i dolori del passato non si ripercuotano sulle generazioni future.
La lettura di questo libro è stata appassionata ed avvincente, i personaggi sono reali, credibili, ed io non posso che consigliarvelo; anche perché di più non potrei proprio dirvi senza rovinare un po’ quello che è il mistero dentro alla trama.
Unico rimando che posso farvi è al libro di Sabrina Prioli, Il viaggio della fenice, dove l’autrice fornisce la sua diretta testimonianza su cosa vuol dire essere vittima di violenza.
Perché il capitolo non è affatto chiuso e riguarda oggigiorno e ogni giorno tantissime donne in ogni parte del mondo.