Monte Uccellino – Marco Bosio : recensione

Monte Uccellino è idealmente un paese del Piemonte – ce lo svela l’autore Marco Bosio nei ringraziamenti – che assomiglia a tanti altri paesini dello Stivale, con tanti anziani che vivono esistenze ormai collaudate e dove le novità sono tendenzialmente malviste. Per queste sue caratteristiche potremmo dire che il suo principio di esistenza sia situato un passo più in là delle teorie partecipatorie: non esiste, come detto a pagina 238, ma in virtù di tutti gli altri piccoli borghi italiani potrebbe anche trovarsi da qualche parte sulle cartine geografiche.

Monte Uccellino è uno di quei posti che sembrano fermi nel tempo, dove raramente ci sono incursioni dall’esterno; la Chiesa è centrale per le anime del luogo e tutto si muove tra le modeste attività locali. I guizzi che ridestano la dinamicità derivano principalmente dal pettegolezzo, che non per forza va caratterizzato come negativo. Lo so, può sembrare strano, ma si tratta solo di una specifica tipologia di curiosità, che è propria dell’uomo.

Protagonista del romanzo è la comunità stanziata nel paese, di cui seguiamo i personaggi che spiccano per diverse motivazioni. Le sorelle Grisetti posseggono il forno omonimo, nutrendo alla base dei pasti i loro concittadini. La terza sorella, furiosamente distaccata dalla famiglia, è invece la perpetua di don Corrado. Dedica quindi la sua vita al nutrimento dell’anima. La sua avversaria principale è Teresa Altariva Marzorati, di cui riprendo la descrizione dell’autore:

Teresa era una donna di Chiesa, devota al Signore e agli insegnamenti della religione. Mai, in vita sua, la fede aveva vacillato, mai l’ombra del dubbio ne aveva adombrato la morale. […] La sua condotta religiosa, da un certo punto di vista, si era sempre dimostrata ineccepibile, ma, d’altro canto, la misericordia divina l’aveva solo sfiorata. Considerava il peccato e il vizio due nemici mortali, in costante agguato, pronti a ghermire l’anima del cristiano.

Se però la Chiesa sollecitava al perdono e alla carità, la donna pareva essersi fermata ai tempi di una Chiesa molto meno tollerante nei confronti di chi usciva, anche se di poco, dal retto sentiero tracciato dalla mano del Signore.

In poche righe diventa chiaro da subito (siamo nelle primissime pagine) il motivo per cui Teresa e la perpetua vivano in conflitto. Teresa sarebbe, sulla carta, la perpetua ideale. Non perfetta, certo, ma rispecchia in forma umana tutti i valori biblici. Suo marito Camillo è l’ex maestro della scuola elementare di Monte Uccellino, e tutti gli vogliono bene nonostante la sua “dolce” metà. Proprio questa coppia è il motore del romanzo.

Don Corrado è incuriosito dalla fede di ferro al dito di Teresa. Nulla di strano, vista l’età della signora. Potrebbe trattarsi di uno degli anelli sostitutivi per “l’oro alla Patria”. Pirandello donò addirittura la medaglia del Nobel, per sostenere la nazione. Complici però l’occhio lungo del parroco e le sue ottime conoscenze storiche, subito notiamo che manca la dicitura ORO ALLA PATRIA – 18 NOV.XIV. Da qui partono le indagini del parroco. Una donna così religiosa con una fede falsa? Striderebbe con la Fede dall’iniziale maiuscola.

Parallelamente avvengono certi accadimenti difficili da definire se non con una parola che, a seconda del personaggio del romanzo (o lettore del libro) può instillare diffidenza o risvegliare il credo: Miracoli. Ciò diventa sempre più singolare in un posto come questo.

Il minimo fatto fuori dall’ordinario, anche se di poco, veniva ingigantito e promosso a pettegolezzo. Una pratica non inusuale, quella del pettegolezzo, a Monte Uccellino, giacché un po’tutti ne erano, chi più chi meno, maestri; tanto che il nome dei suoi abitanti, gli Uccellini, per una strana coincidenza, sembrava calzare loro a regola d’arte: Nomen omen, sostenevano i Romani.

Misteri, sentimenti e spiritualità sono legati nella bella prosa di Marco Bosio, elegante e ben tratteggiata. Certi brani sono esempi virtuosi nell’uso della punteggiatura, con la loro varietà e forza espressiva.

L’unica nota dolente riguarda me: scettico per natura, ho faticato nell’entrare nella dimensione soprannaturale del libro. In effetti ho mancato la chiave per entrare nello stupore di alcune parti di storia. In ogni caso consiglio il romanzo, edito da La Torre dei Venti, perché la Fede non è una condizione necessaria per assaporare gli avvenimenti del testo. Armatevi piuttosto di curiosità, la più pura, per mescolarvi con la popolazione di Monte Uccellino e seguire il flusso di pettegolezzi fino alla (alle) verità nascoste.

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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