Le immagini che scorrono nella memoria quando sento la parola “pirata” rimandano sempre a uomini rudi e potenzialmente dediti all’alcool, o almeno questa è l’idea che viene dai film e dalle canzoni del mio bagaglio culturale. Forse l’unico esempio lontano dai cliché è il Renato Rascel di Alvaro piuttosto corsaro, comunque di livello molto basso e quindi trascurabile nella filmografia dell’attore torinese.
Il protagonista di Metamare è un pirata senza nome che vaga alla ricerca della sua amata, e trova sollievo solo quando pensa a lei a fine giornata, quando le vele si sgonfiano e termina il lavoro quotidiano. Nelle varie peregrinazioni, tra i marinai della flotta spicca Jorvik, il più fidato, l’unico capace di sognare come il Capitano.
Il sogno è importante per la narrazione, fantastica e spesso onirica, ma lo è soprattutto per il pirata senza nome: lui è pirata e poeta, e quella congiunzione non sta a significare che è l’ultimo vezzo di un uomo dai tanti interessi e poca determinazione (per cogliere appieno vi rimandiamo all’articolo di Parente letto da Stefano Paradiso). Potremmo addirittura invertire i due termini, perché la poesia è il tratto caratteristico del personaggio.
Metamare è un romanzo epistolare dove Senza Nome (si firma così) sfrutta la forza immaginifica della parola per trasportare storie e emozioni all’amata lontana. È aulico ma sempre di facile comprensione, descrive isole e persone tratteggiando, ma i segni diventano pieni grazie alla profondità delle lettere. Nel testo spuntano anche due componimenti poetici, che mi fanno sperare in un universo narrativo espanso con una ipotetica futura raccolta di versi, ma forse sto correndo troppo. Resta il fatto che questo pirata atipico sia capace di sguainare sapientemente la spada come la piuma d’oca, come testimonia lo stemma qui sotto, a opera di Sonia Vannozzi.

Ho inseguito Senza Nome e Jorvik alla ricerca del Druh, il Libro della conoscenza, o mentre erano alle prese con gatti mannari, fino agli incontri che segneranno le svolte narrative, e mi sono affezionato a Jorvik fin dalle prime pagine, come se fosse lui il focus della storia. Solo pensandoci a mente fredda ho capito che il merito è di Moka, l’autrice di Metamare; nel fluire delle pagine, sono entrato in contatto con il Capitano della nave fino a provare il sincero affetto e la stima che il membro dell’equipaggio ha saputo ottenere nel tempo.
Anche Jorvik era in mare ma col cuore altrove: il poeta guida il veliero in ragione dell’amore, e faranno scalo nell’isola dove Jorvik potrà riabbracciare la sua amata. Del personaggio non sentiamo lunghi monologhi, perché spesso parla con sguardi o misurati cenni. Non ruba la scena, ma ne sentiremmo la mancanza qualora non ci fosse.
“Ho sempre considerato Jorvik un grande uomo e io, al suo confronto, non mi sono mai sentito tanto importante. Molte volte è diventato Capitano di questa nave perché io non ero pronto. Molte volte ha dovuto prendere il controllo poiché a me sfuggiva. Molte volte mi son chiesto chi tra noi fosse il vero pirata. Io so esserlo con la penna, raccontandovi le nostre avventure, ma nelle situazioni più critiche è stato lui ad alzare la spada e combattere.”
Il mondo fantastico di Metamare, visibile nella mappa a fine volume, è ricco di avventura, amore e amicizia. La vita viene spiegata con racconti e metafore, parallelismi, come solo i racconti di fantasia sanno fare. Non anticipo altro perché dovrete scoprire voi stessi come andrà avanti la storia, ma scrivetemi subito dopo aver letto l’ultima lettera, la risposta dell’amata del capitano; dev’esser destino: le anime poetiche troveranno sempre il filo che li collega. Spero di diventare il filo che unirà voi a Moka.