Marco Travaglio Zombi & Natale a Gotham – Stefano Rapone

Stefano Rapone entra subito nel cuore di chi lo ascolta, con un certo gusto per l’umorismo nero e una voce che mi ricorda tanto un mix tra Alfredo Cerruti e Filipponio. Oltretutto, come da sua descrizione in Battute?, possiamo definirlo il “volto telegenico di Rai Due”.

È autore, attore, comico e anche fumettista. Il suo unico difetto è che, a vedere quante cose sia in grado di fare, potrebbe causare depressione. Ancora una volta però saprà risollevare gli animi con una battuta, facendoci entrare in un circolo vizioso. Parliamo però della sua attività tra le storie grafiche.

Marco Travaglio Zombi è, in tre parole, un soggetto perfetto. Come nella miglior tradizione, il racconto inizia senza dare spiegazioni sulla trasformazione del giornalista, e la storia prosegue in giro per studi televisivi dove giriamo tra opinionisti e pseudo-lavoratori dell’informazione.

Nove capitoli più uno (extra) dove l’autore dimostra di essere il re dei plot twist, con situazioni truculente come lo sono i protagonisti della storia.

Vittorio Feltri - Marco Travaglio

C’è molto equilibrio tra splatter, divertimento e critica sociale, che spesso coincidono. Il monologo di Antonio Ricci è da incorniciare, anche perché giustamente non è del Ricci originale. I pensieri di Giletti illuminano il lettore, che può prendere coscienza del credo televisivo nonostante il personaggio; messo alle strette, butta giù la sua maschera.

Molte risate partono automaticamente anche in mancanza di battute, da un lato perché qualche brutta fine apporta una buona dose di felicità, dall’altro per la bravura di Stefano Rapone nel riprendere i tic linguistici e non dei personaggi, dagli “Urca!” di Paolo Brosio fino ai ritmi di Greggio e Iacchetti. Questa caratteristica è ancor più importante nell’altro volume dell’autore.

Il corrispettivo dei cinepanettoni, nell’editoria, è molto più deprimente: parliamo dell’immancabile libro di Bruno Vespa, che è comunque meglio delle biografie dei calciatori. Per questo consiglio di regalare, per le festività natalizie, Natale a Gotham. Vi riporto il disclaimer di Stefano Rapone in apertura:

Quello che tenete tra le mani è un fumetto che omaggia due mondi molto belli: quello carino di Batman e quello molto più bello delle commedie all’italiana degli anni ’70-’80 (e anche un po’ ’90 dai). Siccome però qualcuno potrebbe avere dei dubbi, meglio mettere in chiaro alcune cose: Batman è stato creato da Bob Kane e non, come si potrebbe erroneamente pensare, da me. Gli attori famosi ritratti in questo fumetto non sono i veri attori ma dei loro omonimi. Il logo di Batman è stato specchiato per non incorrere in beghe legali. Per le stesse ragioni, il logo di Superman è stato specchiato ben due volte.

Batman sembra aver sgominato tutti i cattivi di Gotham City, ma una volta a casa scopre che la sua realtà sta cambiando forma. In primis lo storico maggiordomo Alfred diventa Manfred, e dopo poco, a Nino Manfredi, si aggiungerà Renato Pozzetto, e via via tutti gli attori della commedia nostrana delle passate generazioni si avvicenda nell’universo del Cavaliere Oscuro. Citazionismo a palate, esattamente ciò che cercavo. Mescolare mondi è in parte la cifra stilistica di Rapone, come abbiamo visto anche nella nota Pezza di Lundini. L’albo è soprattutto un divertissement, ma non mancano le sferzate (che non vi anticiperò per farvi godere la lettura).

In coda ci sono diversi omaggi di altri artisti, come Davide La Rosa o il nostrano Pluc Di Nicola, ma il volume è impreziosito soprattutto dalla prefazione di Alessandro Gori, lo Sgargabonzi. Prima o poi scriverò una tesi di dottorato su di lui.

I due albi sono reperibili sul sito di Stefano Rapone, che è tanto disponibile e fa dediche e sketch ad hoc.

Travaglio - Di Battista

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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