Lingua Madre di Maddalena Fingerle è stato il mio incontro casuale dell’anno. Potrei quasi dire che la conoscenza di Paolo Prescher era necessaria. Nel panorama letterario è possibile fare incontri con personaggi di qualsiasi tipo, ma sono pochi quelli che riescono a colpirti. Lingua Madre è così: la fusione di una lettura leggera e allo stesso tempo profonda, ricca di considerazioni. In questo caso non è un ossimoro accostare questi due termini insieme. Secondo me non verrebbe nemmeno considerata una parola sporca, dallo stesso protagonista.
In questa recensione vi parlerò di Paolo Prescher e di come la sua ossessione per la lingua l’abbia condizionato nella sua vita, sin dalla nascita. Un nome e cognome scelti non a caso dall’autrice, che riesce anche a colpire con le sue parole, anagrammi e considerazioni sulla lingua i cuori di noi nostalgici lettori di formazione umanistica.
In una Bolzano bilingue vive la famiglia Prescher caratterizzata da un padre muto, che soffre di afasia e con l’ossessione dei post-it, un giovane Paolo ossessionato dal lessico, una madre che ha sempre da dire, senza rifletterci così tanto, e una sorella “Schadenfreude”, che in italiano rende benissimo con l’aggettivo “stronza”. Avete presente le persone che godono delle disgrazie altrui? Ecco, proprio quelle.
Lo so che costruendo la frase così potrebbe spezzarsi il discorso, ma la definizione data per la madre a pagina 88 rende benissimo l’idea:
Fremdschämen è un termine che non c’è in italiano, ma con cui riesco a capire tanto di quello che provo per mia madre: significa vergognarsi per qualcun altro.
Mi dispiace, Giuliana Prescher, ma «Le parole sono importanti», come dice Nanni Moretti, e non possono essere usate così a sproposito.
Le parole sono sporche quando si gira intorno a quello che si deve realmente dire. Probabilmente per evitare una shitstorm attorno al suo libro, Maddalena Fingerle ha evitato il discorso resilienza, però Paolo Prescher sarebbe d’accordo con me: ormai è un maledetto sostantivo unto che non si può lavare nemmeno con il sapone di Marsiglia e l’amuchina. Ce l’hanno rovinata.
Le parole non sono solo detentrici di un significato ma hanno anche colori, odori, sapori e trasmettono sensazioni; la parola fragola mette il prurito (N.d.a. chi non si divertiva da bambino a pronunciare senza sosta le fricative e le vibranti?) Globo, per esempio, è un pasto completo, le parole liquide che ti rinfrescano e ti dissetano. Spesso possono andare di trasverso per via della pronuncia. Su questo ne discute anche con il suo amico Jan, sudtirolese di madrelingua tedesca. Gli chiede anche se può insegnargli il dialetto tedesco, con la speranza, forse, di trovare conforto, ma non si può perché il dialetto non si può imparare: è la lingua della famiglia, della tua gente.
Sulla Langue e la Parole si è dibattuto molto, caro Paolo, e la lingua è flessibile e muta in base all’uso che ne fanno i parlanti nel tempo. Io sono della scuola della [ts] di zucchero, che si pronuncia con la sorda di pazzo, anche se le persone la pronunciano più come zero. Va bene la smetto, però, come vi avevo anticipato subito, Lingua Madre di Maddalena Fingerle risveglia dal letargo gli studi tecnico-umanistici di noi lettori. Questo è un buon motivo per leggerlo.
Paolo compie coraggiosamente, a seguito di un evento rilevante, la rinuncia alla propria la lingua madre, cercando asilo nella tedesca berlinese. Crescendo non trova pace. Sente sempre di più il peso delle parole sporche e del fatto che lui non riesca ad adattarsi alla flessibilità che ne fa il parlante della lingua. Non ha molto spirito di adattamento anche se non è la tipica persona stizzita che ti dice “si dice Le-vio-sa e non Leviosà”. Potrebbe essere un ottimo insegnante di italiano, per la sua precisione, o un perfetto linguista negli atenei universitari.
A Berlino incontra Mira che lo comprende, ascolta, e con naturalezza gli restituisce le parole di una lingua madre che si era perduta. Ripulendosi le parole, si ripuliscono i ricordi, i pensieri, i sentimenti. La sua isola felice non dura per molto tempo e, quando torna a Bolzano, si ritroverà a riscontrarsi con tutto ciò che lo aveva spinto a fuggire dopo il diploma, una pioggia di parole sporche che non gli danno pace e da cui non riesce più a pulirsi. Troverà ristoro solo con un metaforico temporale purificatore.
Maddalena Fingerle, con la sua scrittura dosata e curata nel minimo dettaglio, conquista la giuria della 33° edizione del Premio Italo Calvino 2020, quella della 40° edizione del premio Comisso e soli pochi giorni fa quella del 48° Flaiano. Una tripletta veramente stupenda. L’autrice ha confessato sul palco di avere già un qualcosa nel cassetto di cui non si può ancora parlare. Con un inizio così promettente, non possiamo che aspettarci una futura produzione brillante e interessante.