Eccoci tornati con L’età dell’oro vol.2 di Pedrosa e Moreil, lo stavate aspettando?
Come sempre, io più di tutti.
Il secondo volume de L’età dell’oro si apre sotto i più nefasti auspici, tavole scure, mari in tempesta, neve e castelli assediati nella notte.
La situazione del regno non è mai stata così tragica.
Da una parte troviamo Tilda che, accampata sotto le mura del castello di Ohman, cinge d’assedio suo fratello Edward.
Dall’altra, impegnati in una lotta parallela, troviamo i ribelli, il popolo, che guidati dai princìpi di uguaglianza contenuti nel libro L’età dell’oro, vorrebbero ripristinare un mondo senza servi né padroni.
Tilda in questa guerra è sfavorita, il denaro che apparteneva al tesoro di suo padre è terminato, le truppe di mercenari non vengono pagate da mesi, e la loro fedeltà è molto labile. Un’alleanza con i ribelli potrebbe aiutarla a conquistare la città, ma non a riavere il trono, e questo la futura regina lo sa bene.
Nel frattempo, possiamo da subito notare come, rispetto al primo libro, l’aspetto di Tilda sia mutato, appare smunta, consumata, con grandi occhiaie scure sul volto magro. Questa che ritroviamo non è più la principessa del primo volume, preoccupata per le sorti del regno e dei sudditi. Ma una donna divorata dalla rabbia, incrollabile ed inesauribile, che non la lascia neppure dormire.
Una donna disposta a tutto pur di riconquistare il paese, senza mai guardare agli immensi sacrifici e sforzi richiesti, agli altri, per ottenerlo.
Tilda non si fida più di nessuno, non si fida più di Tankred, né di chiunque non sia del suo stesso avviso. Nel frattempo, dal tesoro di Ohman, ricompare il luminoso forziere con il quale si chiudeva il primo volume; alla luce di questo forziere, la futura regina cicatrizza le sue ferite e ne appare allo stesso tempo divorata.
Tankred cerca un accordo con i ribelli senza consultare la regina, e scopre così che Bertil è prigioniero di Edward e sarà presto impiccato. Ma senza il benestare della regina, non ottiene la fiducia dei ribelli e anche dalla sovrana verrà punito perla sua impudenza.
C’è un personaggio “secondario” di cui non vi ho parlato, il suo nome è Piccolo Paul, e in tutta la storia rappresenta l’innocenza, e la sofferenza dei più deboli, di chi subisce e non è in grado di proteggersi da solo.
Piccolo Paul non è molto sveglio, parla a vanvera e questo gli costa più di una bastonata, però tutti, anche nei ricordi, che non vediamo, hanno cercato di proteggerlo o, a modo proprio, di prendersi cura di lui, anche insegnandogli a leggere.

Perché vi parlo di lui adesso? Perché, nella sua semplicità ed innocenza, sarà la chiave di volta per sbloccare questa situazione ormai da troppo in stallo.
Mentre le truppe di Tilda diserzionano dando fuoco alle strutture d’assedio, la regina piange per l’imminente fine, rovinosa, della guerra, e finalmente, per la sorte di Bertil.
Tornata, sconfortata, nei suoi alloggi, ci trova nascosto Piccolo Paul, che affamato e impaurito dai tafferugli smangiucchia frutta sotto il letto.
Grazie a questo incontro scopriamo il contenuto del forziere luminoso, un libro; IL libro, il libro che guida tutto il racconto, che racchiude la storia degli uomini: L’età dell’oro.
Soltanto il Piccolo Paul riesce a vedere attraverso la sua luce accecante, senza esserne ferito, e a leggerlo per Tilda.

Dopo aver letto il libro, la regina è libera dal suo maleficio; ora che la sete di potere non la consuma più, riprende il suo vecchio aspetto e anche la ragionevolezza. A questo punto non importa più il trono, la causa è una soltanto ed appartiene ai ribelli, L’età dell’oro può e deve essere ripristinata.

Nell’ennesimo bagno di sangue i ribelli riescono ad appropriarsi della piazza del castello e salvare Bertil, mentre Edward è asserragliato nella cittadella.
Per ripristinare L’età dell’oro, a Tilda è richiesto un ultimo sforzo, affrontare suo fratello, affetto dallo stesso maleficio. Il libro, che arde tra le mani Edward, avvolge tutto con le due fiamme.
Dopo tanto sangue “è un bel giorno quello che sta iniziando”.
Così termina il secondo volume de L’età dell’oro e con esso tutta la sua storia.

Devo dire che ne è valsa la pena, tutta l’attesa prima di riuscire a leggerlo, l’aver spronato una santa ragazza a spedirlo via posta, nonostante il peso non proprio esile dei due volumi, tutto serve, quando puoi essere ricompensato da una storia cosi bella.
L’età dell’oro è avvincente, dettagliato, sia nei disegni che nella narrazione, e anche i fili che sembravano sparsi vengono ripresi per condurre ad unico risultato.
È un libro per chi sa cogliere i dettagli, le sfumature, per chi sa ancora lasciarsi commuovere dai pochi gesti, inaspettati, di umanità, di semplicità, di compassione:
“Noi seguiamo con la ragione questa inclinazione, per dare lo stesso vantaggio ai nostri simili che sono nostri fratelli. Nessuno saprebbe trovare la felicità a detrimento del prossimo suo. Privarsi di qualche piacere per offrirlo altrui è segno di nobile cuore ed espressione di saggezza.”
Un intreccio a regola d’arte, tutte le vibrazioni che mi aveva dato, e di cui vi ho parlato ne L’età dell’oro vol.1 non sono state deluse; tra le tante, ancora più forte, in questa seconda parte, ho sentito la pesante ombra di Umberto Eco; sì, perché è indubbio che ne Il nome della rosa l’atmosfera sia oltremodo pesante sotto vari aspetti, e tra questi c’è sicuramente il peso quasi fisico di un misterioso libro avvolto nella leggenda.
Non fraintendiamoci, bello, lo intendo come un parallelismo di rilievo, ma sono comunque felice che, dopo tanta sofferenza, ne L’Età dell’oro, Pedrosa e Moreil abbiano deciso di dare un taglio di speranza alla storia.
Che dire di più? L’ ho trovato un viaggio bellissimo, non vedo l’ora di poterlo ripetere!
Venite?