L’età dell’oro – vol. 1 – Pedrosa e Moreil : recensione

Bentornati! Assistiamo insieme al grande ritorno di Cyril Pedrosa, con Roxanne Moreil, su questi schermi!

Vi ricordate Portugal? È stata la prima graphic novel che ho preso di Pedrosa, maledetti autori francesi!

Quando ho acquistato Portugal, puntavo invece a Gli equinozi, ma la sorte non mi ha assistito, e ormai mi ero incaponita.

L’avrò già detto cento volte, ma quando scelgo un fumetto, una graphic novel, anche quando guardo una campagna pubblicitaria, un ruolo di grande peso è svolto dallo stile di disegno e dall’uso dei colori.

Poi possono colpirmi stili molto diversi tra loro, ma il disegno svolge un ruolo centrale; ed io di queste tavole mi sono proprio innamorata.

Sto parlando de L’età dell’oro volume 1, c’è stata un’attrazione fisica tra me e la copertina, mi trasmetteva emozioni diverse, qualcosa del Don Chisciotte, qualcosa di Zanardi medievale, per i colori di una famosa striscia.

L’età dell’oro è un lavoro meraviglioso, le tavole, i colori, che contribuiscono a grandi e suggestivi giochi di luce ed ombre e ci proiettano ancora di più in quella che è l’atmosfera medievale.

Una delle cose che mi piace di più in un fumetto è l’uso delle vignette in maniera funzionale, è una tecnica che anche nei manga mi ha sempre affascinato. E ne L’età dell’oro mi è capitato di incontrarla spesso, con mio grande piacere, e con una meravigliosa resa grafica.

Per intenderci: se i nostri eroi stanno attraversando un grosso bosco, oppure un villaggio, la tavola che racconta il loro spostamento può prendere anche due pagine, due pagine di vegetazione o di casupole, il nostro punto di vista si alza e li seguiamo dall’alto, come su di una mappa, e il loro avvicinarsi è segnalato dal movimento delle vignette, i loro dialoghi si fanno via via più vicini, seguiti dai disegni, che cominciano a diventare sempre più grandi a mano a mano che i protagonisti si avvicinano a fondo pagina e alla loro meta. L’idea del movimento è così nitida e ben resa, è davvero un piacere guardarla, oltre che leggerla.

L’età dell’oro è un classico medievale del nostro tempo, complesso, ricco di personaggi, anche crudele, la realtà nella quale ci apprestiamo ad entrare, attraverso la lettura, non ci è addolcita, non è di tipo favolistico, ma è nuda e cruda sotto i nostri occhi.

Io non voglio farvi nessuno spoiler ma NON affezionatevi a nessun personaggio! Proprio come nella vita, tutto è temporaneo, e proprio come nella vita, non mi darete ascolto e amerete la qualunque, va bene così, io vi ho avvisato.

Ma di cosa parla questa storia, cosa racconta? Di una grande avventura! (Sono in fissa) E di uno spietato omicidio, ah no quella è un’altra cosa…

Il volume ci apre la porta su un mondo la cui situazione sociale ci appare evidente già dalle prime vignette. Ci sono i signori e ci sono i servi, ma c’è anche la fame, la povertà, e nobili signori che continuano a tartassare il popolo con tasse che non possono pagare.

Le insolvenze vengono spesso punite con la morte da parte degli spietati nobili e non mancano infatti scene molto tristi, come il ritrovamento di tanti uomini impiccati in un villaggio a cui poi, alcuni, tra i nostri protagonisti, daranno degna sepoltura, un atto di altruismo non indifferente, toccante, dato il profilo che la storia va delineando.

Ed infatti, tra le crudeltà, possiamo ancora trovare nobili che addestrano i cani alla ferocia, affamandoli e poi lasciandoli liberi di attaccare i contadini.

Come possiamo vedere, il regno è in rovina. Una rovina quasi anarchica, dato il comportamento dei nobili signori, cosa ne pensava dunque il re?

Il re è morto, lunga vita alla regina, Tilda, sua figlia o forse no…

Tilda si appresta a diventare regina di un regno in rovina e da buona reggente si arrovella su come poter migliorare la situazione; chiedendo consiglio a suo padre, chiuso nel mutismo della morte ora e in quello della malattia prima; e proprio nella di lui camera mortuaria che Tilda subisce il tradimento del giovane fratello Edward che, spalleggiato dalla madre e da numerosi nobili, la spodesta.

Tilda riesce a scappare, grazie all’aiuto del nobile Tankred e del suo giovane protetto Bertil, inizia così un viaggio attraverso i boschi, nella speranza di poter chiedere ospitalità e sostegno a Sir Albaret, tra i pochi nobili rimasti fedeli.

Sir Albaret è fedele ma anziano, rimasto solo e quasi cieco a difesa delle sue terre. Il trio capisce subito che non può fare al caso loro, soprattutto nella prospettiva di costruire un esercito e riprendere il trono; ma l’anziano cavaliere li rifornisce di nuova speranza, rivelando alla giovane regina il segreto del padre: la presenza di un tesoro nascosto che potrebbe aiutarla a rimpinguare le due finanze e riprendere il trono; ma la speranza non dura molto, il popolo allo stremo comincia a ribellarsi, le mattanze sono all’ordine del giorno e così anche per i terreni di Sir Albaret; la brusca partenza dalla casa di Albaret è una delle scene, per me, più tristi.

Nel frattempo, da quando Sir Albaret ha nominato il tesoro, le condizioni di salute psicofisiche di Tilda cominciano ad aggravarsi, con visioni guerresche sempre peggiori, e che le lasciano evidenti tracce sul corpo; a risentirne è anche il carattere, che diventa via via più chiuso, insensibile a qualsiasi consiglio che non conduca al suo obiettivo, la riconquista del trono.

La cosa davvero interessante, e che muove tutta la trama in realtà, è come in un mondo che sta andando a rotoli continuino a persistere forme di civiltà, o meglio la riorganizzazione dalla società, una sorta di caparbietà umana nella possibilità che ci sia sempre un modo per creare un mondo più giusto.

Il primo esperimento di riorganizzazione dalla società che incontriamo, nascosta tra i boschi, è un villaggio composto da sole donne, dove non ci sono né servi, né padroni.

Il villaggio, fondato da Abigaelle, si basa su un principio di uguaglianza ed autonomia. Ogni donna che ci vive è chiamata a fare la propria parte, sia a livello “legislativo” sia a livello di forza lavoro. Però all’interno della narrazione viene reso subito chiara la fragilità di questo sistema utopistico; infatti l’equilibrio può esserne facilmente spezzato, ad esempio da una storia d’amore, che prevedrebbe l’introduzione illecita di un uomo nel villaggio.

Proprio al villaggio facciamo la conoscenza della misteriosa Frida, la studiosa che ci parlerà per la prima volta de L’età dell’oro. Vi siete chiesti a cosa di riferisse il titolo?

L’età dell’oro è un libro avvolto nella leggenda che presupporrebbe l’uguaglianza di tutti, senza servi né padroni.

Nel frattempo tra Tilda e Bertil si sviluppa una tenera amicizia, ma non diventerà nient’altro, non ci mettete amore! Anzi, mentre Tilda si chiuderà sempre di più nel raggiungimento del suo obiettivo, Bertil sarà sempre più cosciente della necessità del cambiamento, finché le loro strade non si divideranno.

Bertil resterà ad Ohman per prendere parte alla rivolta del popolo, che punta alla restaurazione dell’età dell’oro. Mentre Tilda proseguirà verso il tesoro di suo padre.

L’ingombrante presenza di questo misterioso libro, che può cambiare le sorti della società come la conosciamo, non può che ricordarmi un altro famoso libro, ammantato dello stesso potere, e per il quale si è ucciso, il secondo libro della Poetica di Aristotele, ne Il nome della rosa.

Ed è proprio in questa stessa atmosfera di mistero che si chiude il primo volume del L’età dell’oro, nel silenzio di un esplosione, e, a dominare la scena, solo un luminosissimo forziere ai piedi del quale scorgiamo il corpo immobile di Tilda.

Cosa succederà? La futura regina è dunque morta?

E cosa conterrà il prezioso forziere? Tutto questo, nel secondo volume de L’età dell’oro, per scoprire insieme se sarà possibile ripristinare una società basata sull’uguaglianza.

Oriana D'Apote

Oriana D'Apote classe ’93 un pendolo che oscilla tra la Puglia e l’Abruzzo. La mia prima natura è quella di ascoltatrice di storie, con l'animo inquieto sempre alla ricerca di qualcosa, il dettaglio, la poesia. Sogno di acquistare centinaia di fiabe illustrate, leggo storie crude. Vivo come il protagonista di un noir a colori dove alla fine prenderò il cattivo, risolverò il caso.

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