Le ragazze – Emma Cline : recensione

Le ragazze di Emma Cline racconta della volontà di sentirsi parte di un gruppo. Penso sia un desiderio insito nell’animo umano dall’infanzia fino alla vecchiaia. Le persone sono terrorizzate dal pensiero di rimanere da soli e dover per forza fare i conti con tutti i pensieri più ricorrenti che mettono a disagio.

Evie Boyd è una ragazzina di 14 anni, figlia di genitori divorziati; una madre che si lascia sempre convincere da uomini che l’avvicinano per la sua condizione sociale e un padre che ha cambiato vita con una donna molto più giovane.  Evie è arrabbiata e si trova nella fase adolescenziale in cui senti di non essere ben compresa da nessuno, noia e interessi sempre passeggeri. A quell’età inizi a sentirti grande, sperimenti perché non hai ancora un carattere ben consolidato. Ti adatti pur di farti accogliere.

Le ragazze spesso non sono così inclusive. Danno l’impressione di averti accettato ma in realtà sei in prova, devi affrontare delle verifiche, superare dei riti di passaggio per avere il loro benestare.

 La nostra Tabita pur di non snaturarsi ha deciso di lasciare il suo branco e di correre da sola come una gazzella libera. Evie è ancora troppo insicura per farsi scivolare di dosso il giudizio degli altri. Allo stesso tempo desidera nuovi stimoli, anche per questo decide di perdersi di vista con le sue solite amiche, troppo convenzionali per lei.

Sullo sfondo della California della fine degli anni ’60, Le ragazze di Emma Cline è liberamente ispirato al massacro da parte della setta di Charles Manson. L’autrice opta, naturalmente, per degli pseudonimi ma è ben riconoscibile la figura di Russell, aspirante musicista che spera di sbarcare il lunario e circondato dalle sue adepte; nonostante sia un abilissimo manipolatore, non è Russell ad avere una piena influenza su Evie, ma è invece Suzanne calamita che la spinge ad essere realmente attratta da tutto ciò. Dal primo incontro la protagonista proverà una attrazione fortissima per questa ragazza più grande.

Evie Ha rapporti sessuali con Russell, vivendoli con distacco, come se dovesse essere un rito di passaggio; in realtà lo fa per piacere a Suzanne, la ragazza che vorrebbe essere, che desidera, per cui prova dipendenza. Per lei fa sesso anche con altri uomini pur di compiacerla.

Vede nel ranch la famiglia ideale che desidera, dove può essere sé stessa e vivere oltre il conformismo che vorrebbe tanto snobbare; allo stesso tempo mantiene il piede in due staffe, torna anche a casa. Non è pronta a rinunciare a tutto per stare con loro, non è convinta a pieno. Per questo lei sfiorerà solo la vicenda del famoso massacro del 1969. In fondo non le dispiace neanche così tanto andare in collegio il prossimo autunno.

La narratrice del romanzo di Emma Cline è Evie circa 40 anni dopo, che ripensa a quelle vicende grazie all’incontro di una ragazza adolescente in cui si rivede molto.

Nel romanzo non empatizzi per i personaggi, non credo sia possibile e probabilmente non era l’intenzione dell’autrice.

Tra i punti positivi c’è una scrittura davvero scorrevole che permette di immaginare perfettamente ciò che sta raccontando Eve. Probabilmente lo avrei preferito più come trasposizione cinematografica che come libro. Ma non è la prima volta che mi espongo così, come per Le streghe di Eastwick dove ho preferito molto di più la pellicola.

Il romanzo prende spunto da uno dei peggiori massacri che ha fatto sentire per la prima volta gli americani non sicuri nelle loro case (le vostre porte si aprono tranquillamente da fuori, vorrei ben dire) però mi aspettavo molta più crudezza e con grandi picchi narrativi nel corso della lettura, invece…

La narrazione è rimasta costante senza tenermi così incollata alle pagine. Solamente nelle ultime 30 pagine si arriva nell’episodio tanto atteso durante la lettura. Sarà alla fine Suzanne a scegliere per Evie, la ragazza più rilevante di tutta la vicenda.

Federica Andreozzi

Leggo da sempre, e ho deciso di diventare miope e astigmatica solo per provarlo a tutti. La mia compagna di vita si chiama Ansia, che mi somiglia ma ci vede benissimo. Recensisco di tutto, anche le etichette delle camicie, ma se mi date un fantasy non potrò che assumere l’espressione schifata in foto.

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