Le minime di Malinconico – Diego De Silva : recensione

Lo ammetto, leggo con consapevole ritardo Diego De Silva, che tutti i miei amici e le mie amiche consigliano da almeno una decina di anni. Avete presente quello con la puzza sotto il naso che evita di comprare prodotti che riscuotono gran successo di pubblico? Ecco, sono io appena uscito dalle superiori. In genere rispondevo: «Dici così perché non hai letto Amleto De Silva!». Ora (in realtà da parecchio) so che è possibile godere entrambi i tipi di testo ed è bellissimo. E pensare che la molla è scattata leggendo una sua introduzione a Gianfranco Marziano.

Diego De Silva ha la capacità di arrivare a chiunque lo legga, pur senza abbassare il livello delle sue riflessioni. Almeno è l’idea che ho adesso, perché c’è un gran rischio a comprare dal web sulla fiducia. Le minime di Malinconico, titolo che è saltato all’occhio fin da subito, è una raccolta di aforismi e massime contenuti nei cinque romanzi che vedono come protagonista Vincenzo Malinconico, personaggio che sono curioso di conoscere meglio al più presto.

Avrò una doppia occasione, in tal senso, perché prenderò sicuramente gli altri libri ed è da poco finita la serie tv targata Rai.

Sono un grande fan della letteratura aforistica, da Flaiano a Marcello Marchesi, e Diego De Silva alimenta la tradizione nella divisione italiana – estremamente sottovalutata. Non conoscendo nulla di Malinconico, manca il filtro del personaggio. Ho letto Le minime di Malinconico immaginando direttamente l’autore, come accadrebbe per un Diario notturno.

Ogni frase ha una sua perfetta autonomia dai testi originali, ottime faville che schizzano via dai romanzi e colpiscono chi è vicino. La scrittura di De Silva, quindi, è ricca di perle da esporre nei momenti giusti; un po’un sentirsi intelligenti con l’intelligenza di un altro, uno sport che apprezzo tantissimo.

“Nella vita vera non posso cancellare, tornare indietro, ripensare a quello che ho detto, correggerlo. Allora scrivo. Per prendermi la rivincita sulle parole. Per raccontare come sarebbe andata se avessi scelto quelle giuste.”

E in effetti sceglie quelle giuste in ogni pagina. Il connubio tra ironia e pensiero filosofeggiante è efficace, al punto che non sembra di leggere un “best of” ma un’opera concepita così fin dal principio.

Malinconico ha un cognome rivelatore, e come tutti i malinconici rimugina assai e crea circuiti di ragionamenti limpidi; per la stessa caratteristica è insicuro, e persino l’avvocatura non cambia la sua indole – anzi, ne accentua i dissapori espressi nelle riflessioni sulla categoria.

Consigliato per chi vuole un frasario essenziale per fare bella figura, pur mantenendo quel velo di segreta malinconia che si risolve grazie alla capacità di ridere di sé stessi.

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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