Le dotte puttane – Virginie Despentes : recensione

Le dotte puttane di Virginie Despentes è l’ultimo romanzo dell’autrice ad esser arrivato in Italia grazie a Fandango libri. Come nel romanzo Scopami, anche qui troviamo come protagoniste, spettatrici esterne della loro vita.

Lione, nel quartiere bohémien Croix-Rousse, è qui che vive Louise Cyfer, definita puttana e “cagna” – per dare un tocco pulp –,  che lavora come spogliarellista all’Endo. Il locale notturno è gestito da una organizzazione criminale al femminile gestita dalla Regina Madre.

«Anche le bambole, quando parlano e si tolgono il trucco, non hanno l’aspetto che pensavamo di conoscere di loro»

Ogni ragazza si esibisce in una cabina del peep show per intrattenere i visitatori, molti abituali. La stessa routine porta ad anestetizzarle da parole, richieste e sguardi che ricevono. L’importante è che ci sia la mancanza di contatto. I personaggi femminili che attraversano la narrazione della Despentes hanno raggiunto lo sfinimento, non riuscendo più a lottare per la propria identità e volontà. La Regina Madre è la figura maschile, spogliata della sua femminilità, e tutela le sue dipendenti dandole una occupazione sicura. Sicuramente un settore non proprio in crisi, vista la fetta importante di fruitori.

Le dotte puttane di Virginie Despentes è un romanzo a tinte noir con il tocco di spregiudicatezza e pornografia che caratterizza la scrittura dell’autrice francese.

La routine tranquilla subisce un sovvertimento quando vengono assassinate e mutilate Stef e Lola, colleghe di Louise. Le bambole dell’Endo sono spaventate, la protettrice sparisce e si ipotizza immediatamente un regolamento di conti tra mafie. La protagonista e narratrice vuole provare a sbrogliare la matassa e incontra il misterioso Victor, crudele manipolatore. Inizialmente perplessa di come le sue amiche fossero state soggiogate da questa figura, si instaura un rapporto di dipendenza-violenza sessuale e psicologica tra Louise e Victor. Come sicuramente ci aspettavamo subito, dalla narrazione (e della narratrice).

La sensazione tattile diventa un bisogno che non viene espresso, ed è sui sensi che si gioca il racconto nella seconda parte del romanzo. Come se per la spogliarellista fosse diventato indispensabile, nonostante la sua volontà di negarselo, vista la professione. Sicuramente una lieve sindrome di Stoccolma, vista l’iniziale violenza e poi la fame di riceverne ancora. L’unico pensiero della narratrice è solo di avere ogni giorno la sua dose e di ingraziarsi Victor il più possibile accontentandolo passivamente. Questo tipo di reazione molto forte e morbosa è l’elemento più perturbante all’interno della narrazione, e dimostra come i romanzi della Despentes riescano ancora a mettere a disagio il lettore.

Come sicuramente diventa evidente, Louise viene sfruttata e gettata nuovamente come la bambola che ha sempre impersonato. Questa volta è spaurita, smarrita, e perde il controllo di sé. Non ha più il suo copione abituale che la guida.

Nelle ultime pagine de Le dotte puttane si manifesterà, davanti agli occhi increduli del lettore, la risoluzione degli omicidi; il finale è inaspettato. Così sorprendente, da non sembrare plausibile, invece è semplicemente imprevedibile.

Federica Andreozzi

Leggo da sempre, e ho deciso di diventare miope e astigmatica solo per provarlo a tutti. La mia compagna di vita si chiama Ansia, che mi somiglia ma ci vede benissimo. Recensisco di tutto, anche le etichette delle camicie, ma se mi date un fantasy non potrò che assumere l’espressione schifata in foto.

Lascia un commento