Negli anni mi sono stupito di parecchie cose, parlando di cinema: c’è chi trova noioso Ritorno al futuro, chi adora le commedie francesi (che in me generano sorrisi a malapena visibili) o addirittura persone che non inserirebbero Blues brothers in un qualsiasi elenco di migliori film mai realizzati; solo per Bill Murray non ho mai conosciuto pareri negativi – se non su film singoli, ma tutti possiamo fare scelte avventate.
Quando L’arte di essere Bill Murray di Gavin Edwards è finito nelle vetrine delle librerie, a ogni mio passaggio c’era Bill che sorrideva e mi invitava all’acquisto. È un sorriso disteso, e anche lo sguardo è sereno. Non a caso il sottotitolo recita: Assurde storie vere sulla gioia, lo zen e l’arte di imbucarsi alle feste. Mentre la prima parte del volume è strettamente biografica, anche se comunque particolare nelle modalità di racconto, la seconda lavora su una filosofia dell’attore. Il tutto è diviso in dieci princìpi, un decalogo del nostro Peter Venkman.
Pagina dopo pagina immaginiamo Bill fare cose sempre più strane, dal buttare bucce di banana a terra fino al presentarsi in feste private per servire alcolici o lavare i piatti. Il fatto che possa prenderti una sigaretta dalla mano per farsi un tiro per riconsegnartela dicendo “Nessuno ti crederà” diventa quasi un momento ordinario, minore.
Tra le persone che meglio lo conoscono c’è Harold Ramis, il fantastico Egon Spengler di Ghostbusters. Hanno lavorato insieme parecchie volte, una coppia perfetta. È di Ramis, ad esempio, la regia di Ricomincio da capo. Nel film Stripes – Un plotone di svitati recitano fianco a fianco ed è una di quelle pellicole che sbalordiscono: il regista è Ivan Reitman e commette diversi errori persino nelle inquadrature più scontate, come due scene dove gli attori che parlano non sono a fuoco. Il tutto vien salvato dai due attori protagonisti, che riescono a rendere divertente un film che, senza divise e armi (che costano), sembrerebbe quasi amatoriale. L’ho visto più volte e ogni volta mi stupisco a pensare che appena due anni dopo lo stesso regista avrebbe confezionato quella gran beltà del film sugli acchiappafantasmi.
“È i fratelli Marx fusi in un solo individuo: ha la verve di Groucho, la geniale pantomima e la lascivia di Harpo, e il qualunquismo di Chico. Se manca la tensione, ci pensa lui a crearla. Gli piace camminare sempre sul filo del rasoio, e portarci anche gli altri. Ha due modalità: il sonno e l’ipereccitazione.”
Sul set di Ricomincio da capo Bill è una primadonna, arriva in ritardo, era meschino, faceva di tutto per far andare di traverso i momenti positivi. Era il periodo della separazione dalla prima moglie, e ogni pensiero roseo veniva sopraffatto dalla realtà fuori dal set. Purtroppo per le tante frizioni terminò l’amicizia tra i due, ma Ramis non conobbe mai il motivo.

La seconda parte del libro, ricco di avvenimenti strani, particolari o assurdi della vita di Bill, illustra una persona libera e che vive realmente il momento, coglie l’attimo. D’altra parte è evidente che per Murray bisogna ragionare come se non avesse ancora la maggiore età, come se non esistessero ripercussioni legali, ma quando sei Bill Murray in America è così (non sarà lo stesso in Svezia, ad esempio, ma per scoprire i motivi dovrete leggere il libro).
Ora, a pensarci su, queste vi sembreranno frasi tendenti al critico; nulla di tutto questo, perché amo Murray proprio per tutte queste caratteristiche che vanno a unirsi all’estrema generosità e la voglia di vedere tutti più felici. E poi stiamo parlando di un attore e autore americano ricco di sfaccettature e contraddizioni, altrimenti non sarebbe neanche interessante! Rimane comunque molto più equilibrato di John Belushi, che senza quel fantastico turbinio di eccessi avrebbe interpretato Peter Venkman al posto di Bill, togliendogli la parte più nota con cui tutti lo identificano.

In chiusura del volume c’è la filmografia commentata da Gavin Edwards. Non conosco Gavin Edwards, ma sicuramente non andremmo mai al cinema insieme. Riserva commenti tiepidi (se non negativi) a film assurdi e grotteschi che, proprio per quel motivo, mi sono piaciuti particolarmente. SOS fantasmi è una delle tantissime versioni del Canto di Natale di Dickens; posso capire che in America ce ne siano così tante che dopo un po’viene la nausea, ma trattare la pellicola come fosse un prodotto deforme è eccessivo. Per carità, non rientra nella mia top, però se passa in tv devo assolutamente rivederlo. Anche Le avventure acquatiche di Steve Zissou subisce una descrizione molto lontana dalla lusinga, una “lenta crociera verso il nulla”. Eppure è il film che mi ha fatto pensare che Wes Anderson era ed è un genio.
Cosa recuperare:
All you need is cash
Eric Idle dei Monty Python è un pazzoide irriverente e geniale, e nel 1978 crea un mockumentary su di un gruppo musicale precursore dei Beatles, i Rutles. Il genere è di quelli che subito mi mette in ottima disposizione, e questo film anticipa di sei anni This is Spinal Tap di Rob Reiner. Le canzoni e la carriera del gruppo nascono qui e qui si esauriscono, anche se sarebbe stato interessante portare avanti il tutto come per gli Spinal Tap (uscirà un nuovo documentario nel 2024). Volete un motivo in più per guardarlo? C’è tutto il cast del Saturday Night Live.
Loose Shoes
Questa è una sorta di lungo rullo composto da parodie di trailer: non è una raccolta sullo stile di Maccio Capatonda, quanto una sorta di esperimento poi riproposto da Quentin Tarantino con quelle figate assurde che vedono protagonista Danny Trejo in Machete. Per Gavin Edwards è “scalcagnato e osceno”, io ho riso tantissimo.
Scappiamo col malloppo
Adoro questo film, ed ho scoperto solo da qualche anno che è l’unica regia di Bill Murray. Davvero un bel lavoro sulla fuga da una rapina, dove tutto è al posto giusto e ben calibrato. Le situazioni assurde si susseguono fino a un finale risolutore ma non consolatorio, a tratti sospeso, e avrei visto molto volentieri un seguito. Purtroppo Murray non replicherà l’esperienza della regia perché troppo faticosa e poco divertente. Edwards trova poco divertente anche l’esperienza della visione, ma del resto è uno di quelli a cui è piaciuto oltremodo Kingpin dei fratelli Farrelly.

Coffee and Cigarettes
Come avrete notato non sono qui a consigliarvi di vedere film fondamentali; mi sembra scontato abbiate visto Ghostbusters o Ricomincio da capo oppure Lost in translation. Altrimenti perché vi trovereste qui ad amare Bill Murray? Io spero vogliate approfondire con le perle sconosciute o poco note. Tra queste c’è Coffee and Cigarettes di Jim Jarmusch. Jarmusch è un regista particolare, visionario e molto inventivo, capace di unire persone diversissime per creare opere fuori dal comune e comunque fruibili anche da un pubblico vasto.
Questa è una raccolta di cortometraggi girati nell’arco di una ventina d’anni, in bianco e nero, con personaggi intorno a un tavolo che discutono mentre fumano e bevono caffè. Il primo corto vede Benigni e Steven Wright in un dialogo surreale, ottimo modo per frastornare le persone in sala. Nel segmento con Bill Murray lui è sé stesso. Come negli aneddoti che troviamo sul web, lui prende il posto del cameriere e chiacchiera con gli avventori (in questo caso GZA e RZA del Wu-Tang Clan). Il gusto per l’assurdo di Jarmusch lo rende il regista perfetto per Bill Murray, e il mio sogno sarebbe un film biografico a opera sua. Ah, se solo ci fosse la sua regia per A very Murray Christmas… che ovviamente a Gavin Edwards è piaciuto così com’è.
