La strada del mare – Antonio Pennacchi : recensione

I vostri nonni vi hanno mai raccontato delle vecchie storie? Quelle un po’ bucolico-ancestrali che non si trovano nei libri di storia. Sono ciò che gli studiosi chiamano fonti orali. I veneti, che amano dare i nomi alle cose e che amano anche molto il proprio dialetto, le chiamano Filò – ad esempio mia nonna le chiamava “le storie vecchie che conosce tuo nonno”.

Il filò è una narrazione orale fatta dagli anziani, generalmente davanti al fuoco, che segue un ordine non lineare. Andrea Zanzotto, forse il più famoso poeta veneto del secondo Novecento, ha scritto una raccolta di poesie proprio con questo titolo. Il libro è anche il risultato della collaborazione con Federico Fellini con cui aveva lavorato per Il Casanova di Federico Fellini.

 Ma questa è un’altra storia…

“Questa è un’altra storia” è proprio una delle espressioni che più si ripete in La strada del mare e nei due volumi di Canale Mussolini, opera della pungente penna di Antonio Pennacchi.

Pennacchi traspone l’andamento confuso del filò in una prosa che è magicamente scorrevole, soprattutto nel primo romanzo di questa trilogia.

La saga dei Peruzzi

La saga dei Peruzzi narra di una famiglia molto numerosa e molto pittoresca che, da mezzadri dei nobili Zorzi Villa nella paludi tra Ferrara e Rovigo, si trasferisce nell’agro pontino appena bonificato. I tre romanzi seguono, nel corso dei tre volumi, le loro avventure, e quelle dell’Italia intera, fino agli anni ‘60. A raccontare ai lettori le tante storie è un narratore particolare; rimane sconosciuto per tutto il primo romanzo della saga, ed è a cavallo tra un narratore onnisciente ed uno molto molto addentro alla storia (ndr. Non vorrei farvi spoiler, mi fermo qui). 

Volendo fare una scansione temporale, Canale Mussolini è incentrato sul periodo che va da inizio Novecento fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale; il secondo volume è ambientato durante la resistenza mentre in La strada del mare Antonio Pennacchi ci parla di come i Peruzzi hanno vissuto il boom economico. A ben vendere la narrazione è tanto ricca di flashback e flashforward che potremmo quasi dire che non esiste effettivamente una scansione temporale.

I romanzi della trilogia dei Peruzzi sono come tre lunghissimi filò che si vanno ad intrecciare tra loro. Pennacchi trasmette al lettore il senso del caotico e del confuso che hanno le vecchie storie. E lo fa in maniera talmente studiata che, strano ma vero, il lettore non si perde. 

Per assurdo il narratore si perde spesso e volentieri tra fatti e fatterelli e ogni tanto parte così tanto per la tangente da arrivare a storie di totale fantasia per poi riprendersi subito e tornare al cuore del racconto.

Una trama tanto ricca e particolare non può che avere uno stile tutto suo. Pennacchi infatti mescola l’italiano della narrazione con il dialetto veneto dei dialoghi, tanto che dopo un po’ si fa l’orecchio a questo dialetto che ha dimenticato per la strada le doppie e anche qualche sillaba finale. L’uso del dialetto, anche stretto, fa sì che si entri nella cerchia famigliare dei Peruzzi: idealmente diventiamo anche noi uno dei tanti nipoti che ascoltano queste storie.

Arrivati probabilmente all’ultimo atto della saga dei Peruzzi non ci siamo ancora stancati di leggere delle loro avventure e… “maladeti i Zorzi Vila!”

Laura Perrotti

Nata quasi trent’anni fa, non ricordo un momento della mia vita in cui non ho avuto un libro sul comodino. Amo tutti quei romanzi che riescono a farmi andare lontano (ma non troppo) con la fantasia… sarà per questo che sono finita a voler occuparmi di cinema? Ho uno strano debole per i classici dell’Ottocento francese e del Novecento italiano ma non sono la tipica snob che tira dritto davanti alle nuove uscite.

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