La storia delle mie tette – Jennifer Hayden : recensione

La storia delle mie tette di Jennifer Hayden è un album di ricordi molto intimo. La scrittrice americana si mette a nudo non solo in senso letterale, ma raccontandoci la sua storia e di come, allo stesso tempo, le tette (si ho detto tette) possano condizionare e tirare i fili della nostra vita.

Questo romanzo grafico autobiografico viene pubblicato nel 2016 in Italia con Edizioni BD nella collana Psycho Pop. Conquista tutti riscuotendo molto successo, soprattutto in America, fino ad arrivare alla tanto desiderata candidatura al premio Eisner nel 2016 per la categoria ‘Best reality-based work’. Un ottimo traguardo per una scrittrice che si porta alle spalle solo due pubblicazioni precedenti, di cui una collettiva antologica.

Perché ho scelto questo romanzo? L’istinto. La copertina e il titolo facevano bava alla mia sempre e inesauribile fame di leggere prodotti provocatori e fuori dagli schemi. E Jennifer Hayden romperà ogni tabù su sessualità, il corpo, lo scorrere della vita e anche le lotte che ti cambiano.

Parte proprio dalle origini, come il migliore degli album fotografici che hanno composto con mani attente le nostre madri. La sua storia è raccontata al passato ma è un po’ la storia di tutte, almeno in parte.

Al principio era una tavola (o pianura padana); ah, i primi disagi e ansie sul chiedere alla propria madre il primo intimo o andare da sole, fintamente spavalde, dalla commessa di turno (la più antipatica) per chiedere la nostra prima taglia 32 di reggiseno.  È stato un tuffo nel passato leggere questa prima parte perché sembrava quasi come se mi avesse letto dentro; come avevo già anticipato, questa storia abbraccia un po’ tutte.

In maniera ironicamente caustica racconta le varie tappe dalla pubertà verso l’adolescenza, la scoperta e la presa di coscienza del proprio corpo fino alla sua maturazione, tramite la maternità, passando anche per la malattia e giungendo alla vittoria su questa.

manuale - Storia delle mie tette
Eh sì, il loro potenziale potere non va ugualmente sottovalutato. Il suo è una sorta di vademecum sulle responsabilità di cui bisogna tener conto una volta raggiunta la coppa C. Tipo zio Ben quando dice al giovane Peter «Da grandi poteri derivano grandi responsabilità»

Da buona madre ci insegna di come in realtà il proprio corpo vada conosciuto e accettato perché non saranno certamente loro a regalarci la grande storia d’amore (sì, con loro si intende proprio loro, ragazze!).

La storia delle mie tette è un mix tra linguaggio drammaticamente sincero e surrealismo espressivo che dà espressione anche all’idea più contorta di anfratti dispersi nella mente.

stile - storia delle mie tette

Lo stile della Hayden ha una potenza evocativa che colpisce nel profondo; riesce a mostrare la lacerazione dell’anima, la paura e il sentirsi persi senza punti fermi. Il bianco e nero sono le uniche sfumature necessarie per dare voce al senso di perdita.

L’autrice dichiara senza troppi veli di avere a modello artisti come Salvador Dalì e Frida Kahlo, e ne ha metabolizzato lo stile espressivo rifacendolo proprio.

La storia delle mie tette è anche narrazione corale perché è il resoconto di un’eroica battaglia di tre donne contro il tumore, un nemico comune. Le figure dominanti che la guidano nel racconto sono le sue due madri: quella biologica, sopravvissuta al cancro al seno, e l’amata suocera, colpita d’improvviso da un cancro ai polmoni. Da loro Jennifer imparerà anche come affrontare la paura della morte e di come non sia la fine del mondo una vita senza seno; del resto non è la grandezza di una coppa a rendere davvero grande una donna. E, parafrasando Jo Squillo e Sabrina Salerno, “siamo donne, oltre le tette c’è di più”.

Federica Andreozzi

Leggo da sempre, e ho deciso di diventare miope e astigmatica solo per provarlo a tutti. La mia compagna di vita si chiama Ansia, che mi somiglia ma ci vede benissimo. Recensisco di tutto, anche le etichette delle camicie, ma se mi date un fantasy non potrò che assumere l’espressione schifata in foto.

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