La ragazza con la gonna in fiamme – Aimee Bender : recensione

La ragazza con la gonna in fiamme è l’esordio dell’autrice Aimee Bender, che avevamo conosciuto lo scorso anno con il suo romanzo L’inconfondibile tristezza della torta al limone, edito dalla Minimum fax. Due uscite recuperate proprio per la scelta accurata di questi titoli sorprendenti. In libreria vengo catturata dalle copertine o dai titoli che rimandano allo stile di Lina Wertmüller. Non è per il Seo, però La ragazza con la gonna in fiamme è un titolo che accende subito l’interesse, altro che Grida il mio nome, traduzione inizialmente scelta per la prima pubblicazione in Italia. Martina Testa opta per un ritorno al titolo originario, guadagnando fedeltà e bellezza.

 La dimensione fantastica, a volte fiabesca, permette di incontrare protagonisti inconsueti ma che mantengono ugualmente un contatto con la dimensione reale, rientrano nello spettro della possibilità, non siamo in un sogno ad occhi aperti.

L’autrice ha una scrittura immersiva, finali sospesi, ma senza lasciare l’amaro in bocca per l’incompletezza narrativa; i racconti sono di una lunghezza variabile, dalle 6 alle 20 pagine, e riesce ad accontentare i divoratori del genere o i lettori occasionali come me. Penso sia davvero difficile scrivere un racconto perché il numero di pagine va calibrato con ritmi serrati. Quando un racconto supera le 30 pagine tende ad annoiarmi perché la maggior parte delle volte mirano al romanzo mancato per pigrizia dell’autore; mi è capitato anche il contrario, romanzi che probabilmente in partenza erano racconti ben costruiti ma che sono andati a snaturarsi con l’aumentare delle pagine. Un’idea che non ce l’ha fatta. Una sensazione provata spesso con le mie letture degli ultimi anni.

Ne La ragazza con la gonna in fiamme incontriamo l’uomo che torna dalla trincea senza le labbra, la guerra gli ha portato via per sempre l’ultimo bacio che spettava a sua moglie, l’unica veramente scossa per questa ferita, al punto di tradirlo perché sente la mancanza di quel contatto fisico. Nelle pagine di Cosa hai lasciato in trincea, il senso di colpa della donna è forte, anche per il non essere riuscita a sopire questa pulsione implacabile. Non viene meno il patto scrittore-lettore perché tu credi alla sua verità storica, empatizzi e giustifichi un desiderio così naturale come un bacio.

In “Eredità” la ragazza ripudiata dalla famiglia perché rimasta incinta e mandata a vivere nel castello di un gobbo scoprirà un’affinità che evolverà senza essere mai volgare e troppo spinta –  si percepisce la tensione sessuale e di godimento che prova la ragazza durante i rapporti sessuali con l’uomo non attraente. Il tutto senza condire con dettagli così peccaminosi da far emozionare una zitellona, però getta al fuoco il giusto per nutrire l’immaginazione del lettore che vede.

Il contatto fisico è ricorrente all’interno della raccolta e spesso aiuta nel superamento del dolore, come per la bibliotecaria che decide di concedersi in quel giorno a chiunque pur di distrarsi dalla morte del padre; altre volte, come nel racconto “Abbatti questa ragazza” non allevia minimamente il senso di solitudine e di rifiuto verso sé stessi. Lo sguardo libidinoso di una persona molto più grande non è sufficiente per autodefinirsi positivamente. Il dolore resta e diventa il velo impenetrabile oltre cui non puoi più guardare. La morte è spesso sospensione del dolore e non paura dell’ignoto.

La raccolta di Aimee Bender è composta da 16 racconti, ricercati (non fuggiaschi), completi senza deludere le aspettative del lettore più critico e scettico. Un percorso di lettura con un finale singolare, come per La ragazza che indossava una gonna in fiamme, ultimo omonimo racconto.

Federica Andreozzi

Leggo da sempre, e ho deciso di diventare miope e astigmatica solo per provarlo a tutti. La mia compagna di vita si chiama Ansia, che mi somiglia ma ci vede benissimo. Recensisco di tutto, anche le etichette delle camicie, ma se mi date un fantasy non potrò che assumere l’espressione schifata in foto.

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