La Palermo male – Vincenzo Profeta : recensione

Per leggere La Palermo male di Vincenzo Profeta c’è bisogno di uno sforzo attivo quasi costante. Non è – per intenderci – il libro da portare in vacanza. È però ciò che ho fatto, ma quantomeno è venuto con me proprio nel capoluogo siciliano. Il testo ha una gran bella carica grottesca che quasi sembrava tangibile nella città durante la settimana più calda dell’estate, dell’anno, del decennio (per ora).

Venti racconti con una voce, uno stile, che rimane coerente nello scorrere delle pagine, eppure è proprio l’incoerenza a venir narrata, il caos profondo del lungo periodo in cui malauguratamente viviamo. E cosa accade nel marasma? Ci si interroga, cerchiamo un modo per fare ordine, oppure ci abbandoniamo alla ricerca di qualcosa più in alto. Vincenzo Profeta vaga nella metafisica per sondare risposte oppure scambiarle, e abbiamo un esempio anche grafico nell’ultimo racconto, dove figura un dialogo con Doriano 777, profeta dell’Apocalisse. All’inizio sembra un bot, come la mitica Doriana che potevi insultare su Msn, e un passo avanti al diavolo, almeno di un numero per ogni cifra.

L’impressione del bot, il collegamento con il mondo del web e tutte le tracce informatiche derivano probabilmente da una costante di La Palermo male, ovvero i tanti inserti grafici che uniscono massoneria, simboli di PacMan, pixel, Carmelo Bene, linguaggio di programmazione e sperma (ogni ricetta che si rispetti ha bisogno di qualcosa per amalgamare l’impasto).

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Sul retro del volume, che dimostra anche la bravura dei tipi di GOG (non compravo un libro sulla fiducia da qualche anno, e mi è bastato questo piccolo riquadro), troviamo la prima spia di una sorta di virus, un hackeraggio vero e proprio del testo. Superiamo le strutture e ne percorriamo le trame; queste ultime mancano, è uno sperimentalismo che pone Vincenzo Profeta sul fronte opposto, ad esempio, di autori del calibro di Amleto De Silva, che invece trova la trama come oggetto centrale dei libri.

Le pagine sono fiumi in piena, si alternano flussi di coscienza e poesie visive, le visioni sono controcorrente. I ragionamenti hanno la loro linearità, lottano contro un male nebuloso che prende diverse forme in base al mondo circostante del momento. Il politically correct, l’egemonia culturale da una parte della politica, le tendenze vanilla della nuova borghesia – anche se la borghesia sembra una nemica in ogni sua trasfigurazione.

“Cerco una compagna di suicidi, una carina con la pelle della luna, non mi sono mai sentito così solo e libero, essere liberi è come essere morti. L’acqua riempie i polmoni fino a quando non sono morto, fino a quando non galleggio e mi vedo morto a pelo d’acqua, sono un Dio a modo mio, quindi non darò mai retta a nessuna divinità dentro di me e fuori di me, i ne*ri hanno gli auricolari e la maglia della juve, te li danno in omaggio appena sbarchi dai barconi, so cosa stai pensando di me in questo momento, so quanto ci tieni alla tua moralina borghese.”

L’autore non apprezzerà quell’asterisco di troppo, una scelta che in La Palermo male non figura. Questa è la dimostrazione che ci sia effettivamente una battaglia in corso, perché molti segmenti del libro verrebbero censurati dai motori di ricerca e bisogna ricorrere a mezzucci pure per diffondere stralci letterari. John McDillan, col suo bizzarrismo, ha scelto di autopubblicarsi proprio per evitare censure, ma probabilmente non ha cercato abbastanza per trovare una casa editrice libera come GOG.

In una Palermo dove tutto finisce e inizia con uccisione di Falcone e Borsellino, dove i cortometraggi di Ciprì e Maresco evolvono fuori dalle campagne, in cui c’è un piano religioso saldo ma insondabile (seppur commentabile), Vincenzo Profeta dà sfogo alle complessità e sfaccettature di una realtà che non è incastonata solamente nella città di origine fenicia, ma rappresenta il mondo intero.

Ho faticato, nelle prime pagine, a entrare nel testo, fino a quando il testo non è entrato dentro di me. Stupro, potremmo definirlo, ma forse è colpa di Vincenzo Profeta. In ogni caso, la caratteristica fondamentale di La Palermo male è che non potrà lasciarvi indifferenti, ed è il modo migliore per distinguere l’arte dal mero mercato.

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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