La notte delle ricostruzioni – Andrea Donaera : recensione

Tetra è una casa editrice immediatamente riconoscibile – formato quadrato, pubblicazioni da quattro euro l’una, escono il 4 del mese – e pubblica racconti lunghi, singoli e singolari. La prima uscita è La notte delle ricostruzioni di Andrea Donaera. È il primo volume che ho letto dell’autore (e dell’editore) e, se la linea è questa, mi hanno già conquistato.

Le settanta pagine del racconto seguono il flusso di coscienza del protagonista, un uomo fallimentare su tutti i fronti. È nelle sue parole e descrizioni che però troviamo, forse, le risposte. In effetti quelle arrivano tra le righe, senza avere mai la certezza di aver collegato i pezzi nel modo giusto. La frammentazione riesce a rendere la fragilità dell’io narrante, tra lutti, amori inespressi, famiglia poco collaborativa.

Rifletti. Sei solo da troppo tempo. La solitudine non ti rende pazzo: peggio: ti svuota. Hai, in te, soltanto tracce di ciò che ti accade nell’immediato. Fluisci – galleggi – in un presente: smarrisci tutti: senti che le cose alle tue spalle si sfocano: una riva lontana: non potrai raggiungerla di nuovo se la corrente che ti spinge non cambia.

Solo, in balia di sé stesso. Un uomo che fatica a riconoscersi allo specchio, ma il problema è che talvolta accade e non è una buona cosa. La scrittura di Andrea Donaera è però così particolare e avvincente da portare il lettore in questo specchio infranto e appannato nei suoi pezzi. La notte delle ricostruzioni esplora il protagonista, ma sonda anche chi si appresta a leggerlo.

È iperrealista nelle pieghe della vita, tra gruppi inutili nei programmi di messaggistica, puzze, noia. I riferimenti strizzano l’occhio a chi è nato negli anni ’80-’90, forse involontariamente (l’autore è del 1989), ma crea in ogni caso legami. Lo stesso si può dire del protagonista, che però non ha la capacità di costruirci stabilità.

«F., io a casa tua non ci venivo mai perché tutto quel tuo girare per casa in quel modo mi ammazzava, mi ammazzava veramente».

«In quale modo giravo per casa?».

«Struccata e bellissima, e con le magliette leggere, senza reggiseno sotto, e scalza».

«E quindi?».

«Mi ammazzava quel tuo modo di girare per casa, pensavo all’immensità di un viverti vero così, tra i tuoi gatti e i tuoi cani, mentre giocavamo a Burraco, io perdevo sempre, F., non avevo altra concentrazione se non quella riservata a te».

«Sì però così sei patetico».

I dialoghi sono belli e coinvolgenti, e fuor di virgolette c’è una sperimentazione estremamente interessante, per certi versi può ricordare Ogni creatura è un’isola di De Spirt.

Ne La notte delle ricostruzioni la prosa diventa spesso lirica, e narra di fughe ma anche di obbligati ritorni; pure la sincerità torna, ma potrebbe essere troppo tardi – forse.

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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