Da La fine dell’amore di Tamara Tenenbaum:
“Scrivere questo libro è stato molto più doloroso di quanto mi aspettassi. Quando ho iniziato, stavo scrivendo già da un paio d’anni articoli di giornale sul modo in cui la mia generazione gestiva o cercava di gestire le relazioni sessoaffettive; pensavo che sarebbe stata un’esperienza simile. E invece no. L’immersione richiesta dagli articoli, sette giorni di letture e settemila caratteri alla volta, mi permettevano di saltare da un tema all’altro senza arrivare mai alle parti che più mi ferivano. Questo processo è stato diverso. Ho scelto come titolo per il capitolo finale “L’ultima domanda” e mi accorgo solo adesso che l’ho fatto perché anche gli altri capitoli lo sono: domande, tutte aperte, come quando mi chiedo se sarò madre o no. Non so che tipo di legame mi convince di più, se uno monogamo, uno aperto, uno stabile o uno passeggero. Non so come ci si destreggia nella contraddizione fra il desiderio di novità e il desiderio di calore. Non so come fare per continuare a offrire me stessa, ore che non voglio perdermi mai più. Faccio quel che posso, e posso poco. Non ho né consigli né soluzioni. Ho solo tentativi di idee, letture e intuizioni, e un’unica certezza, che mi è difficile persino condensare in una frase: ha a che vedere con la provvisorietà delle risposte, con l’inafferrabilità di ogni apprendimento. Le lezioni tratte da una relazione raramente servono per un’altra: abbiamo un talento impressionante per commettere ogni volta nuovi errori. Malgrado tutto, non sono pessimista. Credo nel valore del vissuto, nella sua verità, e in questo senso credo di essere cresciuta e che tutte e tutti, come collettivo, stiamo crescendo.”
Leggere La fine dell’amore è stato più difficile di quanto mi aspettassi, ma allo stesso tempo illuminante.
Grazie a Giulia Blasi mi sono avvicinata al mondo della saggistica, che per me è sempre un po’ ostica soprattutto nelle tempistiche di lettura, che, per via delle note, si vanno allungando. In più, un saggio così interessante meritava di essere letto con attenzione.
Il collegamento tra i saggi di Tamara Tenenbaum e di Giulia Blasi sono le donne, non in quanto usufruitrici finali dell’opera ma in quanto motore stesso del discorso. Ovviamente poi i discorsi si differenziano, Brutta, come dice il sottotitolo è la storia di un corpo come tanti, l’autrice parte dal soggettivo, dal personale, per ampliarlo in un discorso nel quale tante altre donne si possono rivedere.
Tenenbaum cerca di tenere sempre le sue argomentazioni su una linea più oggettiva, inglobante, generalizzate anche se è consapevole che la generalizzazione è sbagliata, cosa di cui ci avverte nelle premesse al saggio.
Anche scrivere un commento a questo libro non è facile, da un lato perché di femminismo ci parlano poco, e decidere di avvicinarsi al femminismo, di scoprirlo, di leggerlo è quasi sempre una scelta privata. Tranne in pochi casi in cui si ha avuto la fortuna di incontrare il giusto mentore, la giusta passione, qualcuno capace anche di trasmetterle questa passione.
Ma scoprirete leggendo che la singolarità dell’individuo, e in questo caso delle donne, è uno dei cardini oliati dal patriarcato, se non parli non ti confronti, se non ti confronti ti senti sola e sola sei controllabile.
Dall’altro perché il consiglio più semplice che potrei darvi è semplicemente di leggerlo. È illuminante, dicevo, perché riesce a mettere in luce tutti quei fili trasparenti che rivoluzione dopo rivoluzione ci danno l’impressione di essere donne libere, emancipate, “evolute”, se vogliamo, rispetto a quelle che erano le nostre nonne. Donne libere di decidere di lavorare, di non farlo, libere di decidere di procreare o di non farlo, di avere relazioni monogame o di non farlo.
Ma quei fili, che ci legano ai vecchi retaggi, reggono, ci sono, anche se sono diventati trasparenti e forse per questo, oggigiorno è ancora più difficile vederli. Dietro quelle che oggi ci sembrano scelte libere e incondizionate ci sono anni di norme, di usanze, di controllo.
E il discorso di Tenenbaum non è atto a spaventarci, a renderci timorose sulle nostre scelte future, ma a spronarci prima di tutto al confronto, da donna a donna, alle parole, all’unità, perché il sostegno, l’amicizia, potrebbe essere la risposta corretta per il cambiamento che cerchiamo o diciamo di volere e ricercare nella coppia e non solo.
Tamara Tenenbaum con La fine dell’amore affronta un discorso complesso e stratificato che spazia dal come le aspettative sul comportamento che la società ha per l’uomo e per la donna all’interno della sfera sessoaffettiva siano diverse e a come il rovesciamento di queste stesse aspettative, passando dall’uomo alla donna, siano esecrabili. Banalizzando potremmo dire che: se un uomo si mostra distaccato, sessualmente attivo, senza una relazione stabile, senza necessità di trovarla, è un uomo al quale ambire, libero, che fa sognare uomini e donne sfrecciandogli davanti in sella alla sua moto, con i capelli mossi dal vento.
Invece se davanti ti sfreccia una donna sulla trentina, senza figli, senza una relazione stabile, sessualmente attiva ecc ecc non la si guarda con gli stessi occhi sognanti. Non è l’esempio da seguire, ma da deplorare, quasi da compatire, starci alla larga affinché il suo status di donna irrealizzata non contagi anche le altre.
Fino a toccare il delicato e importantissimo argomento che è quello dell’educazione al consenso. Qui il discorso è davvero bello e complicato, perché non riguarda solo l’uomo, ma l’educazione che la società imprime nell’uomo e nella donna. Sulle libertà che concede all’uomo in ambito sessoaffettivo e sulla sottomissione che nello stesso ambito richiede alla donna. E a quanto alle volte molti no restino intrappolati in gola, soprattutto all’interno di una relazione. Perché i no, ci possono essere anche in una relazione sessoaffettiva monogama e stabile e che nessuno ci ha mai insegnato a dirli, ma ad essere sempre grate e accondiscendenti per ogni attenzione e richiesta maschile.
La modernità di questo volume è che ogni concetto esposto è rapportato ad una relazione di coppia, in questo caso di coppia eterosessuale, ed è questo il limite di cui parlavo prima e di cui ci informa la stessa autrice. Decidendo di darci una visione il più realistica possibile attraverso quelle che sono anche e non solo le sue esperienze ci si vede costretti a restringere, per ora, e solo nell’ambito di questo volume, il campo a sole relazioni eterosessuali.
Le convenzioni del patriarcato applicate ad una coppia che crediamo moderna, rivoluzionata rispetto a quella dei nostri nonni, mettono invece in luce quanta strada c’è ancora da fare, quante convenzioni, che credevamo di aver superato, restano ancora da cambiare. E la soluzione non è semplice, si possono fare dei tentativi, e si può sbagliare, sicuramente non ci sarà uno schema che funzionerà per ogni relazione, ma ascoltandoci, all’interno della coppia, che sia o meno monogama, dicendo i nostri no, ascoltando il nostro desiderio e confrontandoci potremmo, se non cambiare, per lo meno, come dice l’autrice crescere.