Leggere Leonardo Palmisano permette di scoprire molti retroscena che campeggiano alla luce del sole (o nell’oscurità dei vicoli) nel meridione, in particolare Bari, la “città spezzata”.
Per chi non lo conoscesse, l’autore conduce inchieste sul campo praticamente da sempre, scoperchiando più di un vaso di Pandora nelle zone garganiche. Dal canto mio posso consigliarvi, oltre al volume di cui parleremo in quest’articolo, Ascia nera. La brutale intelligenza della mafia nigeriana, sempre edito da Fandango.
Bari è una città difficile e frammentata, anche se molte realtà cittadine si influenzano tra di loro e trovano man forte in un sistema che caratterizza buona parte del Mezzogiorno. Parlo con cognizione di causa, date le origini napoletane. Conosco bene quell’indolenza generale riguardo certe questioni; vuoi per paura di ritorsioni o perché “s’è sempre fatto”. Ovviamente il tutto è molto più complesso, e si comprende bene nella ricerca di Palmisano.
Ho girato per Bari e ho pescato nella mia memoria. Ho toccato la città come un oggetto spigoloso e mi è sembrata unfinished – incompiuta – o, meglio, unpunished – impunita – : scabra, appuntita, arrogante. Come se qualcuno avesse deciso di non completarla e di dividerla nettamente in due: la parte positiva e quella negativa. Solo Bari vecchia m’è parsa compatta, solida, stabile. Ho cercato un termine italiano che potesse rendere questa mia impressione. Spezzata.
La città e il libro sono quindi bipartiti e separati nettamente, spaccati, spezzati. L’autore incontra storie e studia tutto ciò che gira intorno. L’osservazione è fondamentale, per Palmisano, fin da quando si è piccoli. È Dalla terza elementare che inizia la passione dell’analisi della realtà circostante, a partire da Carrassi, il suo quartiere d’origine. Col tempo nota i cambiamenti, l’arrivo dei Diomede a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, la crescente diffidenza, la presenza sempre maggiore di problemi che diventano sempre più radicati e diffusi.
Purtroppo c’è uno squilibrio tra parte buona e cattiva, nel libro come nella realtà. La parte positiva, prima porzione del volume, occupa il primo terzo; il restante è dominato dal negativo. Diventa evidente lo scarto tra le persone che, nel loro piccolo, lottano ancora – anche col silenzio. Eppure è proprio col silenzio che in tanti lottano dall’altra parte della linea di combattimento, quando non si parla più di riservatezza e discrezione ma di omertà.
Le persone che Palmisano incontra nella città spezzata provengono da tutti gli strati sociali, dai politici locali (con rispettivi galoppini) agli spacciatori, passando per tutta la gamma intermedia. La narrazione è sempre fresca, spesso sembra di star lì di fronte ad ascoltare le testimonianze dal vivo. I dialoghi sono tridimensionali, profondamente reali, esattamente come il tour della città spezzata.
Non conosco Bari, ci sono stato una volta da piccolo, eppure le descrizioni nel libro creavano immagini che poi corrispondevano su Google Maps. Il controllo elettronico-iconografico è venuto naturale per comprendere davvero la speculazione edilizia di queste zone.
Viviamo la città dal cuore degli intervistati. L’ultima sezione del libro, poi, è dedicata alle voci di Bari vecchia, la parte più compatta del capoluogo pugliese. In più, grazie alla filmo-bibliografia di riferimento in fondo al volume, ho conosciuto il film LaCapaGira di Alessandro Piva. La pellicola è tutta in dialetto barese, con sottotitoli. Qui respiriamo tutto quel mondo malavitoso che negli ultimi vent’anni è cambiato fino a diventare ciò che narra Palmisano. Da vedere assolutamente.
La città spezzata aggiorna le visioni sulle contraddittorietà di Bari con contatti diretti, permettendo di toccare con mano realtà complesse facendole sembrare facili e immediate grazie a una prosa chiara e limpida, esattamente come l’autore.