La casa che mi porta via – Sophie Anderson : recensione

Sono entrata in un loop fatto di case con le zampe di gallina? Ovviamente.

Sulla scia lasciata da Cardospina, ho letto La casa che mi porta via di Sophie Anderson.

Ci sono arrivata per caso, grazie ad un gruppo di lettura per ragazzi che suggeriva di leggerli entrambi.

Mi sono subito incuriosita, poiché ritengo che Cardospina sia già per un target che definiremmo giovane adulto, più che per un giovane lettore, sebbene, lo sappiamo, sia una scelta sempre molto singolare, legata ai gusti e alle letture pregresse.

La differenza principale che posso individuare, sta principalmente nell’ambientazione, più dark e cupa una, più luminosa l’altra, quindi fondamentalmente scegliete sempre in base al vostro gusto e rispettate anche quello del pargolo a cui volete sottoporre la lettura.

Secondo motivo per cui consiglierei La casa che mi porta via ad un pubblico giovane è la protagonista, Marinka, tredici anni, capelli rossi, e una grande voglia di vivere e di farsi nuovi amici. Al contrario dei fratelli Yaga, che sono campioni nel negarsi alla vita.

Per il resto, entrambe le storie ci portano a spasso sulle zampe di gallina di una casa magica.

Marinka, forse per la sua indole più curiosa e gioviale, anche se turbata dalle avvisaglie dell’adolescenza, ci aiuta maggiormente a ricostruire il legame che c’è tra la sua casa Yaga, Baba e il folclore collegato alla figura della “strega”.

Nota bene: uso il termine “strega” impropriamente quando mi riferisco alla Baba de La casa che mi porta via.

All’interno del libro, le Yaga sono delle donne nate per essere Yaga e per vivere con le loro case Yaga, ma perché?

Fa tutto parte del cerchio della vita, la Yaga con la sua casa assolve al compito finale di accompagnare le anime dei morti attraverso il cancello che li porterà a ritornare parte del tutto, verso le stelle.

La Yaga è una guardiana, della sua casa e del cancello che custodisce, così come dell’equilibrio tra la vita e la morte.

Ma che ci fa una bambina di tredici anni in mezzo ai morti?

Marinka vive con la nonna Baba in questa casa magica che l’adora, ma non è felice, lei che è una pchelka, una piccola ape, ronza continuamente, senza stancarsi, sognando una vita fatta di molti amici, e della possibilità di vivere tra i vivi, senza doversi spostare ogni volta che la casa lo decida.

Una vita che possa essere fatta di connessioni che durino più di una sola notte. I suoi sogni e desideri la guideranno verso scelte ardite e discutibili, che la porteranno a perdere anche i legami più importanti, primo fra tutti Baba.

Baba attraversa i cancelli della morte per accompagnare un’anima debole, senza riuscire a fare ritorno e così Marinka, un po’ per non diventare la nuova guardiana, un po’ perché le è insopportabile la mancanza di Baba, fa di tutto per provare ad attraversare lei stessa i cancelli.

Inizia così l’avventura di una ragazzina che deve scoprire il più in fretta possibile chi vuole essere e come fare per diventarlo, senza però sconvolgere il suo mondo Yaga.

All’interno del libro ci sono due grandi colpi di scena, che il lettore attento coglierà subito e che non voglio rovinarvi, anche se il libro non è di recentissima uscita.

Il legame tra Marinka e la sua casa è molto forte, e ricambiato, quando la ragazza resta sola, la casa la protegge e cerca di mettere i desideri e i bisogni di Marinka davanti ai suoi. Una priorità che va a danneggiare la struttura stessa della casa, poiché sua funzione primaria è essere cancello affinché le anime dei defunti raggiungano le stelle; vedendosi negata questa funzione, la casa inizia a mostrare delle crepe, ma continua a mettere il bene di Marinka davanti al suo, cercando si realizzarne i desideri.

In questo viaggio Marinka scoprirà molto di più di quanto credeva di sapere sul mondo Yaga, sulle case, e sulle persone che lo compongono, scoprirà che esistono anche molte differenze tra una Yaga ed un’altra e che la vita di una guardiana può essere molto più piena di quanto si aspettasse e sospettasse. Piena non solo di morti diversi di notte in notte, ma di vivi, di amici, di passioni da coltivare, e che spostarsi di continuo non è poi così male.

Ma, il rovescio della medaglia, porta con sé la delusione per la compagnia dei vivi, quelle amicizie tanto agognate che però le faranno perdere la fiducia nella bontà delle persone vive. Anche questa è una lezione: non fare di tutta l’erba un fascio.

E vale per i vivi, per i morti e probabilmente anche per gli Yaga.

Perdendo Baba, la vita di Marinka sembra vuota, e La casa che mi porta via è un viaggio verso la conoscenza di sé, la scoperta di un mondo vasto, dove si può riuscire ad avere tutto, o quasi, ad avverare un desiderio, se si è disposti ad abbandonare i pregiudizi.

Hai cercato di cambiarmi, e di farmi diventare qualcosa che non sono:” […]

All’improvviso il respiro mi inciampa in gola, perché mi rendo conto che non è colpa di Salma. Sono io che volevo essere qualcosa che non sono.

[…]

Sono viva, morta e Yaga. Diversa da tutte le altre persone che incontro. Ma sono contenta così. Vuol dire che posso muovermi fra mondi diversi.

Oriana D'Apote

Oriana D'Apote classe ’93 un pendolo che oscilla tra la Puglia e l’Abruzzo. La mia prima natura è quella di ascoltatrice di storie, con l'animo inquieto sempre alla ricerca di qualcosa, il dettaglio, la poesia. Sogno di acquistare centinaia di fiabe illustrate, leggo storie crude. Vivo come il protagonista di un noir a colori dove alla fine prenderò il cattivo, risolverò il caso.

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