L’ Isola del tesoro – Robert Louis Stevenson

L’isola del tesoro, c’è forse una lettura più estiva di un’avventura di pirati?

Per me, chiaramente, no.

Forse perché passo le vacanze al mare, magari se avessi sempre trascorso la mie vacanze in montagna oggi la penserei diversamente.

Eppure fin da bambina ho sempre avuto un grande amore per i racconti d’avventura!

Se siete giunti su questo blog passando per Instagram, saprete che, da un po’ di tempo, verso settembre, spinti anche dalla ripresa delle attività scolastiche, proponiamo dei classici della letteratura che si incontrano spesso, per la prima volta, proprio tra i banchi di scuola; autori come Pirandello, Verga, Pavese, Calvino, Svevo.

Sotto l’influsso preparatorio ai classici di settembre mi sono chiesta perché, invece, non leggere un grande classico delle vacanze: L’ Isola del tesoro di Robert Louis Stevenson!

Ed ecco che, mollati senza indugio gli ormeggi, mi sono ritrovata sotto il sole di agosto, imbarcata in questa avventura.

Non sono qui con la pretesa di aggiungere alcunché ad un grande classico e ad un famoso autore, su entrambi molto è stato già detto, e da voci, probabilmente, più autorevoli. E poi, se vi è stato assegnato come lettura estiva, certamente, è qualcosa che affronterete, o avrete già affrontato a scuola.

Sono qui per dirvi, se non lo avete letto, di farlo, mai pe cumanno, ovviamente!

Di cosa potrà mai parlare un libro che si intitola L’isola del tesoro?

Sorprendentemente, racconta di un viaggio, intrapreso da molti onesti uomini inglesi e da molti altri onesti uomini di ventura, tutti a bordo della Hispagnola, sognando di raggiungere l’isola dov’è nascosto il tesoro del capitano Flint.

Tra gli onesti uomini inglesi, presenti sulla nave, troviamo Jim Hawkins, il più giovane a bordo, il narratore, ma anche l’uomo grazie al quale ha inizio l’avventura.

Quando la strada di un onesto ragazzo avviato alla professione di locandiere si scontra con quella di un vecchio scorbutico e prepotente marinaio, meglio moto come Billy Bones, siamo a Black Hill Cove vicino a Bristol in Inghilterra, precisamente nella locanda Ammiraglio Benbow.

Alla locanda, con l’arrivo di Bill iniziano per Jim e suo padre mesi di terrore nella morsa dell’irascibilitá e violenza del nuovo ospite. Le cose però peggiorano, all’aggravarsi delle condizioni di salute del padre del giovane protagonista si uniscono le visite, sempre più frequenti, al vecchio Bill, compagni di ventura, gente poco raccomandabile.

In una di queste visite un uomo cieco rifila a Bill il bollo nero, presagio di condanna a morte. E difatti Bill poco dopo muore davvero, ma d’infarto, dopo una vita dedita al rum. Frattanto, anche Jim è rimasto orfano di padre e con sua madre, pur temendo l’ira dei pirati, compari di Bill, cercano tra i suoi effetti personali almeno quello che gli spetterebbe per saldare il debito per il soggiorno alla locanda.

Si va verso un precipitare di eventi, durante i quali Jim si appropria di una mappa, i pirati distruggono l’Ammiraglio Benbow per cercarla. Jim e sua madre fuggono verso il paese, i pirati inseguitori diventeranno inseguiti, dagli uomini del villaggio giunti in aiuto del giovane e di sua madre.

Da qui, inizia la formazione della compagnia di viaggio così come impareremo a conoscerla, con Jim, il dottor Livesey e il signor Trelawney tra i famosi uomini onesti.

Per quanto riguarda gli onesti uomini di ventura primo tra tutti Long John Silver, ufficialmente il cuoco di bordo, privo di una gamba e provvisto di un ottimo cervello.

Tra i motivi per i quali dovreste leggere L’isola del tesoro c’è proprio lui, John Silver. Se siete figli di una cultura pop, se amate il cinema o siete accaniti lettori, non può non esservi capitato di esservelo trovato davanti, magari avere assistito ad una citazione e magari non esservene accorti.

Davvero volete rischiare brutte figure, magari mentre tentate l’approccio con la persona che vi piace, e che lei vi scopra impreparati?

Davvero volete privarvi del piacere di cantare:

“Quindici uomini sulla casa del morto –

Yo-ho-ho, e una bottiglia di rum!”

Scommetto che anche questa non vi è nuova.

Long John Silver con il suo pappagallo e la sua gamba di legno, insieme al capitano Flint e a Billy Bones, è entrato nell’immaginario comune con l’irruenza dei bucanieri.

Non solo pirati, ma I pirati, capaci di trascendere la loro storia e diventare patrimonio dell’immaginario comune.

Vi basti pensare che nel film Pagemaster – L’avventura meravigliosa del ‘94, tra i miei film preferiti, titolo che mi ha consacrato per sempre all’Olimpo della lettura, vi ricordo due citazioni ai libri di Stevenson, Lo strano caso del dottor Jekill e mister Hyde, per la sezione horror, e L’Isola del tesoro per la sezione avventura; con la comparsa all’orizzonte proprio di lui, John Silver, appena sceso dalla Hispaniola e prontamente riconosciuto da Avventura il cui consiglio per il giovane protagonista è: “non ti fidare!”

La veridicità di questo prezioso consiglio potrebbe non essere colto, o sottovalutato da chi non conosce questo losco figuro. Persino la Disney, nel film Il pianeta del tesoro, riesce a darne un quadro abbastanza somigliante ed appropriato, sebbene un po’ addolcito.

A proposito, sapete che per realizzare Silver i disegnatori utilizzarono dei vecchi disegni di capitan Uncino sostituendo l’uncino con il famoso braccio cyborg?

Il pirata dalla gamba di legno, con il suo comportamento altalenante, i suoi continui cambi di fazione, somiglia ad una bandieruola, pronta a girare dove gira il vento, l’ importante è il suo tornaconto, eppure con il suo animo non completamente buono e non completamente cattivo è il mezzo perfetto con cui Stevenson ci parla dell’ambiguità della morale.

Il viaggio della Hispaniola verso l’isola, in quanto a navigazione, non fu particolarmente travagliato, ma, come possiamo immaginare, con l’avvicinarsi della terra in vista, gli animi cominciarono a scalpitare. Fu grazie a questo che Jim si dimostrò prezioso per tutta la compagnia di uomini onesti, cogliendo per caso i veri intenti della ciurma.

In questa parte del romanzo non ci viene risparmiata la violenza, sia vissuta al presente che narrata al passato. La figura del pirata non ne esce mistificata o ammantata da strane glorie; anzi, sono uomini dediti al bere e al denaro, senza senso per il futuro o per il risparmio, omicidi che vogliono tutto e subito e pronti a tutto per averlo.

Di tutta la ciurma, dalla sanguinosa isola, solo cinque fecero ritorno, e considerate che uno lo recuperano lì!

Sempre meglio dei marinai della famosa canzone di cui parlavamo prima, quelli sulla cassa del morto, da quindici diventano settantaquattro e solo uno ritorna vivo.

Quando vi parlo di Stevenson, devo ammettere, sono di parte, amo i suoi racconti e il modo in cui sono scritti.

L’Isola del tesoro poi, ha un modo tutto suo di procedere, tra rallentamenti e accelerazioni che ci permettono di annoiarci o di tenere il fiato sospeso proprio come se fossimo parte della ciurma anche noi.

Spero di avervi trasmesso un po’ di spirito marinaresco e avventuriero, perché in fondo tutto è partito da lì, e dall’aver rivisto per l’ennesima volta Il pianeta del tesoro, nel quale un giovane Jim Hawkins di sogni d’avventura è pieno, ma poi alla fine è della navigazione che si innamora.

Ne L’Isola del tesoro, invece, Jim torna arricchito ma saldamente a terra e, con mio rammarico, il capitano Smollett non lo introduce alla carriera nella marina navale.

I nostri due Jim, sebbene simili, seguiranno sicuramente avventure diverse, ma a me, come a voi, non è dato saperlo, e come canterebbe Max Spezzali:

“Di risposte non ne ho

mai avute mai ne avrò”

Però, il bello è che possiamo sempre immaginare e tornare a salpare 😉

Oriana D'Apote

Oriana D'Apote classe ’93 un pendolo che oscilla tra la Puglia e l’Abruzzo. La mia prima natura è quella di ascoltatrice di storie, con l'animo inquieto sempre alla ricerca di qualcosa, il dettaglio, la poesia. Sogno di acquistare centinaia di fiabe illustrate, leggo storie crude. Vivo come il protagonista di un noir a colori dove alla fine prenderò il cattivo, risolverò il caso.

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