Jack lo squartatore – Un demonio a Whitechapel : recensione

Jack lo squartatore è un personaggio ricco di fascino e mistero, come potrebbe accadere quasi esclusivamente nelle storie di fantasia. In questo caso però parliamo di una persona reale, pur non conoscendo molto della sua storia. Anzi, conosciamo (in pratica) solo le sue vittime e quel poco che viene dai documenti dell’epoca.

Il fascino deriva da quello strano brivido che riescono a causare i cattivi intelligenti: pensiamo ad esempio a Scar del Re Leone o, nella realtà, a Jeffrey Dahmer. Raggiungono il loro apice quando sono capaci anche di una particolare ironia, come Ade di Hercules. Ecco, il nostro Jack ne dimostra una buona predisposizione in molte delle lettere.

Gli spunti per parlare del primo serial killer riconosciuto ufficialmente arrivano dalla lettura di Jack lo squartatore – Un demonio a Whitechapel, prima uscita della serie I volti del male, della Emse. Il volume porta ordine tra le tantissime leggende che girano sul conto dell’attore di cotanta efferatezza, partendo dagli atti giudiziari e dai rapporti di polizia.

L’introduzione è squisitamente narrativa, per proseguire poi sul versante saggistico (ma senza troppi tecnicismi).

Le vittime ufficiali di Jack lo squartatore sono 5, e ve ne abbiamo parlato nel video linkato QUI. Il numero di donne uccise dal demonio di Whitechapel potrebbe essere superiore, ma il quartiere aveva una brutta nomea proprio per l’elevato tasso di delinquenza. Il groviglio è così complicato che tuttora se ne discute.

Ovviamente l’argomento più chiacchierato è relativo all’identità: in pratica è dal 1888 che il toto nomi prosegue. All’inizio l’ipotesi più probabile vedeva un qualsiasi ebreo con capacità coi coltelli, idealmente un calzolaio o un macellaio. In ogni periodo storico c’è un lasso di tempo in cui gli ebrei venivano mal visti dalla società, in più a fine ‘800 nell’East End erano in molti a lavorare nei mattatoi o in luoghi del genere. Lo scrittore canadese Wolf Vanderlinden aggiungeva che “nessun inglese poteva essere responsabile di delitti così brutali e barbari”. Wolf, a mio parere, conosceva poco gli inglesi, indipendentemente dalle origini di Jack.

Ad ogni modo, in certe strade di Whitechapel l’inglese era la seconda lingua rispetto allo yiddish; addirittura una zona era detta la “Piccola Odessa”. Uno tra i primi a subire l’arresto fu John Pizer, soprannominato Grembiule di cuoio proprio come Jack lo squartatore prima delle lettere al commissariato. L’uomo, leggendo sul giornale di quest’omonimia, andò a nascondersi nella casa della madre, da cui non uscì fino al giorno in cui Scotland Yard bussò alla sua porta. Lieto fine: ottenne anche un bel risarcimento dai giornali che lo accusavano.

Michael Ostrog e Montague John Druitt invece emersero dalle acque del Tamigi in stato di decomposizione prima di finire nelle indagini. Il primo era un medico russo con atroci precedenti: truffatore e assassino, però, nel 1888 era in Francia (al fresco). Il secondo era invece un maniaco sessuale. Diversi inquirenti furono concordi nel chiudere la faccenda col cadavere di Druitt nel fiume londinese.

Il sospettato più importante rimane il principe Albert Victor, duca di Clarence e Avondale. È il figlio di Edoardo VI e quindi nipote della regina Vittoria. Non è così irrilevante, se pensiamo che era il secondo in linea di successione al trono. L’aspirante sovrano contrasse la sifilide nelle Indie Orientali. Tra gli effetti più noti della malattia ci sono pustole, calvizie, pazzia. Albert virò principalmente verso il terzo sintomo. Da lì la strada è spianata verso la serialità criminale.

Ora, questa teoria viene da Thomas Stowell, giornalista che ha tra le fonti il diario del dottor William Gull (medico del principe). Non vorrei fare il complottista, ma pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo su The criminologist Stowell morì. La settimana successiva vennero bruciate le carte dello scrittore, senza alcun motivo apparente. Chiudiamola qui, che non ho voglia di trovarmi un gendarme britannico in casa.

Dal profilo psicologico di Vicente Garrido leggiamo di un uomo senza una particolare intelligenza, ma molto abile nell’osservazione e lo studio delle scene dove agire. Le preoccupazioni di un delinquente, del resto, erano poche: le scene del crimine non venivano preservate, le impronte digitali erano quasi impossibili da rilevare ed era difficile persino stabilire se il sangue trovato era umano o animale.

L’aiuto principale di Jack era la notte, dato che nel quartiere c’erano poche luci. Parliamo di un quartiere dove tutti volevano privacy negli incontri extraconiugali, quindi c’era molto interesse nel mantenere le strade al buio.

Per approfondire ulteriormente vi consiglio il volume che trovate in edicola, Jack lo squartatore – Un demonio a Whitechapel, o sul sito dove potervi abbonare. Di certo parleremo ancora di questa collana nei prossimi mesi!

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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