Il mio nome è Gabriele D’Annunzio – Antonio Di Loreto

Dopo l’esame di stato ho stilato un podio di autori che più ho odiato, e D’Annunzio troneggiava. Del resto un personaggio come lui poteva torreggiare, svettare, mai sedersi. Poi ho frequentato l’omonima università, con annesso corso monografico dedicato: un disastro.

Insomma, non era mai il momento giusto o l’avrei aborrito vita natural durante?

Per fortuna è arrivato in soccorso il volume di Antonio Di Loreto Il mio nome è Gabriele (D’Annunzio). Biografia semiseria di un uomo fuori del comune. Edito da Solfanelli, scandaglia la vita dell’autore pescarese da un punto di vista spesso sottinteso dagli insegnanti. Eppure è così favolosamente interessante!

Com’è nata in te la necessità di queste ricerche e quindi questo volume?

Avevo conservato negli anni, nella mia memoria, notizie, aneddoti, curiosità che delineavano un d’Annunzio differente da quello che comunemente viene descritto da coloro che lo conoscono superficialmente. Ho cercato di restituire un po’ di giustizia ad un personaggio che, nel bene e nel male, ha inciso profondamente nelle diverse generazioni del suo tempo e che non doveva essere liquidato semplicemente come uno scrittore “decadente e donnaiolo”.  D’Annunzio ha avuto la capacità di essere ricordato fino ad oggi, non solo per le sue opere letterarie, ma anche per le sue azioni, lo stile di vita, la sua energia vitale.

Ho studiato filologia e mi sono reso conto di quanto sia lungo il lavoro preliminare nei lavori di questo tipo. Ci sono state difficoltà nella fase di documentazione?

Esiste una vasta documentazione storica e numerose biografie. D’Annunzio è stato studiato, scandagliato, sezionato come pochi altri personaggi storici. Tutto o quasi si conosce di lui, anche perché ci ha lasciato un enorme carteggio di lettere che ripercorre un po’ tutta la sua esistenza. Ho cercato, a questo punto, di ripercorrerne la vita e di descriverne le opere senza appesantire la lettura e di renderla attuale per i nostri tempi. Il libro è destinato ai giovani e a tutti coloro che vogliano accostarsi a questo personaggio senza l’ingombro di una grande mole di date, fatti, personaggi. Ho voluto, quindi, descrivere l’essenziale in tono leggero.

D’Annunzio ha avuto una miriade di donne, ma quella che ho apprezzato di più è Lina Cavalieri. Già, proprio una delle poche a non esser finita tra le sue lenzuola. Qual è la tua donna dannunziana preferita?

Forse, Barbara Leoni, colei che, secondo me, lo ha infiammato della passione più struggente, del desiderio più profondo. L’unica donna per la quale dichiarò, in una lettera al suo amico Francesco Paolo Michetti, di volersi uccidere se non l’avesse avuta con sé.

Sei anche regista e cinefilo, e si vede in molti punti del libro con paragoni interessanti come per Blues Brothers e Amici miei. Antonio Di Loreto, ci sono film o documentari che consiglieresti per parlare di Gabriele D’Annunzio e la sua modernità?

Conservo quasi tutti i filmati d’epoca in cui compare d’Annunzio ed anche un film del 1987 che ripercorre la sua vita che, a mio avviso, non gli rende giustizia. Attendo di vedere il film “Il cattivo poeta” e, dato che è stato girato al Vittoriale, la migliore scenografia possibile, non resta che sperare in una ottima prova di recitazione di Sergio Castellitto, nei panni del poeta negli ultimi anni della sua vita.

Non pensavo che D’Annunzio avesse deciso di non vedere Cabiria, considerandolo letteralmente “una bojata”, una marchetta. Qual è il tuo parere a riguardo?

Te lo immagini d’Annunzio in una sala cinematografica, in frac, cilindro e monocolo in mezzo ad una folla di spettatori? E poi, Cabiria non era una sua idea originale, non aveva acceso la sua creatività, la sua passione. E, soprattutto, non aveva potuto esercitare nessun controllo nella realizzazione del film, come avveniva invece per tutte le rappresentazioni teatrali e le opere editoriali che aveva creato, per le quali pretendeva che venissero prodotte secondo le sue precise direttive.

Di eventi memorabili ce ne sono a iosa, ma qual è il tuo episodio preferito?

Scelta difficile, ma credo che l’impresa di Fiume sia stato il momento più esaltante e complesso della sua vita e del quale, tuttora, si continua a scoprire ancora qualche aspetto di novità. Se fossi vissuto in quell’epoca non me lo sarei perso per nulla al mondo e neanche tu, ci scommetto.  

Cosa bolle in pentola per il futuro? Ci sono nuovi progetti all’orizzonte?

Sono indeciso tra la biografia di Alvaro Vitali e la Storia dell’Umanità in 120 volumi.

Scherzi a parte, sto accostandomi ad un altro grande personaggio e se ne sarò in grado, cercherò di descriverlo nel prossimo libro. Se ci riuscirò, lo dichiaro fin da ora, sarà anche grazie alla tua cultura cinematografica e alla tua disponibilità.

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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