Immaginate di essere dei surfisti, di essere in mare aperto e di trovarvi davanti ad un’onda talmente alta da restare paralizzati dalla paura e, infine, immaginate il mare che vi travolge e vi riempie completamente.
Dev’esserci parecchio buio sul fondo del mare, questo buio è quello che prova India durante gli attacchi di panico.
Ilaria Urbinati e Brian Freschi nel graphic novel Il mare verticale ci raccontano la storia di India, un’insegnante che ama il suo lavoro, il suo compagno, le passeggiate in bicicletta e che soffre di attacchi di panico.
Il mare verticale è un testo che si inserisce nel panorama sempre più ampio e attento al tema della salute mentale; lo fa con le delicate linee del disegno, con i colori vivaci senza nascondere le paure, il buio e i toni cupi.
La storia di India è divisa tra, l’esterno di una vita quotidiana tra lavoro e relazioni di coppia, che si esprime in modo semplice con pagine ricche di colori, di movimento, delle urla dei suoi bambini di seconda elementare. E, l’interno, un’emotività a tinte scure; il bianco e soprattutto il nero la fanno da padrona nelle tavole che rappresentano le paure di India.
Qualcosa cambia quando gli attacchi di panico di cui soffre diventeranno sempre più frequenti tanto da minacciare non solo la sua relazione ma anche il suo lavoro a scuola.
Dopo aver avuto un attacco di panico in classe in seguito allo smarrimento dei bambini, le capacità lavorative di India vengono messe in discussione. Soprattutto per la dura reazione dei genitori che si fanno scudo del loro ruolo genitoriale e, usando come arma la preoccupazione per la sicurezza dei loro bambini, alzano un muro d’odio verso la giovane maestra.
Un muro che non è disposto al dialogo né alla comprensione. Un rifiuto che sfocia in gesti estremi, forti attacchi verbali e persino vandalismo nei confronti di India.
Fortunatamente ne Il mare verticale di Brian Freschi e Ilaria Urbinati il mondo è pieno di voci fuori dal coro, come quella di Lia, mamma di Simone, l’unica ad avere un approccio diverso alla questione. Lei vede India non solo come l’insegnante di suo figlio, ma anche come una persona che, oltre al suo lavoro a scuola, ha anche una vita fuori con cui fare i conti. Lia si dimostra interessata all’amicizia di India che dopo molte titubanze la inviterà ad uscire. Sono queste pagine, davvero belle, nelle quali India spiega cosa si prova durante un attacco di panico; Lia invece svelerà di conoscere bene la cattiveria dei pettegolezzi. Un bellissimo dialogo, una dimostrazione di sostegno e d’amicizia tutta al femminile, che si conclude con le due amiche che cancellano le scritte vandaliche. Un colpo di spugna che insegna ad India a non accettare le etichette che altri le impongono.
India trova il coraggio di scegliere per sé stessa. Decide di spiegare ai bambini l’episodio al quale hanno assistito per aiutarli a comprendere la malattia della loro maestra invece di nascondergliela. Comincia a raccontare loro una storia: quella dell’eroina Hava che insieme al suo piccolo aiutante Zìzì deve sconfiggere l’oscuro Kalabibi. È una vicenda fatta di ombre che spesso finisce con delle sconfitte.
Un racconto che dovrebbe insegnare ai bambini e invece parla ai grandi. Ad India per prima che, con l’aiuto dei suoi bambini, riuscirà ad approcciarsi in modo diverso alla sua malattia.
Comincia un nuovo percorso di accettazione verso se stessa, verso gli alti e soprattutto i bassi della vita. Una strada che non deve percorrere da sola. India non è più Hava l’eroina solitaria, ora le due parti sono insieme e possono affrontare la vita un’avventura alla volta.