I miei giorni alla libreria Morisaki – Satoshi Yagisawa : recensione

Le storie migliori iniziano sempre con un evento scatenante: una frizione, una rottura, un dramma. Se poi il tutto viene trattato con la giusta dose di umorismo, come in I miei giorni alla libreria Morisaki, non posso che leggere dall’inizio alla fine senza interrompermi.

“ Cominciò con un fulmine a ciel sereno. Una circostanza che fino a quel momento mi era parsa più improbabile di una pioggia di ranocchie.

Un giorno Hideaki, con il quale stavo da circa un anno, mi disse all’improvviso: “Mi sposo”.

In un primo momento, nella mia testa si materializzò un grande punto interrogativo. Avrei capito se avesse detto: “Sposiamoci”. Anche “voglio sposarmi” avrebbe avuto senso. Ma “mi sposo” era decisamente bizzarro. “

La protagonista Takako vive uno sconvolgimento degno delle serie tv dei primi anni 2000, ma è lo stile a creare il racconto. Accantoniamo subito le immagini alla Sex and the city, perché qui campeggia una delicatezza che Darren Starr non saprebbe portare in scena.

Con un mondo sgretolato alle spalle, Takako va a vivere dallo zio Satoru. Lo fa controvoglia: ricorda lo zio come un tipo strano, divertente quando era bambina eppure sempre meno sopportabile con lo scorrere del tempo; gli eterni sognatori non fanno per lei, o almeno è ciò che pensa in quel dato momento della vita.

Tokyo è però magica, e lo è ancor di più il quartiere di Jinbōchō. È il tempio dei libri, con oltre centosettanta librerie e una lunga tradizione in cui gli scrittori hanno esplorato ogni angolo e hanno vissuto per quelle vie in cerca di ispirazione. La libreria Morisaki è di famiglia, ed è qui che Takako scoprirà il piacere della lettura, l’amore che trasuda dalle pagine e la forza delle infinite vite che possiamo interiorizzare dai volumi che passano tra le nostre mani. E inizia a comprendere l’anima dello zio, pura e limpida, pronta a tendere una mano a qualsiasi condizione. Lui ha trovato nella nipote, fin dalla nascita, un angelo, una sorta di spirito guida.

Il mondo delle librerie è pieno di casi singolari (è così in tutti i lavori dove ci si relaziona col pubblico, ma il rapporto con l’arte può arrivare a vette inarrivabili). Anche nel podcast Copertina di Matteo B. Bianchi ne sentiamo tante, nella sezione dedicata agli addetti ai lavori, però – ovviamente – un libro può esplorare le vicende in uno spazio maggiore. Riusciamo a figurare gli avventori, saltuari o fissi, e lo stesso succede per i personaggi del vicino bar che per certi versi possono ricordare La taverna di mezzanotte di Yaro Abe (ma con orari più comuni).

Non sono un fan delle storie d’amore, eppure ho partecipato assai alla sezione riguardante Momoko, la zia della protagonista. Il povero Satoru ha vissuto l’abbandono, ma anche Momoko ha il suo carico di sofferenze da risolvere.

I miei giorni alla libreria Morisaki ha un unico difetto: il finale sembra tronco, come se avessero stampato il libro senza l’ultimo paio di capitoli. Spero tanto che Satoshi Yagisawa conti di scrivere un seguito!

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

Lascia un commento