La lettura di I leoni di Sicilia di Stefania Auci mi ha trasportata nella Palermo dell’Ottocento. Ogni luogo, ogni personaggio, ogni scena sono presentate in maniera talmente vivida da riuscire ad avere un’immagine mentale molto chiara, quasi come in un film.
L’autrice propone un romanzo storico di ampio respiro – i fatti raccontati vanno dal 1799 al 1868 – che narra la fortuna della famiglia Florio, intrecciando ai fatti storici una buona dose di melò ottocentesco.
Un terremoto segna l’inizio di questo romanzo, e spingerà i fratelli Paolo e Ignazio Florio a lasciare il paesino di Bagnara Calabra per cercare fortuna a Palermo e come un terremoto Vincenzo Florio scuoterà Palermo e la sua società.
Da una piccola putìa vicino al porto i Florio avvieranno nel corso degli anni delle imprese commerciali sempre diverse e sempre molto fortunate, spezie, zolfo, vino, tonno sottolio, ogni cosa che toccheranno diventerà piccioli.
Protagonista principale del romanzo è Vincenzo, emblema della famiglia Florio: testardo e ambizioso, con pochi scrupoli ma un grande senso per gli affari, un Lupu di mannara. Lo vediamo neonato nel prologo del romanzo e ne seguiamo la carriera capitolo dopo capitolo: più Vincenzo cresce, più crescono gli affari della famiglia e quando prenderà le redini dell’azienda la farà diventare il suo personale impero.
Così l’autrice lo fa descrivere al culmine della sua carriera, in maniera molto calzante, dal figlio Ignazio:
«Nostro padre ha scelto cosa voleva fare, chi voleva essere. Lo ha fatto a modo suo, con una forza che non ha lasciato scampo a nessuno. E siamo stati costretti a seguire il la strada che lui ha tracciato. Lo abbiamo fatto tutti, a partire da nostra madre»
Uno dei punti di forza di questo romanzo sono le descrizioni molto suggestive che rendono viva l’epoca lontana in cui è ambientato; ogni senso del lettore viene infatti stuzzicato, ci si ritrova negli antichi palazzi, circondati dalla grida per le strade di Palermo. Si sente anche l’odore delle spezie, e perfino il tanfo degli scarti del pesce.
Auci fa parlare i suoi personaggi in un mix di italiano e siciliano abbastanza calzante, peccato per alcuni termini poco credibili come “diamine!” (personalmente avrei preferito un’esclamazione più spontanea come un “mio Dio!”).
Ho trovato I leoni di Sicilia di Stefania Auci un libro molto appassionante e suggestivo, e che riesce a ricostruire un’epopea senza scadere nel banale.
I leoni di Sicilia avrà un seguito e non solo! La Rai infatti sta lavorando ad una fiction ispirata alla saga dei Florio.