I grammatici e i retori – Gaio Svetonio Tranquillo

Di Svetonio ci rimangono solo le Vite dei Cesari e I grammatici e i retori, perché forse non ci meritavamo uno scrittore così fantastico. Ora, fossi io un copista, avrei fatto di tutto per preservare il suo corpus di opere. Beh, accontentiamoci e godiamone il più possibile.

Svetonio scriveva al tempo di Adriano, uno dei migliori tra gli imperatori non compresi nella storiografia del nostro Suetonius. Pur non essendo un patrizio, diventa avvocato molto presto ed è un protetto di Plinio il Giovane (di cui so solo che aveva una villa enorme). Quest’aiuto si rivelò importantissimo, perché certe raccomandazioni portano in alto.

Per esser precisi, Svetonio divenne il responsabile delle biblioteche pubbliche di Roma e il direttore dell’archivio imperiale. Il sogno di ogni studioso è avere accesso al sapere, e qui c’era tutto ciò che all’epoca era disponibile. Da erudito e antiquario, però, Svetonio era comunque molto particolare vista la sua passione per l’elemento di colore, ricercato eppure terrigeno. Ne parleremo in modo diffuso con le Vite dei Cesari, ma I grammatici e i retori non è esente da questo vezzo.

Quest’edizione con testo a fronte è a cura di Stefano Costa, che purtroppo non conoscevo. Le sue note sono state fondamentali per entrare nelle esistenze degli insegnanti trattati dall’autore latino.

L’opera è una parte del De viris illustribus, le vite degli uomini illustri che Gaio ha scandagliato negli archivi imperiali, direttamente dai documenti. È attento però anche al sentito dire, non ignora le voci che circolano sui personaggi, e quindi restituisce l’immagine di uomini a tutto tondo, comprese le maldicenze d’epoca. Dovevano figurare, nel testo originale, anche filosofi, poeti e storici (di cui abbiamo principalmente scarsi lacerti).

Perché inserisce gli insegnanti? L’educazione parte da lì, e queste persone diventano allora fondamentali per lo sviluppo culturale del popolo romano.

Ogni biografia parte dall’origine geografica per passare alla formazione e il metodo, fino ai lavori principali (scuole, scritti) e eventi principali. Di Marco Pompilio Andronico, ad esempio, sappiamo che era siriano e legato agli epicurei; la sua pigrizia fu la sua condanna, infatti venne considerato poco adatto al lavoro scolastico. Sempre pieno di debiti, era costretto a svendere le sue opere come un libretto sulla confutazione degli errori degli Annali di Ennio.

Spesso troviamo informazioni su amore e odio dei singoli, comprese le offese sparse tra i testi. Lucio Orbilio Pupillo, beneventano, criticava anche i grandi come Murena – viene citato un processo in cui era testimone, interrogato proprio da lui. Ma c’è anche un verso di Bibaculo dove l’oggetto è la perdita di memoria di Orbilio (aveva comunque quasi cento anni).

“Marco Pomponio Porcello, censore assai puntiglioso della lingua latina, durante una causa – infatti ogni tanto esercitava anche l’avvocatura – persistette a biasimare un solecismo pronunciato dall’avversario a tal punto che Cassio Severo, interpellati i giudici, chiese una dilazione perché il proprio cliente si procurasse un altro insegnante di grammatica.”

Gli insegnanti sono davvero spassosi, a conoscerli bene. Consiglio agli studenti di rizzare le orecchie quando possibile, perché innanzitutto c’è molto da imparare, ma anche in ambito extrascolastico sono impareggiabili. Non ho mai sentito offese più belle di quelle che si fanno i Maestri. Ciò dipende da quella strana malattia che affligge una buona percentuale di loro, la “misentostocazzite”, grave almeno quanto la “misentostocazzalgia”. Esatto, proprio il morbo che contrasse Dante senza mai lasciarlo.

“Quinto Remmio Palemone […] abbagliava la gente tanto con la cultura, quanto con la prontezza dell’eloquio e componeva anche poesie improvvisando. Scrisse per di più in metri vari e raramente usati. Fu tanto arrogante da chiamare maiale Marco Varrone, da andare dicendo che la letteratura era nata e sarebbe morta con lui, che il proprio nome era stato inserito nelle Bucoliche non a caso, ma perché Virgilio presentiva che un giorno o l’altro Palemone sarebbe stato giudice di tutti i poeti e poemi.”

Questo è solo l’inizio, perché andando avanti peggiora (o migliora, per l’ottica di Palemone). Insomma, con I grammatici e i retori ci avviciniamo alla fauna scolastica in modo considerevole e possiamo capire quanto fossero spassosi ma poco autoironici i romani. La lettura che ha accompagnato tutta la mia preparazione per il concorso da insegnante (non che sia un vanto, erano più le volte in cui ho riso che quelle in cui ho studiato).

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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