Mi ero ripromessa di non leggere i figli indotti-diretti-dedotti della pandemia, ma se Giacomo Papi propone Happydemia, una nuova satira sociale, la mia promessa non può che venire meno. Le aspettative erano alte, soprattutto dopo aver letto Il censimento dei radical chic che ha conquistato tutti i lettori che detestano questo dilagante perbenismo letterario con lieti fini, arcobaleni, felicità&speranza e storie uterine (Sì ho detto “uterine”! Sì, è una donna che lo sta dicendo!).
Happydemia viene pubblicato cinque mesi fa dalla Feltrinelli editore. L’idea è in parte frutto di uno scambio di battute tra l’autore milanese e il neuropsichiatra e amico Stefano Benzoni che ipotizza, probabilmente per ridere, l’invenzione di uno psychodelivery, vista la possibile crisi con il primo lockdown.
«Si erano illusi di essersi spartiti tutti i desideri e i bisogni dell’umanità. Invece si erano dimenticati della felicità. Si erano dimenticati che l’essere umano vive soltanto se dentro ha un cuore che batte.»
Happydemia è una multinazionale che offre un servizio di delivery di psicofarmaci con rider che portano dosi di felicità direttamente a domicilio. Le consegne non sono entro dieci minuti come il consueto servizio d’asporto gastronomico (fatta eccezione per i SIP, i secret important person); ma permettono comunque di sopportare le restrizioni del nuovo DPCM #IoMiTappoInCasaDiNuovo; d’altronde non si potevano sfornare pani e dolci per troppo tempo, e le corsette nei parchi sono permesse solo nei mesi alterni e giorni dispari.
Giacomo Papi descrive una realtà non tanto diversa da quella in cui ci troviamo oggigiorno, e lo fa con quel particolare sarcasmo che amo; “fa ridere, ma fa anche riflettere!”, e viceversa. Ma a questo ci aveva lentamente abituati.
All’interno di questa agile lettura ci racconta la vicenda, anzi, il percorso di formazione che compie Michele in una Milano desolata; offre anche consigli di buon costume: come ad esempio non leccarsi le dita come si faceva un tempo con le Fonzies (non so voi, ma provavo un certo ribrezzo alle elementari quando vedevo l’insegnante cinquantenne che si leccava le dita per voltare le pagine proprio del tuo quaderno, orrore), o non infilarsi le dita nel naso (non sei un minatore che deve trovare l’oro).
Un Michele un po’Pinocchio un po’Vitangelo Moscarda (la sua appendice nasale è sicuramente importante) si ritrova confuso e non accetta l’idea di iscriversi in questo fenomenale e innovativo percorso universitario, “Teorie e tecniche dello smart working”; decide allora di farsi convincere dal Cometa e il Moviola (il gatto e la volpe del XXI secolo) nel provare a lavorare come psychodriver. In fondo gli studi possono pure aspettare un annetto, ma due soldi in più in tasca non sono mica male. Il nostro protagonista incontra il suo balocco che gli fa venire un picco glicemico (una Miriam Pazzeska che indossa sempre la mascherina senza mai toglierla). Mia dimenticanza tra le cose da mettere in premessa: questo povero ragazzo ha diciannove anni e non ha ancora baciato una ragazza. «La pelle era diventata il confine. La barriera di filo spinato che teneva lontano gli altri.»
Tra le varie norme del dpcm c’è quella relativa ai rapporti con “congiunti disgiunti aggiunti”, ovvero se vivi da solo puoi vedere altre persone che vivono da sole, mentre se abiti con qualcuno non puoi far visita a nessun altro. Questo non aiuta il ragazzo a seguire o inseguire le diverse tappe della scoperta sessuale. Chissà che fine hanno fatto i tinderini in questa satira ben costruita. “Qualcuno pensi ai single o ai mariti/mogli fedifraghi/e!”
«L’umanità si è divisa in tre classi sociali: i pensanti che potevano lavorare da casa; i fabbricatori, i curatori e i consegnatori che dovevano usare il corpo; e gli inutili, che non lavoravano affatto e non avevano nome, ma erano suddivisi tra chi non aveva una casa e chi di case ne possedeva almeno due.»
In una classe politica di burattini e maschere c’è il Previdente del Consiglio che viene interpretato da un Fabrizio Bentivoglio nella mia trasposizione cinematografica mentale. Avrà modo di incontrarsi con la figura più bella di questa lettura, ovvero il fondatore di Happydemia: Pitamiz.
Da perfetto uomo d’affari visionario riesce a prevedere un bisogno prima che esso possa diventare una necessità globale.
Pitamiz sottolinea l’assurdità del tappo di gente in otto ore diurne che lasciano sedici ore “vuote”; proporrà validi stratagemmi per risollevare l’economia e il mercato azionario perlustrando le fasi Rem del popolo italiano. In che modo? Leggete Happydemia di Giacomo Papi.
L’autore dimostra di essere, oltre che un bravo scrittore, anche un ottimo personaggio all’interno della trama. Avrà modo di intervistare Pitamiz e già questo vale il prezzo della copertina! Questo uomo d’affari riesce a conversare toccando temi che vanno dalle teorie dei massimi sistemi fino alla visione ottica del calabrone. Ma anche Pitamiz non scherza.
Nonostante la mia ultima (pessima) battuta, potete fidarvi di me: Happydemia di Giacomo Papi potrebbe essere un antidoto a questo triste mondo malato.
Divertente lettura, me lo presti?