Era meglio il libro – Valerio Lundini : recensione

Valerio Lundini ha scardinato svariate regole dello spettacolo per poi approdare in libreria, ma Era meglio il libro non è il classico libroide del personaggio che vuole aggiornare la bio inserendo la dicitura “scrittore”. O meglio, non è assolutamente un libroide, che Talia me ne scampi.

In realtà non avevo dubbi sulla questione, perché da quella strana notte di San Silvestro in cui ho visto Data Comedy Show ho provato a seguirlo il più possibile. Parlavo di Lundini con chiunque mi capitasse a tiro, mandavo su Instagram le sue storie in privato, insomma: tutto quello che si confà a uno stalker alle prime armi. Ed ho raggiunto anche un certo livello di soddisfazione, racchiuso nella prossima immagine.

Pezza Lundini - era meglio il libro

Valerio Lundini è un comico giovane, non appartiene alla generazione dei tormentoni, nonostante ci sia un gruppo facebook che cerca costantemente tra le puntate. Per fortuna, se un artista ha qualcosa da dire, lo sa fare anche senza inutili reiterazioni di forme. Eppure lui gioca proprio sulle espressioni idiomatiche, sulle frasi fatte, sui tic della lingua e della società.

Il libro si presenta subito con una parte metalibresca, ed è immediatamente riconoscibile la voce dell’autore; si legge con la mente che rielabora le parole nel suo registro vocale, e non è perché sono pazzo. Per approfondire la questione, Andrea Moro spiega bene questo fenomeno in I confini di Babele, ma ve ne parlerò a tempo debito. Ad ogni modo la prefazione chiosa con un “Siete stati gentil*” che è un mini capolavoro linguistico, a libro vero e proprio non ancora iniziato.

Nel leggere i racconti più narrativi di Era meglio il libro, si ha quasi l’impressione di essere personaggi di Valerio Lundini. In Dentro la televisione si incontrano diversi fantomatici capi della Rai, così come chi lavora ad esempio alle Poste incontrerà nel corso della carriera almeno una decina di dirigenti supremi o visti come tali. Per la cronaca, una notte ho sentito dire sottovoce a qualcuno: «Ora ti presento il capo di *cosa importante che non posso dire qui*», per poi vedermi palesare queste due persone. A volte basta essere l’unico in giacca e cravatta in una stanza.

Lo stile è molto vario e c’è un elemento da sottolineare che i testi sembrano ideati proprio per la pagina scritta e letta. Accade davvero raramente, per i volumi dei personaggi televisivi. Questa caratteristica trasforma l’elemento comico in grottesco, permettendo così al libro di mostrare il suo valore letterario con pienezza.

Prendiamo Perdonami, mi ripeti il nome?, dove gli U2 si trovano a Città del Messico per un concerto. Le modalità sono quelle delle serate nei locali, con situazioni vissute da ogni musicista nel corso dei soundcheck e i preserata. Volevo scrivere l’articolo senza citare la Pezza, ma mi sembra giusto rimandare i lettori al segmento della “serata” di Mozart.

La varietà di forme narrative e schemi parodistici restituisce la poliedricità di Valerio Lundini, ed Era meglio il libro racchiude in quasi duecento pagine valevoli esempi. Lettera aperta al dizionario cinematografico Maruzzelli contiene otto semi-parodie in una cornice di due email; sembra poco, eppure è il superamento delle recensioni umoristiche di Woody Allen. O di Umberto Eco, che, al contrario di quanto si possa pensare, era un simpaticone.

Il punto di forza di ogni testo del volume è nel finale, perché Lundini punta all’elemento spiazzante che può capovolgere la situazione o può immergerla in uno spettro più ampio o ristretto a seconda dell’effetto voluto. Non gioca, quindi, sulla mera e semplice battuta, ma lascia che sia il contorno a far scattare la molla dello stravolgimento. Come il finale di Sexting, ma lascerò scoprire il tutto ai lettori quando avranno il libro tra le mani. Siamo quindi, probabilmente, di fronte a un possibile futuro Achille Campanile ma più visuale e moderno, e non ci resta che aspettare le prossime pubblicazioni.

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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