Quando siamo bambini, abbiamo quasi tutti la paura del buio. I genitori ci spaventano con le filastrocche per farci andare a dormire presto o per quando facciamo i capricci. Ci dicono che, se non facciamo i bravi, arriva l’uomo nero che viene a prenderci, e che si nasconde dentro l’armadio di notte.
Nella maggior parte delle persone, la paura del buio viene superata dopo una certa età e rimane solo un vago ricordo. Un modo per combattere i mostri della nostra infanzia sono le fiabe o le filastrocche; su questo argomento, Bruno Bettelheim scrive:
«Una particolare storia può rendere ansiosi certi bambini, ma una volta che essi hanno ottenuto una maggiore dimestichezza con le fiabe gli aspetti paurosi sembrano scomparire, mentre gli elementi rassicuranti diventano ancora più dominanti. Lo sconcerto originario dell’ansia si trasforma allora nel grande piacere dell’ansia affrontata e dominata con successo.».
L’immagine dell’essere che vive al buio e che spaventa i bambini ha portato alla caratterizzazione di tre figure molto note: Il Babau di Dino Buzzati, l’uomo nero e la cosa nell’armadio.
Dylan Dog non ha superato la paura del buio ma affronta lo stesso con grande coraggio lo spaventoso Mana Cerace nell’episodio Il buio di Chiaverotti (numero 34, luglio 1989).
Mana Cerace o Philip Crane è una fusione di tre figure immaginarie: del Babau prende la carica malinconica, da Freddy Kruger prende in parte l’aspetto e dalla “cosa dell’armadio” prende la carica di terrore che genera nei più piccoli.
Per dare l’idea che sia una figura spaventosa per i bambini nell’età dell’infanzia, Sclavi scrive anche una filastrocca in suo onore.
«Se nel buio tutto tace
Sentirai Mana Cerace
Arrivar senza rumore
Con il passo del terrore!
Sguardo cieco e riso torvo,
l’han sepolto e non è morto!
Uno due, tre e quattro, ha gli artigli come un gatto!
Tre e quattro e cinque e sei, fossi in te io scapperei!
Sei e sette e otto e nove,
vorrei tanto essere altrove!
Ma se il buio ancora dura, possiam solo aver paura,
che soltanto può la luce, ammazzar Mana Cerace!»
La piccola Kelly evoca questa figura spettrale che, quasi come un angelo custode, veglia su di lei eliminando ogni possibile minaccia.

Ci sono due possibili interpretazioni a riguardo:
1. Mana Cerace la guarda con un’espressione da killer spietato assatanato;
2. È dispiaciuto di averla spaventata, perché la ama già, come dirà anche nelle successive tavole. Ho una visione un po’ più romantica perché siamo tutti un po’ mostri incompresi, come dice spesso Tiziano Sclavi nelle sue interviste.
«… Ricordati che io ti amo… anche se l’amore, a volte, si confonde con l’odio.»
Quando Dylan si ritrova a scontrarsi con questa figura spettrale, nel ricordarsi la filastrocca che gli risuona in testa, capisce in che modo è possibile sconfiggere il mostro e salvarsi. Nelle filastrocche, come nelle fiabe, è possibile trovare la soluzione alle sfide da affrontare; lo strumento ci viene dato: a volte esplicitato e altre volte facilmente deducibile.
Qui preferisco fermarvi in modo da evitare un fulmineo spoiler di 98 pagine.
SPOILER ALERT:
Philip Crane è solo uno dei tanti nomi del male che si annida nel buio ed è per questo che non è visibile alla luce. Tutti hanno una parte più oscura, ed è la chiave dell’immortalità del personaggio (proprio questo mese è uscito un nuovo seguito, sempre di Chiaverotti, sulla serie regolare di Dylan Dog – 409, Ritorno al buio). Nascondiamo una parte negativa, ma è pur sempre parte di noi. Pur essendo un antagonista soprannaturale, rimane il più umano tra i mostri dylaniati.
Vi auguro un’ottima lettura, con la speranza di aver risvegliato i vostri mostri nell’armadio o sotto il materasso. Io sicuramente traumatizzerò il mio ipotetico figlio, semmai ne avrò uno, insegnandogli l’antica arte della pipì a letto.