Ed eccoci al pezzo grosso, la Divina Commedia, il masterpiece di Dante, che ho conosciuto dalla versione di Marcello quando ancora non mi cresceva la barba.
Da piccolo, il mercoledì significava Topolino e giovedì stava per Il Giornalino. Non ho saltato alcuna settimana, una collezione invidiabile, eppure due traslochi in tre anni hanno decimato quel capitale fumettistico. Qualche anno più tardi ho scoperto il mondo delle fumetterie, e la prima scelta mi è sembrata obbligata: gli spillati di Marcello, Iliade e Odissea. Poi ho compreso la difficoltà nel reperire certe cose; i recuperi incompleti sono per me una costante, come testimonia Fables nella mia libreria.
Ed è qui che sento l’importanza della fumetteria, dove i lettori sono davvero coccolati. Un giorno mi arriva un messaggio dal mio fumettiere di fiducia, Lorenzo di Acme, Pescara. Non trascrivo perché tra le argomentazioni si parla di masturbazione, ma annunciava una ristampa Shockdom che avrei preso sicuramente.
Dante. La divina commedia a fumetti di Marcello, finalmente completa.
Il formato usato per passeggiare nel testo dantesco è la striscia umoristica, una scelta davvero vincente. Del resto abbiamo scherzato tutti, tra i banchi, durante le polverose spiegazioni delle cantiche; e qual è il modo che funziona maggiormente? La battuta fulminante, il breve scambio di frasi, il gioco di parole, o il tormentone. Questa parola subisce uno stigma per colpa dello Zelig in prima serata, la versione del tendone circense, che del tormentone abusò lungamente.
Soffermiamoci un attimo però su questa caratteristica: ripetendo tante volte un elemento, si memorizza con facilità. Pensiamo a “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare”. In classe, alle superiori, ero l’unico a conoscere questa formula, compresa qualche implicazione non scontata. Marcello Toninelli la sfrutta per gli effetti comici di incomprensione, ma Dante stesso la usa più volte. E l’intento è a sua volta parte del gioco sarcastico del colto Virgilio che agisce per volontà dei Cieli, e può così “blastare” – dalla Treccani: “attaccare e zittire l’interlocutore dall’alto di una presunta superiorità intellettuale e morale” – gli avventori infernali.
La Divina Commedia di Marcello nasce nel 1969, ai suoi diciannove anni, fresco di studi. Nel corso della lettura sembra di tornare in aula, col compagno di banco che sghignazza e trascina mezza classe nel vortice delle risate.
La comicità di Toninelli è trascinante, perché alterna battute facili (come il sordo Sordello) a situazioni colte, passando in rassegna tutto il poema, canto dopo canto. Laddove è complicato trasporre fedelmente i passi, riesce a reinventare le situazioni rispettando comunque i contenuti, e appare evidente nel Paradiso. Si aggiunge una buona dose di citazionismo pop, che non fa mai male.
Purtroppo c’è il rischio di trovare anche parti meno comprensibili proprio per questo motivo: già nella prima pagina c’è una citazione a Jena Plissken, che ho colto immediatamente. 1997: fuga da New York, però, è nella mia top ten personale dei film preferiti, quindi per me era facile. Sfortunatamente John Carpenter passa poco in tv, per cui non so quanti lettori possano comprendere la battuta sull’immediato. Ciò riconferma però che Toninelli sarebbe stato il mio compagno di banco ideale.
In parte, a sua insaputa, lo è stato. Ho studiato con lui anche l’Iliade e l’Odissea, anche loro riunite finalmente in volume; e qualche tempo fa ho recuperato persino i suoi Promessi sposi, che hanno fatto ciò che nessun professore è riuscito a fare in quindici anni: riaccendere la voglia di rivalutare l’opera manzoniana dopo i disastrosi trascorsi scolastici. E poi ci sono ancora insegnanti che lottano contro i fumetti…
L’ultima parte del volume Shockdom ospita la vita di Dante, anch’essa esilarante, forse ancor di più, ma credo dipenda dal fatto che molte delle gag della Commedia di Marcello le ricordavo a memoria. Le battute sui guelfi bianchi e neri sono esplosive, di quelle che obbligano alla pausa nel corso della lettura, perché non si smette di ridere.
Sono citate tutte le opere, dal De vulgari eloquentia al Monarchia, fino addirittura alla Questio de situ et forma aque et terre. Ovviamente la Vita nova occupa una porzione importante del testo, vista la natura estremamente biografica. Indirettamente (Toninelli inserisce anche le sue fonti) c’è la rappresentazione grafica di una parte del Trattatello di Boccaccio, preso però dal Petrocchi e dai commenti di Dossena.
A breve uscirà una riedizione del fumetto in formato cartonato di pregio, ma soprattutto siamo incuriositi dal Dante 2.0 – Ritorno all’inferno. Visti i lavori precedenti, questo potrebbe essere il miglior omaggio dantesco del settecentesimo anniversario.