Cronache di un venditore di sangue – Yu Hua : recensione

Non avrei mai letto un libro di un autore asiatico se non fosse stato per la simpaticissima volontaria del Fla che me lo ha consigliato: Lorenza. Mi ha detto che Yu Hua è “grandissimo scrittore cinese” e, quando ho trovato Cronache di un venditore di sangue in libreria, non me lo sono fatta scappare.

Ho la strana idea che la letteratura orientale sia molto malinconica. Ad esempio con Murakami non riesco ad andare oltre la sinossi senza provare il magone. Cronache di un venditore di sangue invece mi ha subito affascinata.

Xu Sanguan è il protagonista di questo romanzo, per alcuni versi biografico, ambientato in Cina a cavallo della rivoluzione culturale di Mao.

Lui è un giovane operaio nella fabbrica di seta, trasporta i bachi su e giù per farli lavorare quando un giorno vede la donna della sua vita: Xu Yulan. Deve sposarla, costi quel che costi, perfino il sangue.

La vendita del sangue è una pratica tuttora esistente in Cina: le regole sanitarie, almeno sulla carta, sono le stesse che valgono per i donatori, solo che si viene pagati profumatamente.

Xu Sanguan decide di vendere il proprio sangue per poter sposare Xu Yulan e mettere su famiglia; vi farà ricorso ogni volta che si troverà in condizioni di estremo bisogno.

Dall’unione verranno fuori tre figli: Felice Uno, Felice Due e Felice Tre (il confine tra nome di buon auspicio e la barzelletta è labile).

Cronache di un venditore di sangue riporta uno spaccato della società cinese prima e dopo l’avvento della rivoluzione culturale di cui sappiamo non molto. Gran parte del romanzo fa infatti trasparire come la via asiatica al comunismo non fosse esattamente favorevole per la popolazione. Yu Hua non nasconde al lettore la fame e la disperazione della famiglia del protagonista. Uno degli episodi più struggenti e quello in cui, per ordine del governo, il primogenito Felice Uno viene mandato via dalla sua città per lavorare nei campi.

All’inizio della recensione ho parlato dell’immenso magone che mi sale quando approccio un qualsiasi libro di un autore dell’estremo oriente, cosa che non è successa con Cronache di un venditore di sangue; eppure ho appena parlato di miseria, fame e episodi struggenti.

Il pregio di Yu Hua sta nel non cadere nei toni più patetici del tragico, anzi! La narrazione ha slanci comici che bilanciano i momenti drammatici. Ad esempio negli scambi di battute tra marito e moglie:

Xu Sanguan era steso sulla sdraio di vimini con i piedi appoggiati su uno sgabello. Sopraggiunse Xu Yulan e gli disse:

“Xu Sanguan, il riso è finito, ce n’è ancora per stasera e poi basta. Ecco i buoni per i cereali, i soldi, la sacca. Vallo a comprare”.

“Non vado a comprare il riso, d’ora in avanti non farò più nulla, voglio tornare a casa e godermela. Sai cosa vuol dire godersela? Questo, star steso sulla sdraio di vimini con i piedi poggiati sopra uno sgabello. Sai perché voglio godermela? Per punirti.

Lo stile di scrittura è stringato ed  essenziale, probabilmente perché legato alla concettualità degli ideogrammi cinesi. Troviamo descrizioni precise e senza giri di parole, rendendo il libro molto scorrevole per quanto la trama sia complessa e copra un tempo molto lungo.

Cronache di un venditore di sangue di Yu Hua è il libro ideale per chi vuole approcciarsi alla letteratura dell’estremo oriente ma non ama i libri malinconici.

Laura Perrotti

Nata quasi trent’anni fa, non ricordo un momento della mia vita in cui non ho avuto un libro sul comodino. Amo tutti quei romanzi che riescono a farmi andare lontano (ma non troppo) con la fantasia… sarà per questo che sono finita a voler occuparmi di cinema? Ho uno strano debole per i classici dell’Ottocento francese e del Novecento italiano ma non sono la tipica snob che tira dritto davanti alle nuove uscite.

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