Correre davanti alla bellezza – Luigi Spagnol

Anche il lettore più distratto avrà in giro per casa almeno una pubblicazione voluta da Luigi Spagnol. Non mi riferisco per forza a Harry Potter, ma è un ottimo esempio. Per non parlare di Giobbe Covatta, Sepulveda, Arthur Bloch e tanti altri. Insomma, in una classifica sulle personalità del mondo letterario, Spagnol finirebbe di certo sul podio.

Correre davanti alla bellezza è una raccolta di articoli e discorsi del noto editore, e leggere le sue parole è forse il miglior omaggio a un uomo di tale livello culturale. Il volume esce a un anno dalla scomparsa, e nella prefazione del sodale Stefano Mauri leggiamo anche l’ultimo messaggio: «Io, senza ragione, sono molto ottimista». Degno del miglior Silente.

Con questo libro conosciamo un uomo innamorato del proprio lavoro, e l’amore è palpabile in ogni riga, ma soprattutto l’agile tomo mostra una persona a trecentosessanta gradi, tra le preoccupazioni e le gioie, con un umorismo particolare e spesso presente. In più non conoscevo la sua passione per la musica e la carriera parallela di pittore (sua è, ad esempio, la copertina del volume).

Uno dei consigli di Luigi Spagnol è tra i più sacri, da rispettare come le norme più comuni delle società civili: i bambini devono scegliere i libri che vogliono. I libri imposti sono sempre un boomerang. È possibile trovare un libro che può piacere a venticinque (nella migliore delle ipotesi) bambini? No, fidatevi. Per cinque ragazzini che leggeranno con piacere, altri venti finiranno per vedere la lettura come un hobby noioso.

Ricordo ancora l’emozione quando i miei genitori mi hanno portato in libreria e mi hanno fatto scegliere due libri (“perché metti che uno poi non ti piace?”). Cicciabomba e gambasecca di Maurois e Il segreto del Bosco Vecchio di Buzzati. Mi sono piaciuti entrambi. Alle elementari c’era la biblioteca di classe, e nessuno li ha mai presi in prestito. La maestra ci ha tenuto a dire che uno era offensivo e l’altro era per “quelli un po’più grandi”. Spingeva molto, invece, i libri di un autore per bambini molto noto, non farò il nome, ma nel giro di due anni i volumetti della nostra biblioteca sono diventati sempre più simili.

Ora sono grande e so per certo che la maestra aveva un accordo con l’editore, perché poi son venuti diversi autori e ho controllato prima di scrivere l’articolo: tutti della stessa casata. Vatti a fidare. Aggiungo che quello scrittore per l’infanzia l’ho riletto durante il lockdown, e capisco perché tra i miei compagnetti, oggi, non ci sono lettori forti. Vatti a fidare. Ops, divago.

Un altro spunto interessante viene da Maschilismo e letteratura, cosa ci perdiamo noi uomini?, del 2016. Il testo parte con una riflessione su Clara Wieck Schumann, moglie e musa di Robert Schumann, anche lei compositrice. All’epoca celebravano autori come Ignaz Moscheles o Niels Gade, eppure è evidente lo scarto di bravura.

Eppure la stessa Schumann, dopo aver scritto nel suo diario: «Non c’è piacere più grande che aver composto qualcosa e poi ascoltarla», aggiunge: «Naturalmente rimane sempre un’opera scritta da una donna, e perciò manca sempre di forza e qui e là di idee». Con questa sfiducia, con questa inibizione, con questa autoflagellazione, inculcate da secoli di storia, doveva combattere Clara Schumann per scrivere i piccoli capolavori che ha composto. Una lotta troppo dura per consentirle di ambire a traguardi più importanti, a comporre sinfonie, opere, concerti.

I ragionamenti proseguono sulle sproporzioni riguardo la considerazione che si dà ai libri di uomini e quelli di donne, arrivando al dato matematico tra i premi. Il rapporto è circa di 1 a 5. Le classifiche di vendita dicono però il contrario: il 65-70% della lista è di autrici. Tanto più si va avanti con la lettura, tanti più “perché?” si affastellano nella mente.

Per colpa di un potere frutto di negazioni autoritarie ˗ maschie ˗ perdiamo tantissime opere non scritte, solo perché alla fin fine sembra quasi che la scrittura sia una prerogativa maschile. Per capirci, Marguerite Yourcenar non è tra i Nobel, mentre ci sono sicuramente personaggi che avevano meno capacità. Chi sono io per dirlo? Nessuno, ed è per questo che non farò nomi. Mica per paura di denunce, pfui!

Ma continuo a divagare è più forte di me. Però non è solo colpa mia. Uno dei meriti maggiori dei grandi è che seminano una quantità spropositata di spunti; per ogni pagina di Correre davanti alla bellezza vengono in mente decine di parentesi da risolvere.

Dai motivi per cui si scrive a quelli per cui si pubblica, dalle dinamiche della Fiera del libro di Francoforte (e le aste per i diritti internazionali di traduzione) fino alla nuova versione di Winnie Puh, Luigi Spagnol illustra le sue idee e diventano subito auree. Limpidezza e solidità dei ragionamenti sono le caratteristiche più riconoscibili, ed è proprio ciò che più ci manca.

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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