Comandante – Veronesi e De Angelis : recensione

Comandante è un bellissimo viaggio in una delle pieghe poco conosciute della Seconda Guerra Mondiale. Nella notte tra il 15 e il 16 ottobre il sommergibile Cappellini affonda un battello belga, e nei conflitti è normale, perché in guerra non si guarda in faccia a nessuno. Il Comandante Salvatore Todaro, però, fa qualcosa di inaspettato: salva l’equipaggio della nave, anche a costo della propria salvezza. Onore e rispetto sono tra le caratteristiche più evidenti nella Regia Marina, oggi Marina Militare. I protetti di santa Barbara, all’inizio della guerra, erano numericamente la quinta marina del mondo. Contando in percentuali, quindi, erano di gran lunga i militari preminenti. Ciononostante, come leggiamo nell’epilogo, “Dei centoquarantacinque sommergibili impiegati durante la Seconda guerra mondiale dalla Regia Marina Militare, ne sopravviveranno soltanto trentasei”.

Nell’introduzione, Sandro Veronesi esplicita da subito il motivo per cui ha deciso di raccontare questa storia: la grandezza di Todaro, purtroppo, s’è persa dal DNA degli italiani. Oggi c’è chi invoca addirittura all’affondamento dei barconi. Checché ne dicano certuni, “per mare non ci stanno taverne”. È questo uno dei motivi per cui salvare le vite in mare è un obbligo di legge e morale.

Sempre nelle prime pagine leggiamo della magia che ha circondato la nascita di questo volume, dalla comunità di intenti con Edoardo De Angelis fino alla scoperta di una conoscenza con una discendente di Todaro.

In Comandante sono fondamentali gli incontri di voci. È un libro corale, dove c’è sempre spazio per tutti. Leggiamo i protagonisti ma anche i caratteri e le comparse, perché storie così importanti hanno bisogno di più testimoni a narrarle. Il cuoco di bordo, il marconista, il Capitano, ognuno diventa un tassello fondamentale e mostra l’importanza della pluralità: il primo capitolo, ad esempio, è narrato in prima persona dalla moglie di Salvatore Todaro, ed è toccando con mano la dimensione personale che possiamo comprendere al meglio il mondo interiore dell’uomo.

Ognuno ha la propria indole, e c’è chi sembra nato per vite pericolose, al limite, dove le decisioni possono prendere un’importanza notevole. I sacrifici non sono così duri se fatti in nome di un ideale. Il protagonista, pur di partire in guerra, sopporta un busto metallico che appare miracoloso, per chi ha subìto un incidente di una certa portata, ma comunque reca impedimenti. La moglie di Todaro pensava di aver finalmente trovato un equilibrio nella coppia, eppure la voglia di combattere è così forte da far sopportare le piaghe del busto, il dolore costante e tutto il resto.

La forma del romanzo, capitoli brevi dedicati a singole persone che esprimono il proprio personale punto di vista, non solo rende molto interessante questo episodio della guerra mondiale (soprattutto quando i fili si intrecciano con le anime salvate e che non avrebbero fatto lo stesso a parti invertite), ma incuriosisce ancor di più per il film che ne è stato tratto, ora in postproduzione. Già immagino Pierfrancesco Favino sullo schermo, grazie alla capacità evocativa delle parole di Sandro Veronesi e Edoardo De Angelis.

Leggendo Comandante m’è venuta voglia di saperne di più sulla Marina Italiana, un corpo che qui dimostra gran cuore; il rispetto, poi, è chiave e valore di un romanzo che lotta contro xenofobie e cattiverie gratuite, verbali e non, che si abbattono soprattutto su chi non può difendersi.

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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